Branded World

“Made in”: tra COO e ROO

E’ ben noto come la realizzazione di alcuni prodotti venga associata a paesi rinomati per la loro tradizione produttiva: il caffè colombiano, i sigari cubani, il cioccolato svizzero, i profumi francesi, il design italiano, le macchine utensili tedesche, l’elettronica giapponese e così via. Ed è altrettanto noto come diverse marche siano riuscite a creare un significativo elemento di differenziazione anche attraverso l’associazione con il paese di origine.

E’ opportuno considerare l’influenza del paese d’origine sulle percezioni dei consumatori, in quanto l’immagine del paese, riflettendosi su quella dei prodotti e dei brand, è in grado di influenzarne conseguentemente il comportamento di acquisto. Fenomeno quest’ultimo che prende il nome di Country of Origin effect, tema ampiamente studiato negli anni.

COO

Sostituto di informazioni

Il paese d’origine può assumere la funzione di sostituto di informazioni perché, nel caso in cui il consumatore non abbia mai sperimentato il prodotto o la marca, provenienti da un determinato luogo, e non ne abbia quindi una conoscenza diretta, riconosce nel paese d’origine e nella sua immagine il driver su cui basare le sue convinzioni relative agli attributi del prodotto. E proprio queste ultime conducono il consumatore a sviluppare un atteggiamento (positivo/negativo) nei confronti del prodotto e del brand. Tale effetto del COO viene denominato halo construct o effetto alone.

 

Ad evidenza, il “Made in Country Index” - un’indagine condotta da Statista nel 2017, rivolta a 43.043 rispondenti-consumatori mondiali e volta a valutare un set di dieci attributi attraverso il paese d’origine dei prodotti – ha evidenziato che i beni prodotti in Italia (connotati e altrettanto spesso denotati dal “Made in Italy”) sono solitamente classificati tra i migliori al mondo grazie, in particolare, al design e all’unicità che li contraddistingue. L’analisi svolta si fonda proprio sul principio che, in assenza di informazioni sul prodotto/marca, i consumatori valutano la qualità di un prodotto attraverso le percezioni associate al paese produttore. L’immagine del paese, riflettendosi su quella dei prodotti, sarebbe così in grado di influenzare il comportamento di acquisto dei consumatori.

 

A conferma di ciò, alcuni giorni fa, durante un incontro “in distance” con circa settanta manager russi, chiedendo loro che idea avessero dei prodotti italiani mi è stato confermato che gli elementi  associati ai brand italiani erano: design, bellezza e originalità; fattori questi ultimi che, a loro avviso, conferiscono ai nostri prodotti unicità.

COO

Sintesi di esperienze

Ma il paese d’origine può anche assumere la funzione di sintesi di esperienze: nel caso in cui i consumatori abbiano accumulato esperienza di consumo dei prodotti provenienti da un determinato paese, la passata esperienza fa maturare le convinzioni sugli attributi di prodotto/brand di quel paese alimentando l’immagine del paese, da cui si deriva  l’atteggiamento esteso o estendibile a tutti i prodotti e ad altri brand provenienti da quel paese. Da ciò la denominazione di effetto sintesi o summary construst, perché i giudizi positivi maturati trovano la propria “sintesi” nell’immagine del paese dal quale provengono i prodotti acquistati.

Tra i manager russi - poc'anzi menzionati - ben il 60% aveva direttamente sperimentato prodotti e/o brand italiani e, tra essi, questi utimi appartenevano alla ampie category del design e della moda, mentre il restante 40% non aveva mai esperito il consumo di prodotti o brand italiani.

 

Si può, quindi, facilmente dedurre che i primi (la maggioranza) avevano sviluppato un effetto sintesi, connesso sicuramente all'apprezzamento nei confronti di brand e prodotti "Made in Italy",  mentre i secondi risentivano del cosiddetto effetto alone, connesso al riconoscimento dell'immagine del paese di origine quale criterio base per le convinzioni sugli attributi di marca o prodotto.

 

 

E’ ovvio, quindi, che si faccia ricorso al COO e al “Made in Italy” per brand con un forte orientamento internazionale e all’interno di category in cui il Paese di origine costituisca - e sia in grado di costruire - un effettivo elemento di distinzione. Facendo attenzione, ovviamente, di “non cascare” negli stereotipi (di paese) ampiamente diffusi a livello internazionale.

ROO

So what?

Verso la fine del XX secolo, dopo anni di studi e ricerche sugli effetti del Country of Origin, prende piede un nuovo fenomeno: il Region of Origin.


Il ROO ha iniziato a creare hype tra i marketers da quando imprese di piccole/medie dimensioni operanti principalmente nei settori food e beverage hanno iniziato a spostare l’attenzione dal Country of Origin al Region of Origin, utilizzando l’area di produzione come strumento di promozione dei propri prodotti. Questo perché l’origine, però, non si riferisce solo al Paese/lStato, ma se ne può valorizzare  anche l’associazione a un’area geografica più circoscritta, in specifico una singola regione (ROO). Purché quest’ultima abbia consapevolezza e possibilità di significazione per il consumatore.

 

Non sorprende che il ROO venga spesso utilizzato per la promozione di categorie di prodotti come vino (o altre bevande alcoliche) o alimenti (ad esempio i formaggi), in cui gli attributi del prodotto sono incorporati il più delle volte in uno specifico territorio. Specialmente il vino che, per antonomasia, è un prodotto legato al territorio e ad una specifica regione (Chianti, Primitivo, ecc) .

 

Le ragioni sottostanti alla necessità di focalizzarsi su ROO, e non solo COO, sono da imputare a due linee di pensiero:

  1. la consapevolezza che  alcune regioni si presentino maggiormente omogenee per diversi fattori (ambientali, naturali economici e sociali) rispetto ad un’intera nazione, purché poi a livello internazionale implichino la familiarità che si è stati in grado di sviluppare circa la “specializzazione” della regione (basti pensare ai distretti industriali rappresentati da alcune regioni: Marche, Veneto,  Puglia ecc, per alcune categorie merceologiche) in cui gli italiani hanno sempre rappresentato un punto di riferimento indelebile (Beccatini, 1998)
  2. la potenzialità del mercato domestico, quale potenziale mercato di sbocco in cui l’ROO rappresenta per alcuni prodotti l’elemento di distinzione e di differenziazione, non solo nei mercati internazionali, ma anche in quelli domestici.

Le regioni possono rappresentare un PoD – Point of Difference – sia per differenziarsi dalla concorrenza tra prodotti locali provenienti da altre regioni, sia per la concorrenza più in generale. Sarà compito dei marketers saper utilizzare questo asset.

 

A questo punto, perché non aggiungere anche le località di origine - né in termini di COO e neanche di ROO - ma di luogo o città? Del resto non sono poche le marche che sottolineano la propria località di origine - Prada (Milano), Marinella (Napoli), Hermès (Paris), Church’s (Northampton, England), Bulgari (Roma) - e potremmo dire ormai da tempo. 

 

Come dire che le origini hanno sempre un "perché"! 

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