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Il performance management nella PA italiana: incompiuta o variazione sul tema?

Il tema della misurazione e valutazione della performance, in ambito pubblico, sembra essere riconosciuto in maniera diffusa e consistente. Tuttavia, la sua applicazione varia in misura rilevante in ragione della sensibilità dei singoli interpreti, con il rischio di assistere, talvolta, a uno stravolgimento degli obiettivi originari

Le domande

A lungo si è ritenuto che nel settore pubblico, a differenza che nelle imprese private, fosse difficile – se non impossibile – misurare la performance. Questo a causa dell’assenza di finalità di profitto e di meccanismi di mercato, oltre che della natura programmatoria e immateriale di molte attività delle organizzazioni di pubblico interesse. Tuttavia, a più di dieci anni dall’entrata in vigore del D. Lgs. 150/2009 («decreto Brunetta»), l’utilità della misurazione e valutazione della performance pubbliche sembra largamente riconosciuta, tanto da non poter più essere messa in discussione, almeno tra gli addetti ai lavori. Ma è davvero così? E chi sono gli «addetti ai lavori»? Ma soprattutto, che cosa significa «utile»?

 

La misurazione delle performance della PA serve interessi estremamente vari e differenziati: la politica, il management, i dipendenti pubblici, gli utenti. Misurare la performance serve ai politici per avere informazioni attendibili per definire le strategie, individuare le priorità e allocare di conseguenza le risorse pubbliche. O, nella peggiore delle ipotesi, per legittimare a posteriori il proprio operato. Al management per interpretare la dinamica dell’azione amministrativa e applicare i necessari correttivi: in altre parole, per prendere decisioni sulla gestione. Ai dipendenti pubblici per orientare il proprio lavoro in coerenza con gli obiettivi generali dell’organizzazione e – in una prospettiva più elevata – per esplicitare l’orizzonte di senso del proprio impegno quotidiano. Ai cittadini e agli utenti dei servizi per poter apprezzare la qualità delle prestazioni erogate e il buon uso delle risorse.

 

Che misurare la performance in ambito pubblico sia utile rimane però da dimostrare. Proviamoci, concentrandoci sui manager. Al di là del vincolo normativo (che rende la misurazione obbligatoria, ma nulla dice sulla sua utilità), come ha ben evidenziato Raffaella Saporito in un suo recente contributo , bisogna considerare altri vincoli che modellano e restringono lo spazio possibile delle decisioni manageriali: vincoli contestuali (le relazioni istituzionali), vincoli negoziali (la composizione degli interessi non convergenti) e, soprattutto, vincoli informativi (legati alla capacità di utilizzare coerentemente le informazioni a disposizione). Sulla natura di questi ultimi è sufficiente ricordare che anche in contesti che crederemmo guidati da logiche strettamente razionali (come per esempio i mercati e le professioni altamente specializzate come la medicina), le scelte degli individui scontano necessariamente il «fattore umano» e sono esposte alla naturale tendenza a incorrere in errori legati alla limitata capacità cognitiva di gestire grandi quantità di informazioni. In alte parole, dal momento che non siamo dei robot, il tema dell’utilità della misurazione ha strettamente a che fare con la sua necessità: il rapporto tra la quantità e la complessità delle informazioni, da un lato, e la capacità di processarle, dall’altro, rende indispensabile per il management fare ricorso a strumenti di orientamento delle scelte.

 

Il tema dell’evidence-based management, lungi dal voler sollevare i manager pubblici dagli inevitabili rischi legati alla necessità di prendere decisioni a fronte di sfide complesse, al contrario evidenzia la natura del lavoro manageriale come esercizio del binomio discrezionalità/responsabilità. In questa prospettiva, le informazioni di performance non dovrebbero servire a ridurre lo spazio decisionale, instradando i processi decisionali sulla base di assunti predeterminati; piuttosto, dovrebbero fornire ai decisori alcune informazioni ritenute di particolare rilievo per interpretare i fenomeni chiave della vita organizzativa e decidere, di conseguenza, quali azioni intraprendere.

 

Ma – al di là di ciò che dovrebbe essere – qual è il reale stato del performance management nella PA italiana?

