#ValorePubblico

La professione della responsabilità

In occasione dell’uscita del libro “Naufragi e nuovi approdi. Dal disastro della nave Concordia al futuro della Protezione civile” pubblicato in coincidenza del decimo anniversario della tragedia al largo dell’Isola del Giglio, abbiamo invitato a tenere una lazione sul tema il suo autore, il Prefetto Franco Gabrielli, attualmente Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega alla Sicurezza della Repubblica. Gli spunti offerti e le corde toccate sono tante e tali che è impossibile sintetizzarle. E poi c’è un’altra cosa che non è facile da raccontare: la postura di chi rappresenta le istituzioni con onore, passione e responsabilità. Pertanto, rinuncio ad essere esaustiva e scelgo alcuni appunti sparsi.

Partiamo dal libro

La storia ha almeno due livelli narrativi. Forse tre. Il primo è quello di una nave che affonda per metà e, nonostante tutto, viene rimessa in asse e arriva in porto. Questa è la storia di come donne e uomini della pubblica amministrazione, della scienza e del privato rendono questa cosa possibile. Il secondo livello è quello in cui la nave è la Protezione Civile, una funzione assicurata da una rete di attori che compongono il Servizio Nazionale di Protezione Civile, di cui il Dipartimento incardinato nella Presidenza del Consiglio non è che l’organo di regia tecnica. Una nave pazzesca, che affronta più di una volta mari perigliosi per di più non sempre equipaggiata a dovere, ma riesce a portare in salvo i passeggeri, anche se ne esce ammaccata. E poi c’è un terzo livello narrativo, anche se meno esplicito: la nave che rischia di affondare rimanda anche alle nostre istituzioni pubbliche, ingarbugliate in contraddizioni insanabili, causa e vittime di un apparato di norme farraginose e contraddittorie, in balia di una gestione ammalata di vista troppo corta, che stratifica soluzioni tampone. Invece di aprire il cantiere delle risposte che servono. Quelle che durano nel tempo, ma richiedono la pazienza della competenza e il coraggio della responsabilità per essere costruite.

 

Se la storia del naufragio della Concordia è una delle più ignominiose storie di irresponsabilità di chi sta al comando, quella della sua riemersione è l’esatto opposto. È una storia di soluzioni rese possibili dalla competenza delle persone a servizio dell’interesse pubblico, dal coraggio di tentare strade nuove, dalla abilità di coniugare la velocità della decisione con il rispetto dei vincoli di contesto. E sarebbe ingiusto ricondurre l’eccezionalità di questo caso all’eccezionalità dei poteri tipici della funzione commissariale. Non si tratta di efficienza dal sapore singaporiano. Al contrario, la capacità in gioco è proprio quella di contemperare l’esigenza di allargare il perimetro degli attori da coinvolgere nella decisione con quella di non permettere che l’allargamento diventi sabotaggio della decisione stessa. Quando, ad esempio, arriva la richiesta dell’ennesimo parere tecnico, funzionale solo a buttare la palla della responsabilità in tribuna, serve la determinazione di chi la rimette al suo posto per calciare la decisione.

Se la storia del naufragio della Concordia è una delle più ignominiose storie di irresponsabilità di chi sta al comando, quella della sua riemersione è l’esatto opposto.

I quattro appunti che non ho preso

Non li ho scritti perché avendo l’onore (e l’onere, visto il flusso incessante di spunti e la forza del racconto) di intervistare il Prefetto Gabrielli, mi limitavo ad appuntare a mente cosa mi sarebbe piaciuto riprendere a lezione con miei studenti. Li scrivo ora, in primo luogo per me.

 

  1. Non c’è il pubblico buono e il privato cattivo. C’è privato e privato, quello buono e quello meno. Come il pubblico, d’altra parte”. È ovvio? No, non lo è. Perché pezzi importanti del nostro ordinamento sono fondati sulla diffidenza militante verso il privato, malaffarista per mestiere. Se l’aspettativa standard è la fregatura, quali spazi di collaborazione proficua possono nascere tra pubblico e privato? Quale collaborazione può esserci senza la fiducia che si alimenta del reciproco riconoscimento di differenze e valore?
  2. La comunicazione è logos, ethos e pathos” ovvero pensiero, etica e passione. C’è chi Aristotele lo cita e chi lo pratica. In tempi in cui i personaggi pubblici, anche delle istituzioni, affidano i loro messaggi alla pubblicazione sui social delle foto del colore dei calzini o degli addobbi natalizi di casa propria, provocando per lo più l’effetto di scatenare le tifoserie, c’è anche chi usa mezzi forse più vintage, come le interviste sulla carta stampata, per dire cose difficilissime, ma necessarie. Come affermare, da Capo della Polizia, che la gestione della sicurezza al G8 di Genova fu una catastrofe o che lo stato di polizia non era una buona idea, nemmeno nei drammatici giorni del lockdown del 2020. Perché i valori della democrazia non sono retorica solo se sono pratica testimoniata nell’esercizio del proprio ruolo.
  3. Se i crimini si riducono, ma la percezione della sicurezza non migliora, non è un problema solo dei cittadini. La loro percezione è un problema mio”. Un po’ come verso il chirurgo che dice che l’operazione è riuscita benissimo ma purtroppo il paziente è morto, o il professore che ha fatto una lezione brillante ma gli studenti non hanno capito nulla, Gabrielli riformula l’idea di risultato dell’azione amministrativa. Che non si misura solo in termini di azioni prodotte, ma di effetti collettivi generati. E senza una chiara rappresentazione del punto di atterraggio della funzione pubblica – che è per le persone, in risposta ai loro bisogni diversi e complessi – si resta senza bussola per capire se la nave è vicina al porto o no.
  4. La politica è una cosa bellissima” risponde il Prefetto ad uno studente che gli chiede se non è un po’ una pena trovarsi ad avere a che fare – da tecnico – con la politica. Se la politica è debole, la risposta non può essere il baratto di meno politica a vantaggio di più apparati tecnici, ma la promozione di una politica più forte e capace di svolgere la funzione di interpretazione dei bisogni collettivi, di espressione di una visione di società, di ponte di significati tra la vita dei singoli e l’essere comunità organizzata in istituzioni pubbliche democratiche.

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