Teoria in pratica

Non di soli risultati vive la performance pubblica

Di che cosa è fatta la performance dei servizi pubblici? Per rispondere in maniera convincente a questa domanda ci si dovrebbe domandare, anzitutto, quali siano i molti e differenziati bisogni che le amministrazioni sono chiamate a soddisfare. La performance dei servizi pubblici è complessa in ragione della natura stessa di tali servizi, immateriali e frutto dell’interazione tra amministrazioni e utenti.

 

Al bisogno di comprendere, misurare e gestire tale complessità, nel corso del tempo, sono state date risposte differenti: la conformità amministrativa (modello burocratico), l’efficienza e l’efficacia della gestione (new public management), gli impatti determinati dall’azione delle reti (public governance).

 

A lungo ci si è interrogati su quali fossero gli ingredienti più adatti ad assicurare la generazione di valore per la collettività. Ai cicli di riforma della pubblica amministrazione che si sono susseguiti nel tempo si è accompagnata la crescente consapevolezza che, per realizzare i cambiamenti attesi, fosse necessario mettere in relazione i comportamenti delle persone che lavorano nelle amministrazioni e i risultati degli enti. Per farlo, era quindi necessario ripensare il sistema di valori prevalente all’interno delle organizzazioni, introducendo modelli più coerenti con la direzione del cambiamento prospettato: dal primato delle regole, a quello dei risultati, alla complessità delle relazioni di co-creazione del valore.

Il contesto

Per alcuni decenni, nel contesto del nostro Paese, è prevalsa l’idea che per migliorare la capacità delle amministrazioni di offrire risposte soddisfacenti ai bisogni di cittadini e imprese fosse necessario introdurre meccanismi e strumenti di indirizzo dei comportamenti che - sintetizzando una complessità per la verità ben più ampia - potrebbero essere definiti di produzione di risultato (output). Tuttavia, l’applicazione di questo modello culturale ha evidenziato non poche criticità: l’enfasi su efficienza ed efficacia interna non sempre si è tradotta in una maggiore qualità effettiva dei servizi offerti all’utente.

 

È proprio alla luce di questi esiti incerti che occorre interrogarsi sul legame tra cultura organizzativa e valore pubblico generato. Inoltre, l’evidente complessità delle situazioni reali, che male si prestano ad essere ridotte a schemi interpretativi univoci, impone di considerare la natura articolata delle culture che permeano le organizzazioni pubbliche. Ne deriva un interrogativo di soluzione tutt’altro che semplice: quali sub-culture organizzative sono in grado di supportare, meglio di altre, il raggiungimento di livelli elevati di performance delle amministrazioni pubbliche?

La ricerca

Attraverso la somministrazione di questionario al personale di un Comune italiano di medie dimensioni si è inteso approfondire se e in che misura diverse sub-culture organizzative influiscano sulle percezioni che i dipendenti hanno della performance dell’area organizzativa in cui lavorano. L’analisi si è concentrata su quattro diversi modelli culturali prevalenti:

  • La cultura delle regole, focalizzata sul rispetto delle procedure e delle prassi codificate di lavoro.
  • La cultura dei risultati, incardinata su produttività e raggiungimento degli obiettivi.
  • La cultura dell’innovazione, orientata a sviluppo, innovazione e propensione al rischio.
  • La cultura delle relazioni, relativa alla costruzione di rapporti di fiducia all’interno dei gruppi di lavoro, improntati alla collaborazione e all’ascolto reciproco.

 

I risultati dell’analisi mostrano che, coerentemente con le attese, la cultura delle regole non produce effetti apprezzabili sulla performance percepita dal personale dell’Ente. Il modello burocratico tradizionale, focalizzato su procedure standardizzate e staticità delle condizioni di funzionamento, fatica infatti a rispondere ai continui cambiamenti che, al giorno d’oggi, caratterizzano i servizi pubblici (aspettative crescenti, shock esogeni, scenari imprevedibili). Similmente, nemmeno dove prevale una cultura dei risultati si osservano miglioramenti dei livelli di performance percepita: a ormai molti anni dall’introduzione del New Public Management nel nostro Paese, la sola enfasi sui risultati, focalizzata su un meccanismo di produzione di valore prevalentemente interno all’organizzazione, non sembra del tutto coerente con le esigenze di adattamento continuo alla dinamica di erogazione dei servizi pubblici che, oggi più che in passato, richiede apertura e capacità di ascolto delle istanze degli utenti esterni.

 

Sia la cultura dell’innovazione che quella delle relazioni, d’altra parte, si associano a livelli di performance percepita maggiori, attraverso il meccanismo di allineamento tra i valori di riferimento espressi dall’organizzazione e quelli dei dipendenti. Queste relazioni, infatti, sono - almeno in parte - spiegate dal senso di appartenenza dei singoli alla propria organizzazione (c.d. engagement). In altre parole, se si guarda alla capacità di determinare più elevati livelli di performance pubblica, la prevalenza di queste due dimensioni sulla cultura delle regole e su quella dei risultati sembra suggerire una connessione con l’efficace coinvolgimento del personale nella visione complessiva dell’Ente.

Conclusioni e implicazioni

I risultati della ricerca sembrano suggerire che la narrativa del “primato dei risultati” non sia in grado, da sola, di rendere conto appieno delle specificità della pubblica amministrazione, impegnata nel perseguire obiettivi talvolta contrastanti e nel confronto con target di utenza molto eterogenei: sotto queste condizioni di complessità, infatti, orientare i comportamenti attraverso il solo impiego di logiche di incentivazione tradizionali rischia di limitare il reale significato della performance in ambito pubblico, restringendone il focus.

 

Ciò non significa, ovviamente, sottovalutare l’esigenza di concentrarsi sui risultati e impegnarsi a quantificarli: al contrario, il tono provocatorio del titolo intende evidenziare l'urgenza non solo di consolidare le logiche di gestione basate sui risultati, ma di ampliarne l’orizzonte. Infatti, l’importanza della componente relazionale e dei meccanismi di condivisione degli obiettivi dell’organizzazione - specialmente in contesti in cui il principale fattore produttivo è quello umano - impone di ripensare gli assunti che hanno tradizionalmente accompagnato l’introduzione del performance management nei contesti pubblici. Questo significa interrogarsi continuamente sull’efficacia effettiva degli strumenti messi in campo rispetto ai fini a cui tali strumenti intendono rispondere: potremmo scoprire che la performance pubblica non vive di soli risultati o che, addirittura, culture differenti sono in grado di guidare le organizzazioni verso risultati migliori.

 

Giorgio Giacomelli, Marta Micacchi, Lorenza Micacchi, “Performance shall not live by results alone: organizational subcultures and perceived performance in public administration,” Public Money & Management44(6), 500–514. DOI: https://doi.org/10.1080/09540962.2023.2295366.

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