 

Il lavoro sul campo

A partire da alcune domande poste ai partecipanti (una cinquantina di manager pubblici) di alcune iniziative di formazione di SDA Bocconi School of Management (tra queste l’Executive Master in Management delle Amministrazioni Pubbliche-EMMAP e il corso di perfezionamento per i manager delle Aziende Casa-Casamanager), abbiamo provato a indagare le principali finalità che vengono attribuite alla misurazione e valutazione della performance nel settore pubblico (Figura 1). Nel 78,8 per cento dei casi questi vengono utilizzati per la determinazione della premialità; in seconda posizione, con grande distacco (34 per cento), per comunicare obiettivi e priorità al personale; a seguire: per supportare la programmazione operativa (29,8 per cento), per monitorare il raggiungimento degli obiettivi strategici (23,4 per cento) e per indirizzare le decisioni sulla carriera dei dipendenti (19,2 per cento). Soltanto nel 14,9 per cento dei casi la misurazione della performance serve a informare il management. Ancora meno estesa, nelle percezioni dei soggetti interpellati, è la funzione di accountability esterna (6,4 per cento) così come quella – a più elevato valore strategico – di revisione delle politiche aziendali (2,1 per cento).

 

Figura 1 - Le principali finalità attribuite alla misurazione della performance da parte dei manager pubblici italiani

 

Ancora più interessanti sono i dati relativi alle percezioni sulla chiarezza dei SMVP (Figura 2). Se la finalità e l’oggetto dei sistemi di misurazione risultano poco o per nulla chiari a circa un quarto dei manager interpellati (rispettivamente: 29,8 per cento e 23,4 per cento), percezioni ancora più negative emergono rispetto alle modalità di misurazione (poco o per nulla chiare per il 38,3 per cento dei rispondenti). È sugli esiti della misurazione, tuttavia, che emerge il dato più allarmante: nel 44,7 per cento dei casi, infatti, non sembrano per nulla chiare le implicazioni dei processi di misurazione e valutazione. Come a dire: so what? Questo schiacciamento sulla dimensione formalistica dei SMVP sembra trovare riscontro anche nelle connotazioni terminologiche che i rispondenti utilizzano quando si chiede loro di scegliere alcuni aggettivi per descrivere i sistemi delle proprie amministrazioni: «burocratico» (termine ricorrente nel 17 per cento dei casi), «formale» e «complicato», a cui tuttavia fanno da contraltare alcune voci fuori dal coro, «condiviso», «efficiente» e «trasparente».

 

Figura 2 - Chiarezza dei sistemi di misurazione e valutazione della performance

 

In questi dati sembra trovare conferma l’ipotesi di un sistema amministrativo molto efficace nelle fasi di disegno delle politiche pubbliche e molto meno nell’attuazione delle stesse. Prendendo a prestito il linguaggio musicale, si potrebbe dire che se da un lato «il tema» della performance in ambito pubblico sembra essere riconosciuto in maniera diffusa e consistente, «l’esecuzione» dello stesso varia in misura rilevante in ragione della sensibilità dei singoli interpreti o delle attitudini dell’orchestra, con il rischio di assistere, talvolta, a uno stravolgimento dello spartito originario.

Guardando avanti

L’emergenza sanitaria Covid-19 ha improvvisamente riportato l’attenzione su un tema – quello della public performance – le cui interpretazioni sono state spesso ridotte a logiche strumentali («che cosa» misurare) o formalistiche («come» farlo), e meno di frequente ricondotte alle molteplici finalità della misurazione e della valutazione («perché» misurare la performance).

 

Il dibattito pubblico delle ultime settimane sulla performance dei dipendenti pubblici testimonia una diffusa difficoltà di posizionamento sul tema, oscillando schizofrenicamente tra l’esaltazione del valore prodotto nei mesi più recenti e la presunta necessità di controllare le modalità di lavoro entro cui tale valore viene a determinarsi. Al di là delle derive di segno opposto, rimane da chiedersi: quale performance vogliamo per il futuro della PA nel nostro Paese?

 

Per rispondere a questo interrogativo, SDA Bocconi School of Management sta conducendo un’ulteriore ricerca sullo stato dei sistemi di misurazione e valutazione della performance nelle PA. È possibile partecipare al questionario attraverso questo link. I risultati saranno disponibili a partire da dicembre 2020.

 

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