Branded World

Branding Sensoriale: che gusto!

Sulla scia dell’articolo della scorsa settimana - in cui, affrontando il tema del brand heritage, ci si è soffermati su Dom Perignon (champagne per antonomasia) e Cantine Ferrari (winery, anch’essa per antonomasia!), e riprendendo, solo in parte, quanto già illustrato in precedenza sul pezzo dedicato alla musica (e ad uno dei cinque sensi: l’udito) - vorrei soffermarmi proprio sull’esperienza apportata dal branding sensoriale e, in particolare, mi dedicherei al gusto, riflettendo sulle stimolazioni (più precisamente e teoricamente definite, stimoli o sensorial cues) a cui un brand può ricorrere nell’intento di valorizzare la propria proposition.



Affronto il gusto, proprio perché mi sembra una sfida a cui i brand sono stati sottoposti in un periodo in cui, riprendendo la classificazione aristotelica, insieme a tatto e olfatto, possono apparire un po’ negletti poiché “sensi della prossimità” (si attivano solo quando il soggetto entra in contatto fisico con il prodotto, potremmo dire oggi: in presenza!); differentemente da quanto accade - e aggiungerei, è sempre accaduto (!) - ai “sensi della distanza” (vista e udito), che non necessitano del contatto fisico diretto e agiscono “prima” degli altri.



In realtà, tutti i brand “del gusto” si sono cimentati con coraggio, intensità e modalità diverse e innovative, nonché sorprendenti, in questi periodi, tramite  brand proposition di valore; ne cito solo alcuni, a titolo esemplificativo, ma la lista potrebbe essere infinita.



  • San Pellegrino e Panna, del gruppo Nestlé, hanno risposto con TasteTribe, proponendo il Water Tasting digitale, accompagnandosi ad altri brand nazionali e non, appartenenti a specifiche category, che potessero rafforzare o esaltare il gusto dell’acqua durante l’esperienza gustativa, ossia la degustazione.

  • Campari attraverso i suggerimenti “ufficiali” per prepararsi da soli il perfetto aperitivo con il brand Campari all’interno del portafoglio dell’omonimo Gruppo; oppure con le diverse iniziative svolte, durante e dopo il lockdown, dal brand Aperol. Tra queste, il progetto video-musicale che ha radunato 1200 musicisti, per dar vita al #TogetherWeCan co-branded con Rockin’1000, al fine di supportare la Protezione Civile attraverso una raccolta fondi. Alla stimolazione del senso dell’udito venivano rafforzate socialità e convivialità insite e necessarie per la degustazione dello storico aperitivo indirizzato ad un pubblico giovane e meno giovane.

Del resto, facendo il gusto parte dei cinque sensi, è logico pensare che proprio agendo sui sensi è possibile farsi vedere, sentire, gustare, annusare, toccare e, quindi, “farsi percepire” attraverso impressioni e percezioni che ciascun essere vivente raccoglie dagli stimoli provenienti dal mondo esterno.



I cinque sensi: predominanza e concordanza

La “dominanza” di alcuni sensi, oggetto di studio da molto tempo, ha evidenziato e confermato come lo stimolo visivo sia superiore rispetto agli altri, esercitando un impatto forte, incisivo e duraturo sulle percezioni degli individui. I risultati di numerose ricerche hanno infatti dimostrato come, quando una persona è esposta contemporaneamente a uno stimolo visivo e a uno uditivo o a uno visivo e a uno tattile, il primo (quello visivo) tende a prevalere sugli altri, che o non vengono percepiti o comunque passano in secondo piano. Ciò spiega, in buonissima parte, le scelte sviluppate dai brand che, per “raggiungere” il proprio target sui tanti e numerosi device - tra tutti il mobile, hanno fatto e continuano a fare un crescente ricorso a colori, visual, video e modalità dinamiche di espressione visiva che possano raggiungere e impattare i consumatori. D’altro canto, non è infrequente che il consumatore, nel fare esperienza di un prodotto, non sia nelle condizioni di ricevere e comprendere contemporaneamente tutte le informazioni provenienti dai suoi sensi e, allorchè uno di essi preceda o prevalga sugli altri, sviluppi delle percezioni in base ad esso. E’ un po’ come la “legge della prima impressione”, funziona sempre!

