Cantieri di ricerca

L’accesso ai servizi pubblici: l’anello dimenticato dell’equità

Le domande

Il recente dibattito accademico nell’ambito dei servizi pubblici ha approfondito i meccanismi di creazione di valore. In particolare, l’utente dei servizi (pubblici e non) interagisce con l’istituzione che eroga il servizio, ed è principalmente in questa dinamica interattiva che si genera valore. L’utente contribuisce con il proprio vissuto e le proprie competenze, e dunque l’erogazione dello stesso servizio non sarà mai identica per utenti diversi. La compresenza di numerose caratteristiche individuali, sociali, educative, lavorative e di contesto di vita sarà dunque alla base della capacità dell’utente di creare valore nell’interazione con il servizio pubblico. Se si considerano poi i servizi pubblici rivolti ai gruppi più vulnerabili, questi ultimi potrebbero trovarsi particolarmente in difficoltà, in quanto meno scolarizzati, con ridotti legami sociali, a maggiore rischio di emarginazione, e così via. Nei servizi pubblici sanitari e sociali, poi, occorre considerare la correlazione tra esiti di salute e caratteristiche socio-demografiche: le persone che vivono sole, al di fuori dei centri urbani e con bassi livelli di scolarizzazione sono in media socialmente più fragili e con condizioni di salute peggiori.

Il rischio, tuttavia, è che l’interazione tra servizio pubblico e utente si instauri in maniera errata fin dall’inizio o non si avvii affatto. Per questo, il momento dell’accesso ai servizi è la premessa necessaria della creazione di valore dei servizi pubblici, come primo momento di incontro tra domanda e offerta. Spesso nell’erogazione dei servizi pubblici si dà per scontato che chi ha bisogno del servizio arriverà allo sportello, oppure invierà una mail o farà una telefonata, o ancora visiterà un sito web dedicato. Si assume, insomma, che l’utente ad un certo punto entrerà in contatto con chi eroga il servizio e che da lì, a patto che siano presenti determinati criteri, possa utilizzare il servizio. Nella realtà dei fatti, invece, non è garantito che l’accesso a un servizio conduca ipso facto alla risoluzione del bisogno alla base dell’accesso.

Lavoro sul campo

Nell’ambito di una collaborazione con un grande Comune italiano e il suo settore del Welfare, un team di ricercatori ha approfondito i meccanismi d’accesso ai servizi sociali comunali. In particolare, il team ha adottato una metodologia mista, con cinque step successivi. Innanzitutto, l’analisi desk dei documenti comunali e del sito del comune ha permesso una prima mappatura dei servizi esistenti in seno al settore Welfare e dei canali di accesso disponibili. In secondo luogo il team ha condotto interviste semi-strutturate con coloro che operativamente sovrintendono l’accesso e l’erogazione dei servizi. In questo modo, il team ha potuto approfondire i meccanismi di accesso dal punto di vista dei provider dei servizi sociali.

Questa mappatura ha tracciato i canali di accesso disponibili per ogni servizio erogato all’interno del settore, ovvero il canale digitale, web e email, il canale telefonico, e il canale fisico. Il team ha poi proseguito la ricerca con la tecnica del mystery shopping. Si tratta di una metodologia ampiamente praticata nell’ambito del marketing, ma non particolarmente diffusa nell’ambito dei servizi pubblici. Nel concreto, i ricercatori hanno dapprima creato cinque profili tipo di utenti dei servizi sociali (personas) e si sono poi finti utenti in cerca di informazioni e orientamento rispetto all’offerta comunale di servizi sociali. In questo modo si è potuto approfondire l’esperienza dell’utente nell’accedere ai servizi, indagando anche le tempistiche e le tipologie di risposta. I risultati dell’analisi sono stati poi discussi in cinque focus group con i responsabili dei servizi sociali comunali, al fine di ri-progettare e ri-disegnare insieme a loro il nuovo modello di accesso ai servizi sociali del comune.

I risultati della ricerca hanno mostrato una grande frammentazione dei canali di accesso, con la conseguenza di mettere gli utenti di fronte a molteplici strade, senza una facile comprensione del percorso. Il tentativo comunale di raggruppare e semplificare i canali di accesso ha raggiunto risultati positivi ma parziali, lasciando i canali tradizionali e dedicati a singoli servizi vicino ai canali generalisti. Il comune aveva già iniziato a sviluppare un primo tentativo di creare un ufficio che raccogliesse le molteplici richieste giunte tramite i vari canali, per valutarle in maniera unitaria. L’assenza di chiarezza strategica nei canali, di un filtro unitario per una valutazione omogenea delle richieste, la mancata identificazione di gruppi omogenei di utenti target determinano un percorso di accesso poco chiaro. Una fase di accesso non gestita in maniera consapevole può dunque determinare una perdita di valore pubblico, perché gli utenti, in alcuni casi, non sono indirizzati al servizio adatto.

Guardando avanti

È importante che le istituzioni pubbliche si interroghino maggiormente sui meccanismi di accesso ai propri servizi e su come questi ultimi possano contribuire a garantire una maggiore equità. Meccanismi complicati e oscuri potrebbero infatti favorire il rischio di «auto-selezione» dell’utenza sbagliata, il cui bisogno dovrebbe trovare risposta altrove. Questo è ancora più evidente nel caso di utenti fragili, vulnerabili e con meno risorse. Il rischio è quello di peggiorare gli esiti dei servizi stessi, diminuendone efficacia, appropriatezza e aumentando le disuguaglianze di sistema. Per questo occorre implementare meccanismi quantitativi di monitoraggio dell’utenza che accede ai servizi tramite i diversi canali, delle difficoltà incontrate, delle tempistiche richieste per accedere, e così via. Inoltre, andrebbe monitorata l’adeguatezza dell’accesso ai servizi tramite mystery user analysis, in modo che i gestori dei servizi si confrontino con l’esperienza degli utenti reali e non solo con quella teorica e desiderata. 

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