#ValorePubblico

Servono stipendi più alti per i sindaci?

La manovra di bilancio recentemente varata dal Governo Draghi prevede aumenti per i compensi dei sindaci dei comuni, in proporzione alla dimensione, fino a portare lo stipendio dei Sindaci delle grandi città al pari di quello di un Presidente di Regione. È una norma passata in sordina, forse potenzialmente esposta alle critiche di chi pensa che il problema del Paese siano i costi della politica. E invece può essere un passo in avanti.

 

 

Da che ho memoria (ero alle scuole medie nei primi anni ’90) la rappresentazione dei politici sui media non è mai stata molto lusinghiera. Negli anni in cui ho cominciato questo mestiere, spopolava un libro che ha avuto un’ampia eco e si intitolava “La Casta”, di Rizzo e Stella: rappresentava il mondo dei politicanti locali come luogo di malaffaristi dediti all’appropriazione sistematica di risorse pubbliche, ad esempio attraverso la superfetazione di posti e di incarichi retribuiti. Sono anche gli anni di scandali dall’evocativo nome di “rimborsopoli” e di altre poco lusinghiere manifestazioni di una certa classe politica. Poco dopo, a valle della crisi dal 2008 in avanti, l’esigenza di contenere la spesa pubblica si è mirabilmente alleata al discorso anti-politico legittimando alcune scelte quali ad esempio il taglio dei compensi ai membri dei Consigli di Amministrazione delle società pubbliche, politiche di fusione e di accorpamenti – in taluni casi anche strategici – giustificati (quanto meno dalle semplificazioni del dibattito pubblico) dall’esigenza di “tagliare le poltrone”, tetti ai compensi massimi dei vertici delle istituzioni,  senza grande contezza delle differenze, e così via.

In questo contesto, la politica locale ha smesso di essere un’esperienza interessante per molti potenziali aspiranti: tra le cause, armi sempre più spuntate e leve ridotte, a causa della stretta sulle risorse combinata a responsabilità crescenti (si pensi all’esplosione della normativa legata al contrasto alla corruzione), in anni in cui le certezze professionali per le nuove generazioni si erano ridotte e quindi si guardava con minore leggerezza all’idea di trascurare il proprio lavoro per dedicarsi ad un’impresa dagli esiti incerti e rischi aumentati. Un pezzo delle competenze migliori del Paese, che in altre epoche avrebbe scelto di mettersi a servizio delle proprie città, ha preferito starne fuori. E se l’amministrazione delle città è potenzialmente un bacino di reclutamento della classe politica nazionale, gli effetti di questa auto-selezione fuori potrebbero essere osservati nel tempo anche con riguardo ad altri organi di rappresentanza, a livello nazionale. Forse l’allontanamento dalla politica non è solo causato da narrazioni discreditanti, forse le ragioni andrebbero anche ricercate altrove, come nella evaporazione dei corpi intermedi e dei luoghi di socializzazione politica. Ma resta il fatto che mai come in questa ultima tornata elettorale si è manifestata la difficoltà a trovare candidati validi e disponibili per amministrare le città, dalle più grandi alle più piccole realtà.

Stipendi più alti per i sindaci renderanno più attrattivo il ruolo? Non so. Non si parla di cifre astronomiche, ma di un progressivo avvicinamento dei compensi – proporzionato alla dimensione della città – alle cifre percepite dai governatori regionali. Alcuni dicono che è un modo per evitare che ad amministrare le città si impegnino o solo i più ricchi – anelastici ai compensi per il ruolo – o chi ha meno da perdere professionalmente dallo stop lavorativo che una tale esperienza impone. Per parte mia, trovo interessante un dispositivo contenuto nella norma: a finanziare l’aumento dei compensi è per metà un fondo nazionale e, per l’altra, risorse di bilancio del comune stesso. Pertanto, gli stipendi cresceranno solo se i consigli comunali saranno d’accordo. Ecco, il modo in cui verrà condotto quel dibattito negli organi di rappresentanza democratica locale potrà contribuire a costruire narrazioni diverse sul ruolo degli amministratori, sui loro compensi e, quindi, sui loro contributi per la crescita delle città. Forse di qui può arrivare un po’ più di attenzione e di interesse, soprattutto tra le nuove generazioni, per gli incarichi di amministrazione locale. Perché, per citare Max Weber, il problema non è vivere di politica (von die Politik), se allo stesso tempo si sceglie di vivere per la politica (für die Politik) con passione e responsabilità.

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