#ValorePubblico

Linee guida sull’accesso alla dirigenza: dalle nozioni alle competenze

Il 28 settembre sono state pubblicate le “Linee guida sull’accesso alla dirigenza pubblica” come illustrato in una nota del Dipartimento della Funzione Pubblica. Si tratta di un primo strumento operativo per gli enti, finalizzato a rendere esecutive le nuove norme sulla selezione dei dirigenti (DL 80/2021) che innovano le modalità di acceso alla dirigenza. Come sempre, le novità fanno un po’ paura: quali sono i rischi e quali le opportunità?

Da dove viene la riforma degli accessi alla dirigenza

Piccolo ripasso delle riforme PNRR: ci sono 4 assi di riforma alla base dei 191,5 miliardi. Oltre a concorrenza, giustizia e semplificazioni, uno di questi riguarda la Pubblica Amministrazione. Questa riforma ha al cuore dell’intero programma la qualificazione del Capitale Umano. E lo snodo della qualificazione del Capitale Umano è il passaggio da una gestione amministrativa del personale ad una gestione che si basa sulle competenze, dalla programmazione dei fabbisogni (si vedano le altrettanto recenti linee guida), alla valutazione (si pensi ai nuovi contratti al tal proposito) ed, ovviamente, anche al reclutamento. A partire dalla dirigenza, come previsto dal DL 80/2021, che prevede che i nuovi concorsi valutino “le capacità, attitudini e motivazioni individuali, anche attraverso prove, scritte e orali, finalizzate alla loro osservazione e valutazione comparativa, definite secondo metodologie e standard riconosciuti.”

L’accesso alla dirigenza, nel nostro ordinamento, è tutto e il contrario di tutto, tra accessi dall’interno e dall’esterno, a tempo determinato e indeterminato, di ruolo o a contratto. Nei fatti, però, la stragrande maggioranza di chi partecipa ai concorsi da dirigente (persino per il corso concorso della SNA dove non è un requisito necessario e pure alle selezioni per dirigente a contratto) è già funzionario, dell’amministrazione di destinazione o di un’altra, ma è pur sempre già parte integrante del pubblico impiego nell’inquadramento più alto del comparto non dirigenziale, cui ha avuto accesso con un concorso pubblico tradizionale. Eppure, paradossalmente, l'esperienza organizzativa di tali candidati non era considerata nelle procedure per l’accesso alla dirigenza. Ecco, le norme più recenti si basano sul presupposto che la dirigenza possa costituire un passaggio di carriera per i funzionari e che questa crescita debba dipendere non già dalla abilità a passare un concorso nozionistico, ma dalle capacità coerenti con l’assunzione di un ruolo dirigenziale maturate sul campo, che includono la gestione di persone e risorse e l’assunzione di responsabilità in contesti di incertezza. A questo scopo, si prevede che le prove per l’accesso alla dirigenza debbano avere questo fine, almeno per la quota di accesso dall’interno. Pertanto, le Linee guida proposte indicano alle amministrazioni come fare a smontare e rimontare i concorsi a questo fine.

Che cosa prevedono le Linee guida?

Le Linee guida sono state sviluppate dalla Scuola Nazionale dell’Amministrazione (SNA) e approvate dalla Conferenza unificata Stato-Regioni a settembre 2022 (a breve seguirà il decreto ministeriale di approvazione), con l’obiettivo di assicurare l’omogeneità di operato delle amministrazioni, centrali e locali, chiamate ad adottare le nuove modalità di selezione dei dirigenti pubblici. Pertanto, sono destinate a chi si occupa di concorsi nelle amministrazioni.

Le Linee guida propongono indicazioni in materia di procedure e soluzioni metodologiche per lo svolgimento di concorsi con il duplice obiettivo di: i) offrire alle amministrazioni alcune indicazioni e buone pratiche utili per l’individuazione di soluzioni e metodologie omogenee ed efficaci per la selezione della dirigenza; ii) presentare i principi metodologici dell’Assessment Center, quale strumento di comprovato successo nei processi di selezione di figure manageriali, finalizzati alla valutazione delle competenze che caratterizzano la posizione da ricoprire.

Il documento rappresenta, quindi, un contributo conoscitivo e metodologico nell’ottica di fornire un concreto supporto a tutte le amministrazioni nella scelta di come strutturare le selezioni. 

Le nuove modalità di accesso prevendono inoltre che i bandi di concorso definiscano gli ambiti di competenza da valutare. Al tal proposito, le Linee guida propongono pertanto anche il “Modello di competenze dei dirigenti della PA italiana”, che individua 15 competenze articolate in cinque aree: cognitiva, manageriale, realizzativa, relazionale, del self-management e in particolare sei competenze considerate più rilevanti (cd. competenze core): Soluzione dei problemi, Gestione dei processi, Sviluppo dei collaboratori. Decisione responsabile, Gestione delle relazioni interne ed esterne, Tenuta emotiva.

La paura serpeggiante: sarà ancora un concorso trasparente?

È stato interessante leggere sui social alcune delle prime reazioni alla pubblicazione del documento. La preoccupazione principale è sempre la stessa: ma se non mi chiedete più il diritto amministrativo o la contabilità pubblica, come fate a essere oggettivi? Cosa discrimina una risposta giusta da una risposta sbagliata? Non è che stiamo rendendo più opaco il processo di selezione? O, addirittura, stiamo rendendo più facile che l’accesso alla dirigenza segua interessi particolari o forme di cooptazione?

