Teoria in pratica

Al di là del bene e del male: le supererogazioni e le politiche di CSR

Le azioni umane si suddividono in tre categorie: quelle che si ha l’obbligo di compiere (doveri), quelle da omettere (illeciti) e quelle moralmente neutre. Oggi sempre più spesso le aziende intraprendono azioni nei confronti dei diversi stakeholder (clienti, dipendenti, comunità locali, ambiente ecc.) che sembrano incoerenti con i loro interessi economici: si tratta delle supererogazioni, azioni meritorie eticamente e non richieste, che vanno oltre il dovuto e quanto ci si aspetta dalle aziende. Un recente studio suggerisce che tali azioni volontarie rientrano a pieno titolo nella responsabilità sociale d’impresa (CSR), intesa non come una risposta normale a pressioni provenienti dall’esterno, ma come una forma innovativa dell’impegno aziendale nelle questioni relative al sociale e all’ambiente.

Una corretta concettualizzazione delle supererogazioni aziendali richiede di distinguerle tra «non qualificate», cioè azioni compiute liberamente senza alcun obbligo morale e il cui valore risiede nel sacrificare il proprio bene personale per quello degli altri, e «qualificate», ovvero azioni che rientrano abitualmente negli obblighi della moralità ma sono compiute in circostanze particolari che esenterebbero l’azienda da tali obblighi. Il valore delle supererogazioni qualificate consiste quindi nella scelta dell’azienda di adempiervi nonostante le circostanze le permetterebbero di farne a meno.

Le supererogazioni non qualificate nascono da scelte personali che non dipendono da richieste esterne e che esprimono buona volontà, generosità e intenzioni altruistiche; sono atti né obbligatori né vietati, che non meritano né critiche né sanzioni se omessi. Ne sono esclusi i doveri legali, i doveri etici e qualsiasi azione strategica d’impresa tesa a un beneficio, immediato o di lungo periodo. Le supererogazioni non qualificate includono l’eroismo morale (che mette a rischio la redditività finanziaria per perseguire un’azione moralmente giusta, come il ritiro volontario del farmaco Tylenol da parte di Johnson & Johnson nel 1982), il volontariato (come nel caso di The Home Depot, che offrì un importante soccorso alle comunità colpite dall’uragano Katrina, subendone danni economici) e la beneficenza aziendale. Questi esempi suggeriscono che la supererogazione non qualificata sia un’iniziativa straordinaria che va al di là delle attività di CSR.

Le supererogazioni qualificate sono invece azioni in cui l’azienda esercita il bene morale in presenza di validi motivi per non farlo, in particolare economici. Queste supererogazioni portano vantaggi significativi a soggetti diversi dagli azionisti. L’azienda, invece, sostiene costi o perde fatturato, senza la garanzia di riceverne in cambio benefici, neanche a lungo termine. Nello studio si analizzano cinque casi esemplari: Coop, Patagonia, REI, General Motors e Interface.

Nel 2010 Coop, la più grande catena italiana di vendita al dettaglio, avviò una campagna multimediale invitando i propri clienti a consumare meno acqua in bottiglia, un prodotto di cui l’Italia ha il più alto consumo pro capite in Europa ed il secondo al mondo dopo il Messico. Durante il Black Friday 2011 Patagonia lanciò la sua famosa campagna «Buy Less»: l’annuncio a tutta pagina pubblicato sul New York Times accanto all’immagine di uno dei prodotti più venduti dell’azienda diceva «Non comprare questa giacca» e chiedeva ai lettori di ridurre i loro consumi per proteggere il pianeta. Anche REI, catena di abbigliamento con sede a Seattle, nel 2015 prese la decisione senza precedenti di chiudere tutti i suoi 149 negozi nel giorno del Ringraziamento, rinunciando al periodo di shopping più importante dell’anno. Sempre nel 2015 General Motors offrì ai suoi 48.000 dipendenti un bonus inaspettato: tutti ricevettero 9.000 dollari in partecipazione agli utili, molto più di quanto l’azienda fosse tenuta contrattualmente a pagare. Infine, Interface, produttore di tappeti modulari, è famosa per la sua campagna «Climate Take Back» che sposta l’attenzione dall’evitare un impatto negativo sul clima (missione già raggiunta dall’azienda con il programma Mission Zero®) al fornire un contributo positivo, mediante politiche volontarie di decarbonizzazione dell’atmosfera. Alcune caratteristiche accomunano tutti questi esempi: non sono politiche filantropiche ma supererogazioni poste in essere da aziende che vogliono avere un ruolo più attivo nella società, rinunciando al beneficio economico anche di lungo termine. Queste azioni rientrano a pieno titolo nella CSR.

Lo studio riconosce la presenza fondamentale del concetto di supererogazione nell’ambito della CSR. Il rispetto della legge, il rispetto dell’etica e le risposte costruttive alle legittime richieste degli stakeholder sono indispensabili anche quando i manager, lasciati liberi di scegliere, preferirebbero agire diversamente. A volte i vantaggi finanziari che ne derivano all’azienda risolvono tutte le incertezze, rendendo l’iniziativa un investimento redditizio: questi vantaggi eliminano il merito morale ma possono aumentare il numero di aziende che si orientano verso decisioni socialmente vantaggiose.

La tensione tra ragioni morali e motivi utilitaristici può dunque incentivare le imprese a trovare soluzioni creative creando valore in modi nuovi. La supererogazione può attivare processi di apprendimento attraverso i quali le imprese arrivano a comprendere che determinate iniziative (come pagare bonus superiori a quelli dovuti contrattualmente o affrontare in modo attivo il cambiamento climatico) sono perfettamente concepibili anche nel mondo degli affari. Le azioni supererogative sono un segnale dei valori etici di un’azienda e inducono gli stakeholder a riporre in essa maggiore fiducia, che è una risorsa necessaria all’azienda per la creazione di valore nel tempo.

Infine, la supererogazione risponde a una richiesta crescente verso le aziende affinché identifichino gli obiettivi ultimi delle proprie politiche e costruiscano linee strategiche secondo una prospettiva relazionale. In quest’ottica, le aziende supererogative sono in grado di creare valore grazie a un processo di «learning by doing» basato su un dialogo continuo con l’esterno che porta a politiche più responsabili, attente e sostenibili.

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