
- Data inizio
- Durata
- Formato
- Language
- 11 giu 2025
- 9 giorni
- Class
- Italiano
Il Decreto Ministeriale 77/2022 e il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) hanno posto le Centrali Operative Territoriali (COT) al centro del processo di trasformazione della sanità territoriale italiana, stanziando €278mln per realizzarne 480. Si tratta di servizi di backoffice previsti a livello distrettuale (1 ogni 100.000 abitanti) attivabili non dai pazienti, ma dai professionisti e dai servizi che se ne prendono cura, che puntano a migliorare le cure di transizione, garantendo continuità assistenziale tra ospedali e territorio. Le COT intervengono per supportare la transizione dei pazienti da un setting di cura a un altro (dall’ospedale per acuti all’ospedale di comunità, per esempio), per quei pazienti più complessi da gestire che, oltre ai bisogni di salute, manifestano forti bisogni sociali o socio-sanitari o presentano complessità gestionali (per esempio, non hanno un’abitazione attrezzata alle cure di cui necessitano o hanno bisogno di un posto letto in una struttura intermedia).
In ambito ospedaliero costituiscono la gran parte dei bed blocker, cioè quei pazienti che non liberano i letti pur non avendo più necessità del ricovero. Per giunta, corrono inutili rischi legati all’ospedalizzazione.
Il DM 77 definisce che le COT sono composte da
Un capitolo del Rapporto OASI del CERGAS SDA Bocconi analizza lo stato di attuazione delle COT, mettendo in luce le principali barriere organizzative e le strategie adottate per superarle.
La ricerca si concentra su due aspetti chiave: quali esperienze di COT stanno emergendo nelle diverse aziende sanitarie italiane e quali sono le difficoltà e le soluzioni o tattiche per la loro implementazione.
Le domande principali alle quali la ricerca ha cercato di rispondere sono:
L’introduzione delle COT è un paradigmatico processo di cambiamento, che può essere rallentato da resistenze e inerzie organizzative.
Il team di ricerca ha utilizzato un approccio misto combinando survey e focus group con professionisti sanitari (infermieri, medici, amministratori) coinvolti nell’implementazione delle COT a livello aziendale. Il campione ha coinvolto 24 aziende sanitarie di 12 regioni italiane, raccogliendo dati su modelli organizzativi, funzioni e ostacoli incontrati.
Il rapporto OASI osserva che l’implementazione delle COT sta seguendo modelli eterogenei. Il 67% delle aziende ha optato per un modello a doppio livello (distrettuale e aziendale), mentre il 33% ha scelto un modello unico (distrettuale). La scelta spesso dipende dall’esperienza pregressa dell’azienda: il 63% delle COT che hanno definito un doppio livello sono quelle più mature che avevano già una esperienza pregressa di COT. Inoltre, nel 71% dei casi analizzati, comprendono anche altre figure, come assistenti sociali, medici e fisioterapisti soprattutto laddove esistono esperienze pregresse.
Le barriere all’introduzione più evidenziate includono processi aziendali poco chiari, resistenze al cambiamento e mancanza di risorse (soprattutto infermieri e personale di supporto). Inoltre, si riscontrano problemi di incompatibilità tra nuovi modelli e pratiche esistenti, oltre a difficoltà di interoperabilità tra i diversi sistemi informativi sanitari. Alcuni territori hanno già sperimentato modelli simili, facilitando l’adozione delle COT, mentre altri partono da un contesto meno strutturato.
In quanto alle strategie di superamento, le aziende sanitarie stanno adottando due principali approcci:
Si sta quindi lavorando a rileggere le COT per adattarle al proprio contesto o per esplicitare il loro ruolo e contributo nel sistema.
Le COT non sono una novità assoluta: alcune Regioni, tra le quali spiccano Veneto e Toscana, le stavano già sperimentando, anche se con etichette e assetti organizzativi diversi. Grazie alle indicazioni del DM 77 e ai finanziamenti del PNRR, stiamo assistendo a una convergenza evolutiva delle COT, per cui le configurazioni sono molto più simili che in passato. I nostri risultati chiariscono, però, che non esiste una soluzione unica. È fondamentale adottare strategie personalizzate in base al contesto specifico di ciascuna realtà sanitaria, tenendo conto degli specifici bisogni di integrazione a cui la COT intende rispondere, della cultura aziendale e delle risorse disponibili.
Il PNRR sta finanziando l’infrastruttura necessaria per renderle. Resta, però, aperto, il grande dilemma del perimetro di attività. Di fronte a una domanda complessa e in crescita, è probabile che si presenterà la necessità di circoscrivere il target, scegliendo i pazienti ai quali dedicare il servizio.
Infine, il sistema deve cominciare a ricomporre il lavoro che si sta compiendo a livello di singoli setting (dalle COT alle case di comunità, solo per fare due esempi) e stabilire quali risultati si propone di ottenere in termini di salute. Il sistema, insomma, deve cominciare a porsi domande più ampie, sui fini complessivi del ridisegno dei servizi a seguito del PNRR e DM77. E a darsi delle risposte.
Gianmario Cinelli, Federica Dalponte, Lucia Ferrara, Valeria Tozzi, Angelica Zazzera, “Gestire il cambiamento al tempo del PNRRe del DM77: il caso delle COT,” in Rapporto OASI 2024, pp. 421-446.
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