Branded World

Premiumization: da brand a Premium Brand

Il titolo del pezzo di quest’oggi riprende quello del corso on-line appena lanciato (venerdì scorso!) dalla nostra Scuola, che ho seguito direttamente e di cui vi trasferisco il “divertente” trailer/teaser realizzato dal LearningLab



Con il consenso personale e dei nostri ospiti, tanti, interessanti e tutti Premium e altresì indirizzati alla Premiumization. Consenso dovuto, perché come vedrete, il breve video (ne abbiamo anche uno più lungo, ma ve lo risparmio!) è ricco di papere (abbiamo selezionato le più “vedibili”) – i cosiddetti errori da un punto di vista manageriale - e di grande autenticità, che devono accompagnare qualsiasi progetto, a maggior ragione se nuovo (nel caso del corso on-line) o se espressione di percorsi, processi e strategie di Premiumization di marca.



Non vuole essere un “vota Antonio” (vi ricordate il film di Toto’…per chi non l’avesse visto, lo dovrebbe fare!), ma una necessaria introduzione al tema, così come non vuole risultare “offensivo” rispetto al periodo, in cui altri argomenti come sicurezza, salute, healthiness, sostenibilità e certezza economica e così via, divengono “più” rilevanti. In realtà, questi ultimi erano e sono già presenti ed evidenti da tempo; ed è proprio questo il motivo della Premiumization che, oltre a fotografare la realtà e presentarci un processo in-itinere e in-divenire, quando non già divenuto, va intesa quale strategia di marca verso cui industry, category, aziende, marche e prodotti, da molti anni, e con sempre maggiore vigore, indirizzano ed hanno indirizzato i propri sforzi.



Premiumization per chi?

Gli albori nell’impiego del termine Premium Brand si ritrovano nell’ampio settore del beverage, sin dagli anni settanta; anzi, a voler essere più precisi, nella categoria degli spirits. Questi ultimi, nel distinguere la propria offerta fatta di brand, prodotti e prezzi - diversi, ed esposti sugli scaffali dei drugstore - sono arrivati persino a distinguere i Brand Premium dai Brand Super-Premium.



E oggi, aziende con portafogli di marca molto focalizzati nel beverage, giusto per citare gli italiani: Campari e San Pellegrino (nella divisione NestléWaters), distinguono i loro brand tra Super Premium, Premium o evidenziano le strategie necessarie ad avviare e sviluppare la Premiumization (Levissima ne è un chiaro esempio di successo). E’ interessante, però sottolineare come, un altro brand nel beverage, Guido Berlucchi, con l’intento di imprimere la brand growth alla propria marca Super Premium (o Luxury), esempio dell’Italian Excellence, ha agito sul proprio portafoglio prodotti per raggiungere segmenti di mercato nuovi e/o differenti. Altrettanto può dirsi di brand appartenenti all’ampio mercato del food, come Rio Mare, che ha avviato un percorso di Premiumization estendendo la marca ben oltre il tonno, oppure Garofalo, capostipite e prototipico della pasta di Gragnano, territorio e luogo di origine di uno degli alimenti che nella piramide alimentare della dieta mediterranea non dovrebbe mai mancare.



Ma oltre al beverage e al food, difficile non pensare a prodotti e servizi alle imprese e alle persone, anch’essi spesso prototipici della categoria e, sovente, “creatori” di quest’ultima, nascendo già Premium come Vespa, lo scooter per eccellenza! Certo le marche sono molte, anzi tante e presenti nelle categorie più diverse: auto, pneumatici, piscine, pannelli truciolari, hotel, resort, gioco e così via. Difficile citarle tutte. Ma tra esse: Mini, ad esempio, è un Premium Brand nel portafoglio di BMW Group; Pirelli, Fluidra, SAIB sono brand noti nel BtoB; QCTerme, Starhotels, Marriot, Hilton - e tanti altri - rappresentano l'esempio di corporate-brand operanti nell’ampio mercato dell’hospitality; sino a giungere al mercato del gioco e dei nuovi sistemi di pagamento di prossimità con SisalPay, brand contemporaneamente operante nel BtoB (basti pensare al segmento delle Tabaccherie) e nel BtoC, cioè raggiungendo noi, clienti finali fruitori di servizi diversi presso le tabaccherie. Nella distribuzione il segmento Premium accoglie al suo interno numerose categorie di prodotti e di marche, dalle medesime marche dell’insegna commerciale – o Premium Private Labels PPLs (Busacca, Bertoli, 2020) - ai brand provenienti dall’industria in grado di fornire ai clienti servizi aggiuntivi (dal monoporzione al "fatto al momento" e tanto altro) e, al contempo, si accresce il peso di format distributivi Premium o di insegne specializzate, ad esempio nella sostenibilità (es. Bio, Natura, etc.) , anch’esse Premium Brand.



