Sotto la lente

Codice dei contratti pubblici: un nuovo inizio per il PPP in Italia?

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del testo del correttivo al Codice dei Contratti pubblici, il 2025 si è aperto con una nuova attenzione verso il Partenariato Pubblico-Privato (PPP), che – se utilizzato in modo sistematico – consentirebbe di canalizzare gli abbondanti capitali degli investitori di lungo termine e anche dei cittadini verso impieghi in grado di assicurare sia ritorni sia miglioramento dei servizi e delle infrastrutture, innovazione e quindi competitività. Tuttavia, per raggiungere questi obiettivi, è necessaria una politica forte e coerente.

 

Il nuovo Codice, che rappresenta anche una riforma del PNRR, contiene elementi che potrebbero creare un contesto favorevole, specialmente quando gli orientamenti strategici a livello locale e regionale sono sofisticati, anche se purtroppo questo è ancora raro. Le politiche pubbliche in Italia funzionano a compartimenti stagni, complici anche l'assenza di meccanismi fiscali a livello nazionale. Investimenti in settori come il trasporto pubblico, l'efficienza energetica o le tecnologie sanitarie non vengono adeguatamente riconosciuti come contributi al PIL e all'innovazione.

 

In particolare, il correttivo novella l’articolo 193 che non riguarda più solo i PPP a cosiddetta iniziativa privata ma rafforza il ruolo della PA che intende avvalersi del mercato per concepire nuove soluzioni per infrastrutture e servizi da realizzare in PPP.  La riforma, in sostanza, mira a stimolare più trasparenza e concorrenza legate alla presentazione del progetto di fattibilità tecnico-economica (PFTE) da parte degli operatori privati. Pertanto, questo nuovo dispositivo potrebbe essere utilizzato per allenare la capacità di fare PPP e segnare la tanto auspicata transizione verso un uso più sistemico.

 

Il nuovo 193 prevede che, se la PA riceve una manifestazione di interesse a proporre un progetto o un vero e proprio PFTE , ne deve dare comunicazione al mercato per esplorare se vi siano altri operatori interessati. Successivamente, sia con una o più proposte, la PA dovrà prima valutare il pubblico interesse delle proposte ricevute e ammettere alla valutazione di fattibilità successiva solo quelle che rispondono ai suoi obiettivi. La valutazione di fattibilità, da condurre in modo comparato, consente di dialogare con gli operatori economici per comprendere la proposta e anche per renderla più rispondente ai propri fabbisogni. La proposta migliore viene premiata con il diritto di prelazione e viene posta a base di gara.

 

INVESTinIT Lab, un laboratorio di ricerca di SDA Bocconi dedicato al PPP, ha analizzato il mercato del PPP dal 2018 al 2024, evidenziando l'importanza dell'articolo 193 per il nostro paese. La concessione a iniziativa privata è, infatti, utilizzata per progetti complessi e di grandi dimensioni, rappresentando il 41% del mercato per volumi economici, ma solo il 17% per numero di gare.

 

La concessione cosiddetta tradizionale, cioè a iniziativa pubblica, è utilizzata per i

progetti di piccola dimensione, che rappresentano più dell’80% del mercato in

termini di numero di gare, ma solo il 60% per volumi (6 milioni il valore medio a base di gara

contro i 21 milioni delle concessioni a iniziativa privata) e soprattutto laddove l’obiettivo è solo la gestione in concessione di un servizio.

 

A livello internazionale, il promotore di un progetto è spesso premiato con meccanismi come il il bid bonus, cioè punteggi addizionali da utilizzare in fase di gara; il rimborso delle spese progettuali; l’ammissione ex officio alla fase della best & final offer. Si tratta di meccanismi che teoricamente potrebbero essere in grado di assicurare più concorrenza e innovazione. Tuttavia, nella pratica, ciò che fa la differenza è la contendibilità del settore e la maturità complessiva del mercato del PPP.

 

L’efficienza energetica è, per esempio, in Italia uno dei settori più dinamici, cubando il 63% delle gare a iniziativa privata, con interventi che includono sia sull’illuminazione pubblica sia sull’efficientamento energetico di edifici pubblici, come scuole, ospedali e uffici. Questo dinamismo dipende dall’elevata domanda, anche come conseguenza degli obblighi imposti dalla Direttiva sull’efficienza sia da un mercato molto attivo, che elabora molte proposte e quindi, nei fatti, è in grado di assicurare competizione anche nella fase preliminare (“a monte”) di presentazione della proposta, che il nuovo 193 stimolerà ulteriorimente.

 

Il grande pregio dell’articolo 193 è il fatto che si demanda al mercato la realizzazione del PFTE, fondamentale per avviare progetti infrastrutturali ma anche per ridisegnare in modo innovativo i servizi. E il correttivo prevede – finalmente – contenuti diversificati tra lavori e servizi. Se realizzato in casa da parte della PA, un PFTE richiede risorse, che spesso non ci sono, e una rapidità realizzativa che manca, visto che servirebbe comunque una gara per

affidare questo servizio. Oltre ai tempi lunghi e alla carenza di risorse che frena la possibilità di realizzare nuovi progetti, va anche considerato il potenziale di innovazione quando è il mercato a proporre idee e soluzioni. Certo, non può essere trascurato che la PA deve essere capace di valutare e capire le proposte che sono realmente in grado di generare valore.

 

Il nuovo 193, se utilizzato in modo virtuoso da parte di pubblico e privato, potrà aiutare a far crescere le evidenze del ruolo macro e microeconomico del PPP e a rafforzare le competenze. Tra qualche anno, con un mercato più solido, ci potrà essere una successiva revisione del 193. In fin dei conti, la norma deve essere evolutiva rispetto al mercato.

 

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