Esplorando la Business Trasformation dei player dell'Asset/Wealth Management

Milano, 14 marzo 2019
La comunicazione è sempre di più un elemento centrale della strategia delle aziende di qualsiasi settore. Le aziende del settore dell’asset/ wealth management possono sfruttare le esperienze fatte dai player d altri settori per impostare un’operazione ampia di comunicazione a tutti gli stakeholder rilevanti.

 

In tale contesto si è svolto il terzo “Education Lab” dell’Allfunds Education Lab, parte integrante di Allfunds Academy, dedicato all’esplorazione della “business transformation” dei player che operano nella catena del valore dell’asset/ wealth management.“La comunicazione con tutti gli stakeholder è una parte essenziale dei modelli di business di qualsiasi azienda. E’ quindi di fondamentale importanza che gli asset manager e i wealth manager comunichino con l’esterno in maniera più continua e più globale rispetto al passato, anche sfruttando le occasioni offerte dalle nuove tecnologie” ha affermato Licia Megliani, Country Head di Allfunds Bank all’apertura dei lavori.

 

La giornata si è aperta con un’intervista a Luigi Lubelli, Chief Financial Officer di Allfunds Bank sul tema della comunicazione al mercato. “L’esperienza sviluppata come CFO di aziende quotate è stata preziosa per capire quanto sia cruciale comunicare, e per apprezzare l’importanza della corretta preparazione dei messaggi” ha affermato in apertura. Parlando della relazione tra frequenza della comunicazione finanziaria e orizzonte temporale degli investitori (un tema tornato sotto la luce dei riflettori in seguito all’intervento del 2018 da parte del Presidente Trump in merito alle comunicazioni trimestrali delle aziende americane) Lubelli ha affermato che le esigenze variano con la dimensione e soprattutto il settore dell’azienda, citando il caso di numerose compagnie assicurative europee che da tempo presentano soltanto bilanci semestrali senza aggiornamenti trimestrali.

 

In merito al tema della quotazione azionaria, sollevato nell’ambito del dibattito con i partecipanti del Lab, il CFO ha sostenuto che “la recente pigrizia da parte delle aziende americane a quotarsi, che ha dato origine ai cosiddetti unicorni, è anche legata all’ampia disponibilità di capitale da parte di fondi sovrani e di private equity”.Questa osservazione si ricollega ai dati presentati da Andrea Menè, Senior Sales Manager, Google Customer Solutions, che mostrano come “l’acquisto di €10.000 di titoli di Google nel 2004 implica un valore totale di €200.000 all’inizio del 2019”. Se Google quindici anni fa si fosse comportata come Airbnb oggi, vale a dire se avesse deciso di non quotarsi, gli investitori, sia istituzionali sia retail, avrebbero perso la possibilità di ottenere un rendimento straordinario e di partecipare ad una delle maggiori fonti di creazione di valore degli ultimi decenni. Andrea Beltratti, Direttore assieme ad Alessia Bezzecchi di Allfunds Academy, nota quindi come le recenti evoluzioni in materia di finanziamento aziendale stiano riducendo l’ampiezza del mercato, con un danno non solo per gli investitori, ma anche per gli asset manager e i wealth manager che traggono ragione di esistere proprio dall’esistenza di mercati finanziari efficienti e ben sviluppati.

 

“La tecnologia aiuta la comunicazione ed un ottimo esempio è il sistema di Intelligenza Aumentata di IBM, chiamato Watson, che assiste in maniera autonoma gli investitori che desiderano selezionare le migliori opportunità di investimento del loro patrimonio”, osserva Pietro Lanza, General Manager Intesa IBM, Blockchain Director IBM. Lanza nota anche che la sperimentazione del blockchain sta producendo risultati concreti in molti settori, tra cui l’asset e wealth management, e può consentire un forte aumento di efficienza dei processi produttivi di tutti i player di mercato.Ma ancora più della tecnologia, per l’azienda è importante la strategia di comunicazione, tesa nei migliori esempi alla creazione e alla diffusione del brand. Maria Carmela Ostillio, Marketing and Sales, SDA Bocconi School of Management, ripercorre l’evoluzione storica della stessa definizione di brand. La Professoressa Ostillio ha affermato che “creare un brand vuol dire motivare i consumatori a riconoscere il contatto con l’azienda o il prodotto che viene caratterizzata dal brand. Il brand non esiste senza i consumatori con le loro associazioni mentali” e che il concetto di brand si è ampliato sempre di più sia dal punto di vista della comunità di persone interessate allo stesso sia da quello delle aspettative poste in merito al brand.

 

Citando lo studioso Aaker, Ostillio ricorda che "molto più di un nome e di un logo, è la promessa di un'azienda ad un cliente 2 di fornire ciò che il brand rappresenta non solo in termini di benefici funzionali ma anche di benefici emotivi, auto-espressivi e sociali. Ma un brand è più che mantenere una promessa. È anche un viaggio, un rapporto in evoluzione basato sulle percezioni e sulle esperienze che un cliente ha ogni volta che si connette al brand".Quali sono le implicazioni di queste riflessioni per le aziende che operano nel settore dell’asset/ wealth management?

 

In Italia, storicamente l’appartenenza delle società di asset management a grandi banche ha posto in risalto soprattutto il brand bancario e sullo sfondo il brand dell’asset manager. In modo simile, l’attività di private banking viene ancora oggi svolta tramite Divisioni di grandi banche. L’affermazione del brand dell’asset/ wealth manager richiede quindi un lavoro lungo e graduale di costruzione del brand.

SDA Bocconi School of Management

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