Sono preoccupazioni comprensibili, se non si ha contezza di cos’è un assessment center e se, al contrario, si viene da un’esperienza di concorsi tutta fatta di innumerevoli ore passate a immagazzinare informazioni che risultano non di rado inutili per l’esercizio del ruolo. Per rispondere a questi dubbi occorre capire, come spiegato nella tabella, che con l’assessment non cambia la terzietà della valutazione (che si basa sempre sul confronto intersoggettivo tra esperti dell’ambito di valutazione), ma cambia l’oggetto di valutazione (da conoscenze a competenze) e, con esso, lo strumento di osservazione (da esami simili universitari a prove che permettono di rilevare le competenze e osservare i comportamenti agiti in un contesto che simula una situazione professionale).

Un’altra preoccupazione viene dal bacino dei potenziali candidati alla dirigenza (che – per questo strumento – sono esclusivamente gli interni, ovvero i funzionari di ruolo): come ci si prepara all’assessment delle competenze? Non c’è un modo: gli studi dimostrano che nessuno è in grado di dissimulare a lungo, nemmeno i più addestrati attori. Chi ha già fatto precedenti esperienze di assessment può avere il vantaggio di sapere cosa aspettarsi e fare meno fatica ad adattarsi ad una situazione nuova, ma non potrà che mostrare le competenze di cui dispone e non potrà mostrare quelle che non è capace ad agire. Certo, è avvantaggiato chi, per inclinazione o per precedenti esperienze (lavorative o meno), ha sviluppato le competenze oggetto di osservazione. Ma questa dovrebbe essere accolta come una buona notizia: mettere nei ruoli dirigenziali chi più è capace di incarnarli è una garanzia non solo per i candidati, ma anche per la collettività. In sostanza, l’unico modo per prepararsi ad un concorso che preveda (anche) la valutazione delle competenze e quindi modalità di assessment è non smettere di mettersi in gioco nell’organizzazione in cui si opera in modo consapevole e di investire nelle proprie competenze.

Le opportunità da cogliere, monitorando i rischi

Il passaggio da un modello all’altro non è mai indolore. Quando la Commissione Europea passò dal concorso tradizionale all’assessment center EPSO non mancarono le polemiche. Fu la Corte Europea a mettere fine alla contesa, stabilendo che in alcun modo l’assessment ledeva i principi del concorso pubblico quanto a imparzialità e accountability del processo. Ma è evidente che per assicurare che questi principi vengano rispettati serve seguire con rigore i principi alla base della metodologia dell’assessment:

  • Professionalità dell’assessor: così come non ci si improvvisa esperto (e quindi commissario di concorso) di diritto amministrativo, lo stesso vale per chi per mestiere sa leggere e interpretare i comportamenti in un contesto, facendo leva su più metodi di osservazione. Questo vuol dire esternalizzare il concorso? Non più di prima: si tratta di scegliere come membri di commissione professionalità formate allo scopo di preprare prove competency-base, individuate a partire dalle competenze previste nel bando, superando l’acquisto di quiz nozionistici, che avviene già ora da provider esterni all’amministrazione.
  • Mix delle prove: tra le varie ragioni storiche dell’inadeguatezza dei concorsi tradizionali, una di queste è l’incompatibilità dei tempi di gestione del concorso con la realtà (si pensi alla correzione dei temi in concorsi con centinaia di candidati). Così, nel tempo, si è barattata l’accuratezza per la velocità, perdendo ulteriormente di spazio di osservazione del candidato. Per sua natura, l’assessment center prevede che la valutazione venga fatta al termine di un mix di prove, tra loro diverse, finalizzate a stimolare più di una volta lo stesso set di competenze, benchè con strumenti anche molto diversi, in un arco di tempo contenuto. Nell’assessment avere più prove non vuol dire necessariamente metterci più tempo, bensì assicurare maggiore accuratezza.
  • Chiarezza del set di competenze da osservare: il modello delle competenze sopra descritto è pensato per contesti dove i dirigenti si confrontano con le tipiche complessità del pubblico. È evidente che il vero salto culturale per gli enti risiede nel comprendere che il punto di partenza è proprio la messa a fuoco del profilo del dirigente ricercato (il modello proposto offre spazi di adattamento e personalizzazione), ma è del tutto improduttivo pensare che tale profilo sia utile solo ai fini delle selezioni: deve essere considerato anche per gestire tutto il processo di sviluppo (dalle valutazioni individuali, agli incarichi e carriere) di tutta la dirigenza. Questo il vero salto culturale all’orizzonte.

 

Sabrina Bandera, allieva SDA Bocconi del programma EMMER/EMMAP, in qualità di Dirigente del Servizio Ricerca dalla SNA, ha coordinato l’Advisory Board che ha predisposto le Linee guida sull’accesso alla dirigenza oggetto di questo studio, composto da esperti di concorsi e di assemment e da rappresentati di amministrazioni centrali e locali. Co-coordina il programma di ricerca-intervento SNA “Mappatura, valutazione e sviluppo delle competenze delle Amministrazioni pubbliche”, che coinvolge 10 amministrazioni centrali.

SHARE SU