Tranquillizzano però i risultati di alcune ricerche che - sottoponendo a un campione di persone alcuni prodotti affetti da incongruenza fra sensi come vista e tatto, o vista e udito oppure, ancora, vista e olfatto - oltre a confermare la dominanza della vista hanno anche evidenziato come la percezione dei prodotti non risulti influenzata in misura significativa da tali incongruenze.



E’ però fondamentale, se non scontato, che le marche, dovendo agire su congruity e consistency, quali criteri fondamentali per l’unicità della marca stessa - benché abbiano la possibilità di trasferire informazioni discordanti, in cui la vista sia il "senso dominante" -  dovranno sempre ottemperare alla unitarietà sensoriale, ossia ad agire sui sensi non trasferendo informazioni discordanti o non-coerenti rispetto ad un mondo fortemente orientato verso l’experience.

Ma quindi, degustare?

Riprendendo quanto ho appreso da Eugenio Birindelli, mio studente, da sempre appassionato di Food & Beverage (dai puntuali interventi in aula, alla sua stessa tesi di laurea sulle opportunità di extension del brand Master Chef sino ai giorni nostri, in cui passioni e studi “da sommelier” lo hanno portato ad essere Sommelier AIS e diplomato WSET e a lavorare nel food e nella ristorazione): “degustare un vino significa scomporlo in varie parti, analizzarle, valutarne le principali caratteristiche, e tentare di dare un punteggio che permetta di classificarlo nel suo complesso. E’ impresa sicuramente ardua. Il degustatore professionista infatti non è un mago, e nemmeno una persona con super poteri alla Spiderman: è semplicemente un individuo che nel corso del tempo ha fatto tesoro dell’esperienza”. Ben lo sanno le winery che ricevono i premi. E' di pochi giorni fa il premio attribuito da Gambero Rosso - Tre Bicchieri 2021 - ad un vino di Puglia (la mia regione d'origine!): Negramaro del Salento - Collezione Privata - Cosimo Varvaglione. 

 

E’ celebre (e divertente) il ruolo del degustatore Sommelier svolto da Antonio Albanese in una famosa clip:

Antonio albanese - sommelier rosso.avi



Il termine “degustare”, che è differente dal semplice “bere”, si focalizza sull’attenzione che deve necessariamente essere posta nel momento in cui il degustatore (che sia professionista o no) si interfaccia con il bicchiere di vino – rigorosamente di vetro e con specifica forma! - che ha di fronte.

 

Il vino viene quindi esplorato qualitativamente nelle sue varie componenti tramite tre diverse analisi: visiva, olfattiva e gustativa. In realtà, bisognerebbe aggiungerne un’altra, così come insegnatomi da Filippo Mazzei, delle Cantine Marchesi Mazzei, secondo cui il vino prima di degustarlo va narrato!



Insomma: evviva i cinque sensi...

...e che sensi!!!

Anche nell’assaggio dei vini l’esperienza è una componente fondamentale; come in tutte le attività umane, se una determinata attività è ripetuta più e più volte nel corso del tempo ed è supportata da una metodologia ben strutturata, permette all’individuo di interfacciarsi con la realtà, cercando di comprenderla e classificarla al meglio delle sue possibilità.

 

Di fatto, mediante le informazioni recepite dai sensi il consumatore «fa esperienza» di prodotti, brand e, più in generale, del mondo. La marca può, quindi, attraverso i sensi, suscitare o influenzare le emozioni e gli stati d’animo (impressionando, provocando sensazioni positive, di piacere, etc.) da comunicare e trasferire ai destinatari, al target, ai consumatori cui è indirizzata la brand value proposition. Le esperienze, quando stimolazioni indotte ai sensi, offrendo benefici che eccedano quelli prettamente funzionali, perseguono al contempo l’intento di colpire il cuore e la mente del consumatore.



Nella letteratura sulla brand experience, una delle definizioni più calzanti al tema di oggi, evidenzia come essa debba intendersi come quell’insieme di "risposte soggettive, interne al consumatore (sensazioni, sentimenti e cognizioni) nonché risposte di natura comportamentale evocate da stimoli legati alla marca che fanno parte del design e dell'identità di un brand, del packaging, delle comunicazioni e degli ambienti"(Brakus et al., 2009).



E’ evidente come gli stimoli, afferenti al brand, possano e debbano agire sui cinque sensi, entrando a far parte della vita delle persone introducendole a e accrescendone la relativa esperienza (di vita).

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