#ValorePubblico

Le “competenze trasversali” nei concorsi fanno più paura del Coronavirus

Mentre cercavo di capire quali fossero i dettagli delle novità introdotte in punto concorsi dal c.d. Decreto Cura Italia, mi sono imbattuta nelle polemiche che ha suscitato l’invito (tutt’altro che nuovo, tra l’altro) a valutare anche le c.d. soft skills nei concorsi. Sono sorti addirittura dei comitati online per contrastare questa temibile iniziativa. In poche righe, perché queste paure sono infondate e anche pericolose.

 

Le novità in punto concorsi introdotte dalla normativa d’emergenza sono poche, a dire il vero. I concorsi, si sa, sono stati sospesi per evitare assembramenti. Pertanto, occorre trovare vie nuove, se non vogliamo tenerli bloccati fino a data da destinarsi (proprio ora che stavano ripartendo). Neanche a dirlo, anche qui la possibilità di digitalizzare un pezzo di processo rappresenta non solo una valida soluzione, ma anche un’interessante opportunità per velocizzare i tempi di correzione delle prove. Il DL 18/2020 (convertito in legge n. 27/2020) introduce, infatti, la possibilità di sperimentare fino alla fine dell’anno modalità informatizzate di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni. Ci voleva il Coronavirus, verrebbe da aggiungere, anche in questo caso. Fino a qui poche preoccupazioni, se non di natura tecnica. Quello che ha fatto scatenare alcuni autodefiniti “concorsisti” è l’auspicio – perché per ora di questo si tratta – che “si provveda ad aggiornare la disciplina regolamentare vigente (…) Le procedure concorsuali sono volte a valorizzare e verificare anche il possesso di (…) competenze trasversali tecniche e attitudinali, ivi incluse quelle manageriali per le qualifiche dirigenziali (…)” (art. 74, comma 7-ter).

Le ragioni dell’Nsimo comitato del NO

I “concorsisti”, ovvero i professionisti dei concorsi, quelli che hanno per missione l’accesso all’impiego pubblico, no matter what, no matter where, dicono che queste competenze trasversali nei concorsi non vanno bene affatto perché:

  1. Temono che queste fantomatiche soft skills non si possano valutare in maniera trasparente;
  2. Temono che siano troppo discrezionali;
  3. Temono di non possederle, se non hanno esperienza di lavoro;
  4. Anzi, no, un’attitudine l’hanno dimostrata di certo (dicono loro): il possesso della capacità di organizzare il proprio tempo (?!) e di comunicare in maniera efficace (…).

E, quindi, propongono di risolverla con un bel quizzone. Magari come quelli della patente modello RIPAM, in cui sono estratti a sorte quesiti già pubblicati. Così possiamo anche accertarci che i candidati abbiano anche eccellenti competenze mnemoniche. Fondamentali ai tempi di internet in ogni dove.

I “concorsisti”, ovvero i professionisti dei concorsi, quelli che hanno per missione l’accesso all’impiego pubblico, no matter what, no matter where

La scemenza della scarsa oggettività e trasparenza della valutazione delle soft skills

Se mi chiedessero di fare gli esami di diritto amministrativo, non saprei da che parte cominciare. So essere “oggettiva” – so esplicitare i criteri e gli standard attesi, so comparare prove diverse, so argomentare il merito e il metodo delle mie decisioni – se devo costruire una prova di esame (scritta, orale, di gruppo, etc…) che riguarda la mia disciplina, il management pubblico. Ebbene, esiste una disciplina che si chiama Psicologia del Lavoro che da svariati decenni – e proprio prendendo le mosse da contesi di area pubblica, come le selezioni dei vertici militari – ha sviluppato e sofisticato svariati strumenti di indagine affidabili e scientificamente fondati per misurare variabili legate alle attitudini e ai comportamenti organizzativi. La cosa incredibile è che in questo campo esistono standard internazionali definiti in maniera straordinariamente più ‘oggettiva’ di quanto non si sia mai fatto per decidere cosa sia un buon compito di diritto amministrativo. In sostanza, basterebbe cominciare – come fanno già in tanti – includendo nelle commissioni di concorso professionisti esperti, che siano in grado di costruire prove coerenti con l’oggetto di indagine. Cosa che già accade praticamente in tutte le amministrazioni pubbliche di paesi con regimi liberali e democratici, a partire dal Concorso Pubblico per lavorare nella Commissione Europea.

