Teoria in pratica

Che cosa può motivare i medici ospedalieri nelle strutture periferiche

Il lavoro negli ospedali rurali e periferici è spesso considerato professionalmente poco desiderabile per i medici. Uno studio recente mostra invece che i fattori solitamente considerati svantaggi nei contesti periferici (come dover affrontare una gamma più ampia di casi invece di specializzarsi, o avere meno colleghi) possono in realtà generare vantaggi professionali e rafforzare la motivazione dei medici.

 

Ad esempio, qualche settimana fa un professionista dell’Appennino bolognese ha fatto notizia per il fatto di avere preferito un posto da medico di famiglia a Castiglione dei Pepoli (691 m, 5.471 abitanti) a un lavoro in Svizzera. In un’intervista al Corriere Bologna, motiva la sua scelta dicendo che “noi medici delle zone appenniniche abbiamo un ruolo sociale alla fine, siamo un punto di riferimento (…). Qui ci si conosce (…). Le persone mi invitano anche ai loro momenti importanti. Recentemente sono stato invitato al 60esimo anniversario di una coppia di miei pazienti.”

 

Logiche analoghe, secondo la ricerca, si possono applicare anche alle posizioni da medico ospedaliero. Fattori quali autonomia, competenza, purpose e visibilità possono sempre essere letti in modo ambivalente. A svantaggi evidenti, nelle sedi periferiche, corrispondono sempre vantaggi magari meno ovvii, ma sui quali è possibile fare leva per rendere questi ospedali più attrattivi.

 

Primari e manager non dovrebbero puntare solo su incentivi economici o supporti logistici. È invece fondamentale comprendere e valorizzare le esperienze professionali peculiari offerte da questi contesti, fornendo al contempo un adeguato supporto organizzativo.

Il contesto

La carenza di professionisti sanitari nelle aree rurali e scarsamente popolate è un problema di rilievo internazionale, che riguarda sia i Paesi in via di sviluppo sia quelli più avanzati. Per l’Italia, basta un motore di ricerca per individuare esempi di concorsi per medici ospedalieri andati deserti nelle zone rurali o isolate, ad esempio in Liguria, Molise, Piemonte, Veneto e Basilicata.

 

Di recente, la Regione Toscana ha cercato di reagire con bandi che prevedono “la classica assunzione a tempo indeterminato come dirigente medico ma con un addendum con clausole esclusive che si sommano alle condizioni contrattuali standard.”

 

La letteratura ha iniziato a esplorare i fattori che spingono i medici a lavorare in aree non metropolitane. Tuttavia, gran parte delle analisi si è concentrata su contesti rurali o remoti in territori molto vasti, come l’Australia o i Paesi nordici, trascurando gli ospedali periferici di Paesi sviluppati e densamente popolati.

 

Nello studio, le aree periferiche sono intese come zone con bassa accessibilità e densità abitativa inferiore rispetto ai centri urbani, e spesso considerate marginali anche sotto il profilo professionale, poiché l’assistenza di alta qualità tende a concentrarsi nei grandi hub. La ricerca si è focalizzata sui fattori professionali e organizzativi che modellano l’esperienza lavorativa dei medici in questi contesti. La domanda guida è: come vivono i medici il proprio lavoro nelle aree periferiche, e quali condizioni organizzative incidono sulla loro motivazione e sulla loro esperienza professionale?

La ricerca

Lo studio, sviluppato nell’ambito dell’Osservatorio OASI del CERGAS SDA Bocconi, fa riferimento alla letteratura sulla professionalità medica integrandola con i contributi della self-determination theory. I ricercatori, adottando un approccio qualitativo, nel 2023 hanno condotto 22 interviste semi-strutturate con un mix di professionisti e manager appartenenti a quattro Aziende Sanitarie Locali (ASL) italiane. Le ASL selezionate gestiscono ospedali di piccole e medie dimensioni, situati in aree periferiche o suburbane. Le due specialità scelte, Ortopedia e Cardiologia, sono largamente presenti anche negli ospedali periferici.

 

Le interviste hanno indagato gli elementi che motivano i professionisti nei contesti periferici e i fattori che influenzano la loro esperienza lavorativa. I ricercatori hanno individuato quattro fattori professionali principali che influenzano la percezione dei medici: autonomia, competenza, purpose e visibilità. Ognuno di questi fattori presenta sia aspetti positivi sia negativi, a seconda dell’esperienza.


Per esempio, lavorare in un ospedale più piccolo può far sentire isolati dal punto di vista professionale (per via della scarsità di colleghi con cui confrontarsi), ma allo stesso tempo consente maggiore autonomia decisionale e la possibilità di diventare rapidamente un punto di riferimento. Così come la minore complessità dei casi può limitare la specializzazione, ma la varietà degli interventi offre formazione sul campo e l’opportunità di sviluppare un profilo polivalente o una nicchia specifica. Parallelamente, sono emersi fattori organizzativi che possono rafforzare o indebolire queste esperienze professionali individuali.

Conclusioni e implicazioni

Se ben utilizzata da primari e manager delle aziende sanitarie, l’ambiguità professionale tipica dei contesti periferici può diventare una leva per costruire value proposition attrattive. È essenziale riconoscere che i medici sono motivati dall’applicazione, dallo sviluppo e dal riconoscimento delle proprie competenze. E offrire occasioni per sviluppare nicchie di specializzazione, crescita professionale e riconoscimento sociale è un investimento strategico.

 

Fondamentale, da questo punto di vista, è il ruolo del primario, che deve saper combinare competenze tecniche con visione e capacità formative e doti relazionali per costruire reti professionali e percorsi di sviluppo individuale personalizzati. Alcune delle azioni che possono contribuire a rendere una realtà periferica più attrattiva sono ad esempio: invitare specialisti da fuori per farli interagire con i medici del presidio periferico, inviare i professionisti in ospedali più grandi e centrali per acquisire tecniche e competenze nuove; promuovere le collaborazioni con altre strutture; avviare rapporti con le università per avere un buon afflusso di specializzandi da fidelizzare; dare spazio a visibilità ai medici concedendo possibilità di libera professione.

 

Marco Sartirana, Giorgio Giacomelli, Francesco Vidè, Claudio Buongiorno Sottoriva, “‘Mind the professional gap’: exploring how doctors experience working in peripheral areas.” BMC Health Services Research, (2025) 25:594. DOI: https://doi.org/10.1186/s12913-025-12672-2.

SHARE SU