
- Data inizio
- Durata
- Formato
- Lingua
- 21 mag 2025
- 17 giorni
- Blended
- Italiano
Fornisce le conoscenze e gli strumenti fondamentali per un effettivo esercizio della funzione di direzione della PA.
Venerdì si è conclusa la seconda edizione del Corso di Perfezionamento in Management delle Aziende Casa, promosso insieme a Federcasa, l’Associazione delle Aziende gestrici dell’edilizia residenziale pubblica. Qualche riflessione sulle lezioni apprese.
Un tempo furono gli IACP - Istituti Autonomi Case Popolari, enti creati con una legge nel 1903 per dare risposta alle rapide trasformazioni economiche e sociali dei processi di industrializzazione e conseguente processo di spostamento di forza lavoro dalle campagne alle città. Gli IACP costruivano case. Anzi, interi quartieri. L’eredità di quella storia, una lunga storia passata dalla regionalizzazione delle politiche per la casa, l’aziendalizzazione degli IACP e la trasformazione in enti pubblici economici in larga parte del territorio nazionale, soprattutto centro-nord (denominate ATER, ACER o ALER), è questa: oltre 70 aziende gestiscono un patrimonio di più di 800.000 unità abitative, dove abitano oltre 2,2 milioni di persone. Tranne le più grandi (come ALER Milano o ATER Roma) la maggioranza di queste aziende è piuttosto piccola, opera su un’area provinciale (nonostante i processi di accorpamento in chiave sovra-provinciale, se non regionale), con una media di poco inferiore ai 100 dipendenti per circa 10.000 alloggi ciascuna. Ma ciò che rende queste aziende straordinariamente interessanti è come sono cambiate e come le competenze di public management possono aiutare a leggere e a rispondere alle sfide aperte.
In questi 120 anni quasi, il cambiamento più rilevante riguarda il profilo dell’utenza. Come abbiamo raccontato con Giovanni Fosti ed Eleonora Perobelli, il 43,8% è costituito da pensionati, di cui 38,3% over 65; una netta prevalenza di famiglie mono-componenti o duo-componenti, il 62,2% ha reddito superiore a 10k, a indicare il peso che hanno gli inquilini entrati alcuni decenni fa. I residuali nuovi assegnatari, invece, scalano le graduatorie in quanto ‘poli-fragili’, redditi bassi o assenti, forme di disagio sociale e sanitario. Quali sfide apre tale scenario per le aziende?
La prima riguarda il ‘modello di business’, a rischio di crisi. Il processo di aziendalizzazione e la trasformazione in enti pubblici economici si basava sull’assunto che i canoni di locazione potessero costituire un’entrata sufficiente per remunerare la manutenzione e la gestione del patrimonio. Oggi, questo è vero non solo laddove la gestione opera in maniera efficiente e programmata, ma anche dove l’utenza è sufficientemente differenziata in termini di profilo di reddito e la morosità è contenuta. Infatti, se guardiamo il trend di evoluzione del profilo degli inquilini, le nuove assegnazioni di case pubbliche – un tempo destinate alle famiglie operaie trasferite nelle zone urbane dalla campagna –riguardano sempre più profili di utenti portatori di diverse forme di fragilità. I canoni applicati a queste fasce sono al di sotto del costo medio di gestione di immobili vetusti. La quota più benestante dei vecchi inquilini – meno del 20% e soggetta a decrescere ulteriormente – assicura circa la metà delle entrate da canone, che diventano anno dopo anno sempre più inadeguate a coprire i costi di gestione, senza altre fonti di finanziamento pubblico.
La seconda sfida riguarda la strategia di gestione del patrimonio. In questo contesto, lo spazio per programmare ingenti interventi di espansione e/o riqualificazione del patrimonio è stato modesto, come per il resto delle infrastrutture pubbliche del Paese nell’ultimo decennio. Oggi il patrimonio ERP appare non insufficiente, vetusto, energeticamente inefficiente e costoso, sovente trasandato e in quartieri ad alto degrado, ma anche sempre più inadeguato a rispondere ai bisogni di un’utenza molto diversa da quella per cui le case furono progettate. I nuclei monocomponenti – anziani rimasti soli o nuovi assegnatari con problematiche sociali – tendono ad aumentare (in alcuni territori sono anche il 40%), ma la taglia media degli appartamenti resta tipicamente superiore ai 65 mq (di solito almeno 2 case su 3). Pertanto, non è insolito che il patrimonio sia sottoutilizzato e inappropriato per i suoi inquilini, anche sul piano dei costi di gestione.
