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Doomscrolling

Giorni fa mentre pensavo a un argomento per il pezzo del venerdì (!), le riflessioni si sono indirizzate verso questo tema che, seppur apparentemente distante dal brand, accoglie alcune indicazioni connesse a atteggiamenti, comportamenti, reazioni e potenziali difese che gli individui e i consumatori possono attivare a fronte di real-time o agile marketing, nonché delle attività svolte anche dai brand. Ma non solo!

Ci concentriamo quindi sul doomscrolling, tema sollecitato da un articolo di attualità e che mi è sembrato interessante, rimandando a un altro pezzo di SDAInsight per approfondimenti sul tema del management della comunicazione: “Le buone prassi di comunicazione in tempo di crisi” le buone prassi di comunicazione in tempo di crisi

Partiamo dal Doom e dal suo immaginario: il “naming” ha sempre un perché!

La parola originariamente si riferiva a una legge o a un’ordinanza (in Inghilterra) e in seguito a una specie di giudizio. Il Doom è stato quindi riferito al Destino di un individuo verso il quale sono tutti diretti…in qualche modo. Ma il Doom nell’immaginario non è stato sviluppato con associazioni positive, tipiche del concetto di Provvidenza, ma è stato connotato il più delle volte in modo negativo, associandolo al male e all’oscurità, tanto da essere impiegato per i nomi di carachter - di solito antagonisti dei buoni - come: a) Judge Doom (di “Chi ha ammazzato Roger Rabbit”), b) il Dottor Doom (cattivo e terribile), contro cui lottavano “I Fantastici 4” (Mister Fantastic, la Donna Invisibile, La Torcia Umana e La Cosa), nel film di Marvel (2005) diretto da Tim Story e basato sull'omonimo fumetto della Marvel Comics; o anche nei film c) Il titolo di uno dei film della saga di Indiana Jones:  “Temple of Doom.”




Doomscrolling vs. Doomsurfing: cioè?

E’ chiaro quindi che non sono parolacce!

Alcuni le avranno sicuramente sentite, ma altri (ammettiamolo pure, i più!) non è detto che le abbiano mai sentite, benché ne abbiano pienamente sfruttato le potenzialità, soprattutto negli ultimi tempi.

 

Doomscrolling è stata menzionata per la prima volta su Twitter nel 2018, ed è il termine, divenuto ormai popolare, che descrive, in senso lato, la lettura ossessiva delle notizie (per molti, oggi, scatenata dalla paura e dall'ansia) e, in senso stretto, il concetto si riferisce più specificamente allo scorrimento veloce dei feed e delle informazioni dal mobile. Che si stia scorrendo il social media preferito, come Facebook, Twitter, Linkedin o Instagram, o semplicemente si stiano seguendo le notizie sul Web oppure consultando la fonte giornalistica preferita, si tratta sempre di doomscrolling. Quest’ultimo non è specifico di una piattaforma e le sue radici si estendono oltre il web o il digital e si riferiscono a cicli di notizie, trasmissioni e telegiornali in chiaro o in scuro, criptate o libere, via cavo o via satellite, 24 ore su 24, in un ciclo infinito. E’ l’attitudine verso queste informazioni – lato individui - che fa la differenza!

 

ll “cugino-primo” del doomscrolling è il doomsurfing termine di fine anni 2000, quando è stato impiegato con riferimento al gioco Dino Run. Quest’ultimo è un gioco di per sé semplice: il giocatore interpreta un giovane dinosauro (Dino), che persegue la missione di correre più veloce che può per sfuggire al buio e nero Destino (Doom) di morte; l’unico modo per scampare a quest’ultimo, guadagnando punti e trofei, è per l’appunto il doomurfing. Obiettivo di Dino: schivare il Muro del Destino (Wall of Doom), un muro distruttore, solido e nero, creato dall'impatto dell'onda d'urto infuocata dell'enorme meteorite atterrato, sin dal primo livello del gioco.

 

Doomscrolling e Doomsurfing sono divenuti dei “nuovi termini” che si riferiscono alla tendenza a continuare a leggere, navigare o a scorrere le cattive notizie, anche se queste sono tristi, scoraggianti o deprimenti. E’ chiaro il collegamento agli ultimi tempi! Al punto che un reporter del Los Angeles Times ha incluso il doomscrolling in un recente articolo, evidenziando come  il coronavirus abbia introdotto un nuovo lessico di parole nella nostra vita quotidiana; e un giornalista del Times lo ha descritto come "un'eccessiva quantità di tempo, spesa sullo schermo del mobile e dedicata all'assorbimento delle notizie distopiche".

