#ValorePubblico

Che valore pubblico produce la Scuola via web?

La politica di distanziamento sociale sta trasformando radicalmente l’operatività di molti servizi, privati e pubblici. Tra quelli più gravemente impattati dal lockdown in corso vi sono certamente i servizi educativi e tutto il mondo della Scuola. Questi primi esperimenti sono molto interessanti sotto vari profili. Ai fini di questo blog, dedicato alla creazione di valore pubblico, ci interessa analizzare come stanno reagendo le istituzioni scolastiche alla crisi, perché questo ci dice molto di come interpretano il loro ruolo e il senso del loro servizio.

Qual è il ‘prodotto’ della Scuola, in tempi di emergenza?

A scuola, la strategia di ‘recovery’ dominante è stata finora piuttosto chiara: assicurare la “business continuity” trasferendo online le attività didattiche, per garantire il rispetto di obiettivi e tempi del POF (piano offerta formativa). Attorno a questa nuova missione stanno nascendo esperienze molto interessanti e innovative, scambi di buone pratiche, community virtuali di mutuo aiuto. Ed è davvero meritevole di ammirazione lo sforzo di tutti – insegnanti, allievi e genitori – che stanno rendendo possibile questa trasformazione. Ma tutti sappiamo che ci stiamo perdendo qualcosa. Che la Scuola non è ‘solo’ questo. Non abbiamo la risposta, ma riflettere su che cosa manca a questa Scuola improvvisamente digitalizzata ci aiuta a meglio mettere a fuoco il valore pubblico di questo servizio in tempi ordinari.

La Scuola come luogo di inclusione, attraverso la relazione con l’insegnante

La prima cosa che manca è che la web-scuola non arriva a tutti e drammaticamente rinforza ed amplifica le differenze socio-economiche e culturali delle famiglie. Non si tratta solo della disponibilità dei mezzi digitali (un computer o altro dispositivo e un accesso ad internet), ma anche dell’accesso a quello che per molti bambini (il World Food Program stima siano 364 milioni nel mondo) rappresenta l’unico pasto nutriente della giornata, e della presenza di figure adulte disponibili a farsi da tramite. Se pure regalassimo un tablet a tutti i nostri scolari, basterebbe come garanzia di accesso universale all’istruzione d’emergenza, senza un adulto che guida e accompagna il bambino nell’apprendimento? Questo adulto difficilmente può essere l’insegnante virtuale, come da invito di una recente circolare ministeriale, tanto più se gli studenti sono piccoli e poco autonomi nello studio. Questo dato rischia di rendere la scuola d’emergenza poco inclusiva e persino segregante, se non si agisce con un supporto più deciso verso quei genitori che stanno avendo più difficoltà e con una gestione non burocratica della relazione con le famiglie.

Non si tratta solo della disponibilità dei mezzi digitali, ma anche dell’accesso a quello che per molti bambini (il World Food Program stima siano 364 milioni nel mondo) rappresenta l’unico pasto nutriente della giornata, e della presenza di figure adulte disponibili a farsi da tramite. Questo adulto difficilmente può essere l’insegnante virtuale

La Scuola come palestra di competenze sociali, attraverso lo scambio tra pari

Secondo, nella scuola dell’emergenza manca l’interazione sociale. Se c’era una cosa di cui i bambini nati in questo millennio non avevano bisogno erano più ore davanti ai dispositivi elettronici. Se c’è una cosa di cui i bambini di ogni epoca hanno bisogno è giocare coi loro pari in carne ed ossa. In Italia il 46,5% delle famiglie ha un solo figlio (Istat, 2019), pertanto in circa la metà delle famiglie ci sono bambini che da circa un mese stanno solo con adulti. Nel modello sociale in cui viviamo la Scuola è il principale canale di accesso alla vita sociale dei bambini. A questo bisogno la Scuola d’emergenza non risponde: la già citata circolare ministeriale nemmeno tratta il tema. L’interazione proposta e incoraggiata è tutta docente-centrica. Siamo certi che nel ridisegno del servizio in corso non si possano rimodulare e incoraggiare spazi di collaborazione in piccoli gruppi di pari?

Quello che manca rivela un pezzo cruciale del valore pubblico della Scuola

L’elenco potrebbe continuare ancora, non già con l’obiettivo di rimarcare i limiti della gestione dell’emergenza scolastica, che sta dando prova di straordinaria resilienza. Quanto, piuttosto, perché questa crisi ci regala l’occasione di capire meglio il valore pubblico che la migliore Scuola crea per gli studenti, le famiglie e la società nel suo insieme: non è solo istruzione in senso stretto, ma anche un tempo ed uno spazio protetto e stimolante dove stare mentre i genitori vanno a lavorare; un luogo dove imparare a costruire relazioni sociali ed affettive, gestire conflitti, frustrazioni, delusioni, successi; uno spazio di confronto con modelli adulti complementari a quelli familiari; per alcuni anche un pasto completo almeno una volta al giorno, e così via. Aspetti che sembrano secondari per le modalità con cui le istituzioni scolastiche tradizionalmente identificano il proprio mandato (anche in virtù del sistema di incentivi e tensori cui sono sottoposti da almeno un decennio), ma che forse sono un pezzo decisivo dell’esperienza scuola. Da non lasciare al caso. Anche (soprattutto?) in tempi di emergenza.

Non è solo istruzione in senso stretto, ma anche un tempo ed uno spazio protetto e stimolante dove stare mentre i genitori vanno a lavorare; un luogo dove imparare a costruire relazioni sociali ed affettive, gestire conflitti, frustrazioni, delusioni, successi; uno spazio di confronto con modelli adulti complementari a quelli familiari; per alcuni anche un pasto completo almeno una volta al giorno.

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