La terza sfida posta dal cambiamento del profilo di utenza riguarda la natura stessa del servizio offerto, cui arriva la crescente domanda di mediazione sociale: i quartieri ERP sono aree dove i bisogni sociali incontrano quelli sanitari e le fragilità economiche si intersecano con le sfide aperte dalla multiculturalità. “Un tempo gli inquilini si lamentavano solo per le carenze manutentive. Oggi sono in aumento quelli che si lamentano per i problemi di convivenza e di conflitto nei condomini e nel quartiere” ci segnala un DG di una di queste aziende.
A giudicare dalla portata delle sfide, le soluzioni non sono facili, né tutte nelle disponibilità delle aziende, in quanto rilevano anche delle scelte dei policy-maker regionali e nazionali. Ciò detto, lo spazio per ripensare l’azione pubblica di queste aziende può essere esplorato ed espanso. Attorno a quali competenze chiave? La prima area di competenza è quella analitico-diagnostica: occorre imparare a raccogliere, analizzare ed interpretare i dati, a partire dal profilo dell’utenza da incrociare con quelli del bilancio e del controllo di gestione per pervenire a una lettura dello stato di salute dell’azienda che non guardi solo ai profili economico-finanziari. La seconda area di competenza riguarda la gestione strategica: aziende che hanno cambiato il profilo di utenza e il mix dei finanziamenti hanno bisogno di ripensare la propria strategia e, quindi, di adeguare a questa l’organizzazione. Uffici tecnici ipertrofici laddove le nuove costruzioni sono ormai una chimera, a fronte della scelta di esternalizzare la gestione sociale al terzo settore – laddove questa funzione sta diventato un elemento cruciale nella gestione del servizio abitativo – può essere controversa sul piano strategico. Collegato con questo punto, la terza area di competenza riguarda proprio la gestione del processo di ‘terziarizzazione’ di queste aziende e la riprogettazione dei servizi abitativi: gli inquilini, come tutti gli utenti dei servizi, entrano nei processi produttivi e ne costituiscono un fattore chiave. La qualità della partnership con gli abitanti ERP deve essere un obiettivo delle aziende. Infine, il bisogno di interventi sul patrimonio ERP richiede di sviluppare modelli di gestione innovativi e una sana collaborazione col mercato, dentro logiche di PPP, come anche l’utilizzo dell’eco-bonus al 110% sembra suggerire.
Questo l’oggetto del lavoro con i 35 manager di oltre 16 aziende e 10 regioni, che hanno seguito con profitto il programma, tra lezioni in presenza e online, sull’onda della curva epidemica. Se saremo riusciti o no con questa iniziativa a dare un impulso all’evoluzione del settore lo vedremo nel tempo. Intanto, riporto un feedback che con Eleonora Perobelli - con cui abbiamo diretto l’iniziativa – abbiamo ricevuto: “Vi ringrazio per aver rafforzato "la visione" nel coraggio di osare, nel progettare e proporre.”
Un enorme GRAZIE a tutti e 35 i nostri coraggiosi CasaManager II edizione che hanno seguito in tutti i formati possibili questo programma e in due sedi diverse. Grazie anche ai 53 CasaManager della Prima edizione, da cui abbiamo tanto imparato. Grazie a Federcasa, per la qualità della collaborazione e la spinta costante ad innovare. Grazie anche a tutti i docenti della faculty, che si sono appassionati al settore: Marta Barbieri, Niccolò Cusumano, Giovanni Fosti, Alessandro Furnari, Giorgio Giacomelli, Francesco Longo, Giacomo Morri, Renata Trinca Colonel, Veronica Vecchi e Giovanni Valotti.