#ValorePubblico

Tre carriere di alto profilo a servizio dell’interesse pubblico

Avviandoci alla fine del semestre, è ora di guardare a quali percorsi professionali conducono gli studi in pubblica amministrazione. Ce li siamo fatti descrivere da tre bocconiane di età diverse, che hanno scelto mestieri differenti, ma con una cosa in comune: un lavoro di alto profilo a servizio dell’interesse pubblico.

Traiettorie di carriera che si incrociano

A.R si è laureata in Bocconi nel 2004, in economia e management delle amministrazioni pubbliche ed istituzioni internazionali. Dopo un periodo di lavoro per Confindustria, dove impara a conoscere dal di dentro il profilo e gli interessi del sistema produttivo nazionale, nel 2007 passa il concorso diplomatico e da allora alterna periodi di assegnazione alla Farnesina, palazzo del Ministero degli Affari Esteri a Roma, alle sedi della rete diplomatica italiana nel mondo.

A.M. ha lanciato il suo tocco nel 2013 e la prima esperienza con una pubblica amministrazione è avvenuta con uno stage di sei mesi nello Stato di New York. Anche lei, prima di vincere il concorso in Commissione Europea e trasferirsi a Bruxelles, prova altre esperienze: dalla consulenza – sempre su temi di public policy – ad un’esperienza in Senato, opportunità apertale dal career service dell’Università.

S.P., ancora studentessa fonda insieme ad alcuni amici e colleghi Next PA, un’associazione studentesca finalizzata a lavorare come think tank per offrire impulso all’innovazione nel settore pubblico. La passione per il lavoro al fianco delle istituzioni pubbliche si trasforma in un mestiere e dopo la laurea, nel 2015, comincia la sua carriera nella consulenza manageriale, prima in PWC, poi in Deloitte, senza però cambiare l’ambito della sua practice: l’innovazione manageriale del settore pubblico.

Risorse utili per lavorare nel pubblico: soft skills, senso della missione e management

Tra le tante domande, abbiamo chiesto alle nostre ospiti cosa hanno trovato nel loro mestiere che non si aspettavano. “Per il mio lavoro le competenze tecniche, in ambito economico, statistico, di politiche pubbliche sono importantissime. Ma altrettanto necessarie sono le soft skills: la capacità di lavorare in gruppo, di comunicare in maniera efficace e di negoziare sono parte fondamentale del mio lavoro oggi” dice A.M. che ha seguito le negoziazioni del Next Generation EU coi paesi membri. “I lunghissimi pomeriggi di discussione per i group work dell’Università sono stati un buon allenamento, quanto mai utile per quello che ho fatto dopo”.

S.P., che ha scelto la consulenza per andare più veloce e vedere tante realtà in poco tempo, cerca nella sua vita professionale energia e motivazione: “ammetto di essere rimasta sorpresa quando mi sono trovata in alcune realtà regionali e centrali, spesso dipinte dai media come improduttive e lente, a collaborare con dirigenti pubblici appassionati e dediti alla loro missione ben oltre l’orario di lavoro”.

Se c’è un mestiere quanto mai vario, per il contenuto allo stesso tempo politico, economico e giuridico, è quello della diplomazia. Ma in più, c’è anche una dimensione manageriale, sottolinea A.R.: “Quando le risorse per le attività di consolati e ambasciate non sono infinite – e certamente sono decisamente più limitate di un tempo – occorre avere molto chiare le priorità e sapere organizzare bene il lavoro delle altre persone, soprattutto in considerazione della delicatezza dei dossier a noi affidati”.

Le domande che non ti aspetti

Oltre alle domande di rito, come le richieste di consigli (“l’Università non è solo andare a lezione e passare gli esami, ma tutto quello che succede nel mentre, cogliete tutte le occasioni” invita S.P.) o approfondimenti delle diverse carriere (la carriera diplomatica è la vera scoperta per la classe, che tempesta A.R. di domande sulle differenze tra ambasciatori, consoli e altre figure e su come funziona il concorso diplomatico), mi hanno colpita due curiosità degli studenti. La prima è sulla formazione. Sorprende che chi non ha ancora finito il ciclo universitario tenga già in gran conto le opportunità di apprendimento future. Apprezzata molto la risposta di A.M. che spiega che la Commissione Europea offre formazione obbligatoria e facoltativa a tutti i suoi dipendenti, oltre a tanta formazione on the job.

Un’altra è sulla reputazione internazionale delle istituzioni pubbliche italiane: come siamo visti all’estero? La risposta è corale: bene! S.P. cita l’eccellente fama del nostro SSN, A.M. dice che da fuori siamo visti meglio che dall’interno, A.R. conferma e racconta gli ambiti in cui l’Italia, le sue istituzioni e le sue politiche sono un positivo caso studio.

A giudicare dall’interesse per la lezione, mi sono convinta che in molti è sorta un’ultima domanda: “potrebbe, una di queste, essere la mia strada?”

 

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