In tutte le amministrazioni pubbliche di paesi con regimi liberali e democratici le selzioni guardano anche alle soft skills, a partire dal Concorso Pubblico per lavorare nella Commissione Europea.

La confusione regna sovrana: non tutti i concorsi sono uguali, non tutti i profili richiedono le stesse competenze, il pubblico è diverso dal privato.

Competenze manageriali, comportamenti organizzativi, attitudini, talenti… Occorre forse un post ad hoc per provare a fare ordine tra questi concetti. In questa sede basti registrate la grande confusione che regna al tal riguardo. Tranne nel caso de Corso Concorso della SNA, non esiste concorso dirigenziale che recluti dei ‘novizi’. Se (come meglio articolato qui) il bacino di reclutamento classico della dirigenza è quello dei funzionari – che già hanno passato un concorso per diventare tali – è ragionevole o no prendere in considerazione come i candidati sanno stare nell’organizzazione, come sanno guidare altre persone verso il raggiungimento di obiettivi sfidanti, come sanno motivare, gestire conflitti, etc…? Diverso il concorso per funzionari, che idealmente dovrebbe reclutare le giovani leve. Ma persino un giovane candidato ad un corso di laurea ha un profilo attitudinale piuttosto consolidato. Non a caso i test attitudinali sono così diffusi anche nelle università: esiste una larga letteratura che dimostra correlazioni positive tra alcuni di questi test e le performance successive dei candidati. Non stupisce nessuno, ad esempio, che per entrare nelle forze armate si utilizzino strumenti psicometrici volti a valutare anche le giovani reclute. Certo, serebbe necessario partire col definire quali sono le competenze trasversali rilevanti e molti paesi lo hanno fatto, come nel caso dell’EU Competency Framework. Inoltre, proprio la letteratura di Management Pubblico ha dimostrato che vi sono delle specificità del comportamento organizzativo, delle competenze gestionali e della leadership in ambito pubblico che devono essere considerate: si suggerisce, pertanto, di evitare modelli di competenza validati nelle banche o in corporation private. Ora che avete scoperto che l’epidemiologia non coincide con la virologia, sappiate anche che il Public Management non coincide con il Business Management.

Vi sono delle specificità del comportamento organizzativo, delle competenze gestionali e della leadership in ambito pubblico che devono essere considerate

La posta in gioco: il profilo della PA di domani dipende dai concorsi di oggi

Degli argomenti del “folto gruppo di concorsisti”, mi colpisce la loro motivazione: “ci unisce la granitica volontà di tutelare il nostro diritto di partecipare a concorsi equi, trasparenti e non discriminatori”. Posto che nessuno vuole concorsi iniqui, opachi e discriminatori, mi piacerebbe che i “concorsisti” fossero animati non solo dalla tutela del loro privatissimo, per quanto legittimo, interesse, ma anche dall’interesse pubblico: la collettività ha diritto a vedere assumere come personale dell’Amministrazione Pubblica i candidati più adatti al ruolo, più capaci di raccoglierne la sfida, più motivati a fare dei nostri servizi pubblici un’occasione di rilancio, sviluppo economico, emancipazione sociale. Per il Paese. Non solo per vincitori ed idonei al concorso in questione. Oggi gli strumenti di selezione tradizionale reclutano soprattutto quelli con più tempo per mandare a memoria quintali di tomi. Risorsa, per altro, distribuita in maniera tutt’altro che equa tra funzionari impegnati in mansioni ad alta responsabilità e chi – invece – ha modo di studiare anche nell’orario di lavoro. Questo è iniquo, discriminatorio e pericoloso, perché aver studiato tanto non significa essere adatti al ruolo. Magari sì, ma del tutto casualmente. Invece, mai come di questi tempi abbiamo bisogno di persone visionarie, coraggiose, responsabili, innamorate dei loro servizi, capaci di buttare il cuore oltre l’ostacolo. E, per fortuna, grazie al lavoro che faccio ho il privilegio di conoscerne tanti di dirigenti e funzionari così, nonostante i sistemi con cui sono stati selezionati. Ecco, dobbiamo diventare più bravi a cercare e fare crescere proprio loro. A questo serve, ripensare i concorsi.

 

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Abbiamo bisogno di persone visionarie, coraggiose, responsabili, innamorate dei loro servizi, capaci di buttare il cuore oltre l’ostacolo. Ecco, dobbiamo diventare più bravi a cercare e fare crescere persone così.

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