Insomma, la lista sarebbe infinita ma ci permette di chiudere questo pezzo con un approccio che speriamo possa chiarire e distinguere la Premiumization dal Masstige e dal Lusso Accessibile termini molto in voga anni or sono, ed ancora impiegati per indicare i “trading-down” avviati sulle marche o su brand/product portfolio nelle category del lusso, ma anche il “trading-up” applicato da quei brand che intendono avviare percorsi di “allungamento” e di posizionamento /ri-posizionamento verso l’alto di marche e prodotti.



Quindi la Premiumization può essere avviata da: "produttori di massa" che hanno agito da sempre sui volumi con strategie volte al perseguimento di economie di dimensione (es. automobili, elettrodomestici, food, FMCG e vari altri beni); "produttori di lusso" che, non volendo rinunciare ai margini, dettati dagli elevati prezzi praticati, osservano la potenzialità del trading-down quale opportunità per raggiungere i maggiori volumi di vendita indirizzandosi ad una classe media in crescita (la Cina continua a crescere sia in termini di spesa sia di volontà di accedere ai beni di fascia alta) e avvicinandosi sempre di più alla aspirational consumption proveniente dalla classe BoP – Bottom of Pyramid (Srivastava et al. 2020). Così facendo si verrebbe a colmare il divario - spesso molto ampio - esistente nei prezzi praticati agli estremi del continuum tra livelli dei prezzi del mercato di massa e quello del lusso.



Premium Brand e Premiumization: so what?

Un brand premium, per poter essere definito tale, deve essere di qualità eccellente (un livello più elevato rispetto al resto della loro categoria), formato da prodotti e servizi di qualità, con prestazioni ottime, che siano in grado di provocare eccitazione attraverso elmenti come qualità di materie prime,  ingredienti, imballaggi; soprattutto perché i consumatori - “più sofisticati, attenti alla sostenibilità, informati, giovani o giovanili” - che in realtà non hanno "bisogno" di nulla e, quindi, non sono più "in balìa" del produttore – ricercano un appagamento intellettuale, emotivo, edonistico nella every-day-life e non possono accontentarsi di beni, servizi e soddisfattori "mediocri". I consumatori moderni hanno il potere di acquistare, le conoscenze per selezionare e sono in grado di scegliere le offerte che preferiscono. C'è uno "spostamento di potere" dal produttore al consumatore e di un nuovo dominio della domanda rispetto all'offerta. Prodotti e servizi, vanno innovati e rinnovati di continuo, perché devono rappresentare il “plus-per-premium”, in quanto più difficili da creare, rispetto ai beni convenzionali/di base, e più difficili da imitare. Per questi ultimi i consumatori sono disposti a pagare un premio di prezzo, anche sostanziale, perché beni, servizi, marche sono in grado di fornire esperienza continua quale vantaggio chiave. A ragione del fatto che i consumatori moderni si “concedono” il tempo e la possibilità di godersi il piacere, valorizzandolo attraverso un appagamento  ottenuto e ottenibile attraverso i vari e diversi canali da cui vengono raggiunti, sia con una più efficiente e qualificata qualità distributiva sia con una più efficace, partecipativa, aspirazionale ed edonistica qualità contenutistica della comunicazione. In un mercato in continuo cambiamento i brand devono quindi essere gestiti in modo strategico e dinamico tanto da riuscire a connettersi con il consumatore a livello emotivo, garantendo che quest'ultimo tragga piacere dall'esperienza e in ogni incontro con la marca. I consumatori moderni partecipano attivamente alla creazione dei beni che desiderano, perché questo gli provoca piacere.



La Premiumization deve rappresentare il ponte ideale per raggiungere una posizione di Brand Premium rispetto ai brand ed ai prodotti più "ordinari", sovente indifferenziati (oppure unbranded) o, comunque, scarsamente differenziati. Pertanto è insito in essa il percorso, il processo cui la marca deve tendere nel costruire, manutenere e consolidarsi quale Premium Brand.

 

Approcci consigliati?

Principalmente tre da considerare in modo congiunto, mai disgiunto! 



  1. Outside-in, che richiede quale pillar fondamentale la Customer Centricity e i relativi processi di scelta all’interno di category o sub-category;
  2. Inside-out, con focus all'interno dell'azienda e, in specifico, al portafoglio di marca o al portafoglio prodotti della marca nonché al ruolo assunto da marche e prodotti all’interno;
  3. Inside-Outside, “giusto” per non dimenticarsi del business (!!), avendo come riferimento sintetico-operativo: la quota di mercato quale indicatore competitivo. 

Benvenuti nella Premiumization, per un "mercato di mezzo" sempre più "ricco" (non necessariamente economicamente parlando) e sofisticato.

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