La terza è con Roberto Giarola, anche lui diplomato EMMAP, 4° edizione, Capo dell’Ufficio legislativo e contenzioso del Dipartimento della Protezione Civile, già protagonista di un post su temi affini di qualche settimana fa, di cui mi interessa il parere anche con riguardo alle vicende ischitane. Non c’è da stupirsi se – anche questa volta – la macchina della colpa si sia attivata senza perdere tempo. Eppure, dice Roberto, se vogliamo capire cosa è successo ad Ischia (e succede altrove), dobbiamo capire che si tratta di un fenomeno complesso che vede un sistema diffuso di responsabilità interdipendenti, che incrocia la pratica dei condoni, ma anche dei piani regolatori inadeguati, di una manutenzione del territorio insufficiente, insieme a quella di chi sfida la sorte scegliendo di abitare in luoghi noti per la loro esposizione al rischio. Servono norme più stringenti? – chiedo. Non bastano le norme per orientare i comportamenti e le pratiche, risponde. Al contrario, l’ipercinesi normativa ha fatto qualche disastro. Oltre a quella del dissesto idrogeologico, viviamo un’emergenza ordinamentale: norme primarie scritte come circolari che hanno perso la vocazione di stabilire principi generali e, allo stesso tempo, prive di quel pragmatismo di chi si prefigura chi e come quelle norme è chiamato ad applicarle. E invece il nostro ordinamento si basa solo su assoluti, che poi finiscono per scontrarsi tra loro (salute, ambiente, lavoro, privacy) e la ricomposizione sembra sempre che non possa che avvenire per opera della magistratura. Non è un caso che gli atti di applicazione delle norme siano scritti come se fossero già le linee difensive di un potenziale contenzioso. È per questo che sembra che non si possa fare niente senza poteri commissariali? – provo ancora. Sembra, perché poi anche laddove sono previste deroghe, si ha una grande paura a usare anche quelle. Inoltre, le ordinanze di protezione civile non possono (e non devono) bypassare le norme, ma al contrario devono assicurare le misure di semplificazione e speditezza che – per un tempo finito ed un ambito circoscritto – assicurano l’applicazione dei principi normativi anche laddove, per ragioni di esigenze di emergenza e urgenza, non si possono applicare gli iter standard. Per certi versi, basterebbe che quando si scrivono le norme generali si pensasse – come si fa quando si scrivono le ordinanze – che la fuori c’è una realtà in cui le norme si devono calare.