A partire da queste premesse, la Società Italiana di Farmacia Ospedaliera e dei Servizi Farmaceutici delle Aziende Sanitarie (SIFO) e il CERGAS di SDA Bocconi School of Management hanno condotto il progetto di ricerca «FarmaPer» al fine di gettare le basi per la costruzione di un sistema di performance management per lo sviluppo della farmacia e del farmacista nelle aziende sanitarie nazionale.
Nello specifico, sono stati eleborati due questionari con l’intento di raccogliere, rispettivamente, il grado di coinvolgimento delle farmacie e dei professionisti e il valore prodotto all’interno del SSN. Alla survey hanno partecipato attivamente 70 aziende sanitarie distribuite in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale, con una copertura del 35 per cento delle aziende.
Analizzando i dati emerge come il ruolo del farmacista del SSN sia oggi molto presente in alcune tipologie di attività che non sempre corrispondono a quelle percepite ad alto valore aggiunto, ossia dove le competenze distintive del farmacista possono «fare la vera differenza». Allo stesso modo, vi sono alcune funzioni che occupano tempo e risorse del farmacista, nonostante potrebbero essere svolte da altro personale operante nel SSN.
Interrogarsi su come modificare questa geografia delle attività svolte dalle strutture di farmacia e dai professionisti che lavorano al loro interno significa impegnarsi per valorizzare al meglio le risorse delle aziende sanitarie, soprattutto in un momento di ridefinizione delle prospettive per il settore. Il ruolo del farmacista, in ambito ospedaliero e territoriale, risulta rilevante e coerente con le competenze rispetto alla partecipazione a commissioni su farmaci e dispositivi medici, con le attività di vigilanza e con attività di farmaco-vigilanza. Accanto a queste, vi sono poi altre funzioni ad alto valore aggiunto presenti in almeno l’85 per cento delle aziende sanitarie raggiunte dalla survey, come le attività di consulenza professionale legate a «quality & risk management» in cui il farmacista riconosce di aggiunge valore soprattutto nelle attività dirette al paziente e correlate all’appropriatezza d’uso sia dei farmaci sia dei dispositivi medici. Rilevante e coerente con le proprie competenze è anche la partecipazione ai processi di definizione dei budget e di programmazione degli obiettivi e dell’impiego delle risorse a livello aziendale.
Le rilevazioni hanno messo in evidenza anche alcune aree in cui il valore aggiunto è elevato ma per le quali le strutture di farmacia delle aziende sono poco coinvolte. Per esempio, sempre nell’ambito del «quality & risk management», la formazione sui temi della qualità e della sicurezza nei processi interni della farmacia è presente solo nel 65 per cento delle ASL del campione. Le aree dove invece si riscontra una maggiore distanza tra valore aggiunto generato ed effettivo coinvolgimento della figura professionale del farmacista sono quelle di ricognizione farmacologica ai fini della riconciliazione terapeutica (sia nelle ASL sia nelle aziende ospedaliere). Lo stesso si registra per l’attività di dispositivo vigilanza secondo la normativa vigente che, nonostante l’alto valore attribuito dai professionisti stessi, viene svolta in un numero molto limitato di aziende (solo un terzo delle ASL).
Tra le aziende ospedaliere universitarie e gli IRCCS si segnalano spazi di miglioramento nell’implementazione della funzione di stewardship antimicrobica: infatti, nonostante l’alto valore percepito, viene svolta oggi in una percentuale di aziende compresa tra il 65 e il 70 per cento.
Una considerazione a parte può essere fatta per la funzione logistica, all’interno della quale ci sono sia attività considerate molto professionalizzanti e a grande valore aggiunto (viene considerata insostituibile la presenza del farmacista nella gestione delle terapie per le malattie rare e farmaci carenti; coordinamento, supervisione e monitoraggio delle attività legate alla logistica; consulenza specialistica alla definizione dei capitolati di gara e nella loro valutazione), sia altre tipologie di attività (gestione delle proposte d’ordine, gestione degli ordini di farmaci e dispositivi medici e gestione del ciclo di magazzino) che vengono svolte dai farmacisti in almeno l’85 per cento delle aziende (sia di carattere territoriale, sia in ambito ospedaliero), nonostante si tratti di una funzione che potrebbe essere demandata ad altri professionisti.
Considerato il concomitante periodo di pandemia, non è potuto mancare un approfondimento specifico sul ruolo del farmacista durante la gestione dell’emergenza Covid-19. I rispondenti al questionario hanno evidenziato la capacità dei farmacisti nel produrre valore per quanto riguarda l’approvvigionamento e la distribuzione dei dispositivi di protezione individuale, nel fare rete tra professionisti, nel produrre preparazioni galeniche specifiche legate ai bisogni dei pazienti con Covid-19 e nel supporto ai clinici in generale. Parallelamente, ci sono state alcune aree considerate critiche: sono mancati strumenti e risorse per l’approvvigionamento di farmaci e dispositivi medici; sarebbe stato utile un maggior coordinamento e coinvolgimento dei farmacisti delle aziende sanitarie a livello di sistema, con indirizzi più chiari anche a livello aziendale e regionale e più coinvolgimento nei processi decisionali; il personale, in molti casi, non è risultato adeguato, in termini numerici, a gestire l’incremento della mole di lavoro; è mancata, inoltre, la possibilità di consolidare competenze su sicurezza e igiene, temi più che mai centrali negli ultimi mesi.
Figura 1 - I servizi di farmacia nelle ASL e nelle AO, AOU e IRCCS: una prospettiva evolutiva