
- Data inizio
- Durata
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- 5 mag 2025
- 6 giorni
- Class
- Italiano
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Uno degli elementi di particolare interesse nell’evoluzione della professione di CFO è la sua interazione con le altre funzioni di gestione aziendale, che chiamano in causa le determinanti del ruolo e il loro cambiamento anche in rapporto alle specificità aziendali: settore di attività, dimensione, quotazione o meno. In un business product-based ci sono peculiarità, rispetto a un business service-based?
Ne parliamo con Nicola Dell’Edera, Global CFO di Gi Group – nominato qualche mese fa dall’Associazione Nazionale Direttori Amministrativi e Finanziari (ANDAF) miglior CFO del segmento Elite di Borsa Italiana –, Gruppo che fornisce servizi per lavoro, formazione, orientamento e welfare in 34 Paesi, con oltre 8000 dipendenti.
Quando si parla di missione del CFO oggi a quali elementi-chiave si fa riferimento, anche in rapporto ai diversi business in cui opera l’azienda? Esistono cioè un ruolo-base e diverse interpretazioni del ruolo in funzione del settore in cui si opera?
Penso sia importante premettere che il ruolo di CFO può essere declinato diversamente in rapporto alla singola azienda. In linea generale si può comunque affermare che il CFO va assumendo sempre più un ruolo di partner strategico, senza tuttavia dimenticare la sua funzione «storica»: gestione delle informazioni finanziarie che guidano l’azienda e misurano la sua performance; reperimento delle risorse finanziarie necessarie per la gestione e lo sviluppo del business.
Per contributo strategico deve intendersi il supporto necessario a individuare le capacità differenziali che sono alla base delle scelte strategiche e la misurazione del loro valore sia in termini potenziali che consuntivi. Questo, per esempio, è il metodo di lavoro che sta alla base del ruolo del controller, ma vale anche per le altre attività che rientrano nella sfera del CFO. Anche la produzione di uno statutory report può fare la differenza nella lettura del valore che l’azienda genera, facendo leva sugli elementi di chiarezza, accuratezza e integrità nella rappresentazione della performance aziendali; così come è rilevante tutelare gli asset aziendali che rappresentano la continuità del valore aziendale. Sintetizzando, tornano utili le parole di Bob Shanks, per molto tempo CFO della Ford: «Gestendo un’azienda globale in un mondo in rapida evoluzione, devi essere radicato in tempo reale nell’ambiente esterno, avere completa trasparenza, basarti sui fatti e lavorare con un grande team collaborativo».
Nel suo caso specifico, lei opera in un settore centrato sulla gestione del lavoro come servizio per i candidati e le aziende e peraltro lei stesso ha avuto nel suo percorso professionale esperienze in ambito HR. Qual è dunque l’interazione tra il CFO e le altre funzioni di Top Management Team e ci sono target del CFO specifici rispetto agli altri componenti in ottica di indipendenza del ruolo?
Nel mio caso, il ruolo del CFO è esercitato a livello di holding e, di conseguenza, le attività svolte insieme al mio team hanno un forte tratto strategico sul fronte finance, con la definizione di strumenti, processi, policy e quant’altro necessario al funzionamento del ciclo di business nelle 34 countries in cui è presente Gi Group e nelle diverse unità organizzative che operano a livello centrale nel Gruppo (diciamo il Top Management). Questo non vuol dire non essere operativi: siamo un po’ come il cantiere di un palazzo in costruzione, in cui essere coloro che concorrono allo sviluppo del progetto nel suo complesso, ma anche operai specializzati che lavorano su parte delle infrastrutture che renderanno questa costruzione vivibile ma soprattutto «viva». In tutto questo l’elemento di ascolto dei bisogni aziendali che emergono nelle sue varie aree è un momento di grande rilevanza: il nostro radar deve essere molto sensibile perché spesso le informazioni importanti sono nascoste in un sussurro, non in un urlo. Volendo sintetizzare tutto in una parola, mi piace pensare alla mia funzione come «enabler». È quanto cerchiamo di trasferire ai nostri colleghi.
Dal suo osservatorio diciamo privilegiato, ci sono dinamiche specifiche del mercato del lavoro del CFO rispetto alle tendenze del mercato del lavoro in generale?
Di sicuro rispetto al 2005, anno in cui ho assunto per la prima volta il ruolo di CFO di Gruppo, molto è cambiato e il bean counter di una volta è visto oggi come un partner strategico molto più vicino al business rispetto al passato. C’è comunque un tema su cui sono importanti un’attenzione e un’evoluzione innanzitutto culturale. Il CFO di una società con una governance vicina ai mercati finanziari ha sollecitazioni diverse rispetto al CFO di un’azienda con una solida presenza imprenditoriale. L’indipendenza del CFO per una società che dialoga con il mercato dei capitali è sicuramente un elemento di garanzia per tutti gli stakeholder, in particolare chi investe negli strumenti finanziari emessi sul mercato. Esiste però a volte una forte pressione sulle performance a breve termine che rischia di far perdere la visione di lungo, che invece è la base del pensiero strategico di un’azienda. Invece in un contesto in cui la governance ha un’impronta imprenditoriale, il CFO, pur mantenendo un approccio obiettivo, svolge soprattutto una funzione di supporto al raggiungimento di obiettivi di continuità e solidità. Ciò non significa che un modello sia meglio dell’altro: si tratta di sensibilità diverse che devono essere interpretate sempre e comunque dal CFO con onestà intellettuale e un confronto aperto e chiaro.
Lei ha avuto esperienze anche nel settore IT. Come ha impattato la digital transformation sul ruolo di CFO e, in particolare, che funzione dovrebbe avere il CFO in termini di data control?
La mia esperienza nel settore IT di qualche anno fa ha arricchito la mia cassetta degli attrezzi, facendomi toccare con mano il potenziale di innovazione che è insito nel mondo IT e Digital. E non solo nei processi aziendali, ma anche nell’analisi e utilizzo dell’incredibile numero di informazioni che diventano la base per le decisioni aziendali. Direi che è particolarmente calzante l’immagine del data lake: un enorme bacino in cui si raccolgono dati preziosi che attendono di essere verificati, organizzati in informazioni utili per sostenere sempre più le capacità differenziali nei processi decisionali. Ma questi dati sono anche ricchezza a disposizione dei clienti, tant’è che è ragionevole parlare anche di «monetizzazione» delle informazioni. Su questi temi il CFO deve sviluppare competenze che lo portino a comprendere il potenziale della digital transformation, sia nel suo lavoro sia nella performance aziendale.