#ValorePubblico

Se anche Mattarella è digitale

Una nuova anagrafe online

La scorsa domenica il Presidente Mattarella ha scaricato il primo certificato anagrafico digitale. La notizia è rimbalzata su tutti i media per celebrare l’innovazione resa possibile dalla messa in rete delle anagrafi comunali (quasi tutte, ne mancano una sessantina su quasi 8.000 comuni) sull’ANPR, Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente, piattaforma che rende possibile non solo l’accesso diretto ai cittadini, ma anche una migliore integrazione di dati tra amministrazioni.

Gli amanti del genere ricorderanno che tra le Dodici Fatiche di Asterix, una delle prove più ardue è la richiesta del “Lasciapassare A38” presso la “casa che rende folli”, rappresentazione divertita dei paradossi di un ufficio pubblico che maltratta gli utenti avanzando richieste assurde.

Ecco, l’integrazione dei dati sull’ANPR dovrebbe anche rendere possibile una migliore collaborazione informativa tra amministrazioni pubbliche: in pratica, alcuni dati non dovrebbero più chiederceli, ma prenderseli dove sono. Sembra un’innovazione già vecchia, in un mondo in cui tutti si prendono e si scambiano i nostri dati, anche quelli più sensibili, nella nostra più o meno disinvolta indifferenza. Quanto siamo indietro in punto innovazione e digitalizzazione dei servizi pubblici?

In basso nel digitalometro EU

A rispondere, arriva il report 2021, per l’anno 2020, del Digital Economy and Society Index (DESI), il digitalometro europeo, che di solito ci schiaccia in fondo alla classifica. Anche se è un po’ cambiato il sistema di rilevazione – per adeguarsi alle priorità strategiche sancite nel Recovey and Resilience Facility, cuore del NextGenerationEU, cui si aggancia anche il nostro PNRR – il nostro posizionamento cambia di poco. Il problema più urgente non riguarda l’offerta di servizi pubblici, ma le competenze diffuse che fanno la domanda di digitale.

Se complessivamente i servizi pubblici italiani si collocano al 18° posto in Europa, siamo sopra la media non solo per la disponibilità di dati aperti (87% contro una media UE del 78%), ma anche per l’offerta di servizi pubblici digitali per le imprese (89 vs 84 media EU), indicatore che – insieme all’offerta di servizi pubblici digitali per i cittadini (su cui invece siamo sotto media: 69 vs 75 media EU) – monitora l’avvicinamento ai target della Digital Decade, strategia per cui entro il 2030 tutti i servizi pubblici per imprese e cittadini devono poter essere disponibili completamente online. Il punto di caduta più drammatico si riscontra, infatti, sul lato della domanda: insieme a Bulgaria e Romania, siamo gli unici Paesi in cui i cittadini tra i 16 e i 74 anni che hanno interagito on-line con una pubblica amministrazione non arrivano al 40%, laddove in Danimarca, Finlandia e Paesi Bassi si è ormai oltre soglia 90%. 

 

Questo dato ben si accoppia con quello sulle competenze digitali: ancora una volta in compagnia di Bulgaria e Romania, l’Italia è tra i Paesi col livello di competenze digitali diffuse più basso d’Europa.

E il balzo in avanti del 2020 tutto online?

Troppo poco, se consideriamo il 2020 l’anno del balzo in avanti in punto digitalizzazione forzata del Paese?

Difficile rispondere per più ragioni. In primo luogo, non è chiaro quanto i dati raccolti dal DESI catturino le evoluzioni del 2020 (in alcuni casi i dati sono fermi al 2019). Inoltre, alcune delle forme di remotizzazione nell’accesso di alcuni servizi sono state realizzate in maniera talmente ‘casereccia’ da aprire a valutazioni quanto meno controverse, soprattutto in punto sicurezza dei dati. Ma è evidente che non basta coprire il paese di infrastrutture hard (l’Italia è avanti su preparazione a 5G e banda larga veloce), quando mancano le infrastrutture immateriali, ovvero le persone capaci di usare le tecnologie via via disponibili in modo consapevole e fruttuoso.

“L'Italia – si legge nel Country Report dedicato all’Italia - deve far fronte a notevoli carenze nelle competenze digitali di base e avanzate, che rischiano di tradursi nell'esclusione digitale di una parte significativa della popolazione e di limitare la capacità di innovazione delle imprese.” 

Pertanto, vedere il Presidente Sergio Mattarella, il cui certificato di nascita digitale appena scaricato ci dice che ha compiuto 80 anni, alle prese con i servizi online è un messaggio chiaro: questi canali non sono solo per i ragazzini che ci sanno fare col computer, è questo il nostro “new normal”, come avevamo preso a dire qualche tempo fa.

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