 

Ma Doomscrolling e Doomsurfing…perché oggi?

Molte persone si ritrovano e si sono ritrovate a leggere avidamente e continuamente le cattive notizie sul COVID-19 senza concedersi la possibilità di fermarsi o fare un passo indietro. Infatti, ciascuno di noi è stato letteralmente rapito dal doomscrolling, trascorrendo ore ed ore guardando e leggendo i numerosi aggiornamenti; al punto che sono state ricorrenti frasi  come: “Caspita…sono già le due, e non me ne sono accorta!”, oppure “No, mi sono persa…il bollettino, stasera” e tante altre del medesimo tenore.

 

Durante periodi di crisi e di incertezza, è naturale guardare ai media per ottenere ulteriori informazioni, ciò include sia i media tradizionali sia i social media. In generale, si presta maggiore attenzione alle notizie, perché si cercano delle risposte e si cerca di trovare quell'informazione in grado di chiarire tutto. Per cui, nonostante molte notizie siano cattive o negative, si continua a scorrere, a leggere articolo dopo articolo, incapaci di allontanarsi dalle informazioni che comunque recano sofferenza. Spesso, poi, le piattaforme sociali, decontestualizzate, trasferiscono frammenti informativi modellati sul modo in cui si interagisce con esse. Quindi più si “scrolla” e si naviga e più si riceve su quell’argomento: una never-ending story. Purtroppo però quest’ultima sovente non è una vera e propria narrative on-demand a cui, nel bene o nel male, si è abituati. Spesso non c’è un arco narrativo e, al di là dell’algoritmo che muove verso il target, non vi è altrettanto spesso particolare attenzione alla trama e alle emozioni che pezzo dopo pezzo si costruiscono (https://www.sdabocconi.it/it/sda-bocconi-insight/video-branding-branded-entertainement-chi-piu-ne-ha-piu-ne-metta). Sembrerebbe che l’unico obiettivo cui tendere per soddisfare il desiderio del pubblico di ottenere maggiori informazioni sia di trasferirle e renderle effettivamente disponibili nonostante il consumo eccessivo…da cui il doomscrolling. Utile osservare che in Usa, se il doomscrolling ha rappresentato il mezzo per cercare informazioni durante i primi giorni della pandemia, ha assunto un significato diverso durante le ultime settimane di proteste con Black Lives Matter, divenendo quasi una molla all’inedia del periodo precedente.

 

Una domanda sorge spontanea: ma se e come difendersi da doomscrolling e doomsurfing?

Mi sembra di ritornare indietro nel tempo e di sentire la mia mamma ripetere frasi che poi, inevitabilmente ho ripetuto ai miei figli! Sintetizzo solo alcune evidenze:

 

  • Porre un limite. Limitare la quantità di tempo che si trascorre a scorrere le notizie, selezionando non più di tre o quattro momenti al giorno da dedicare al doomscrolling, nonché disconnettersi volutamente. Una reporter di Quartz, Karen Ho, ha pubblicato periodicamente un promemoria su Twitter, spesso tra le 23:00 e l'una di notte, in cui suggeriva che per smettere di fare il doomscrolling l’unica possibilità era di andare a letto (Business Insider, 14 aprile 2020).
  • Divenire ricercatori attivi. Concedersi delle pause nel ricercare “attivamente” contenuti che facciano ridere e diano gioia, non distogliendo l’attenzione, ma semplicemente distogliendosi dai comportamenti apatici e/o compulsivi. E scegliere narrazioni semplici che aiutino effettivamente.
  • Scegliere la fruizione. Selezionare altri mezzi, ad esempio ricevendo le notizie dalle newsletter e non solo dai social media o usare i promemoria giornalieri di doomscrolling che aiutino a ricordare che si possono sempre guardare i contenuti in un altro momento.

E’ inutile aggiungere che tra comunicazione, doomscrolling e doomsurfing, audience e consumatori il brand ha un importante ruolo nell’aiutare le persone a superare la crisi quando attento alla gestione di modalità , forme, tempi, canali - siano essi social o tradizionali – e inevitabilmente contenuti.

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