
- Data inizio
- Durata
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- 5 mag 2025
- 6 giorni
- Class
- Italiano
Progettare strategie di marketing efficaci integrando l'approccio tradizionale e quello digital per valorizzare e personalizzare l'esperienza del cliente.
Negli ultimi anni sta diventando sempre più comune l’uso dell’espressione “soft power” e pensare a quest’ultima proprio in questi giorni è volutamente il paradosso su cui soffermarsi, con la ferma volontà di evitare il dibattito politico o geopolitico, ma proponendovi di pensare e osservare alcune evidenze – a me molto care - del nostro Paese, della sua cultura, del food e dei media in termini di soft-power nel branding e per il national branding!
Il termine soft-power è apparso per la prima volta alla fine degli anni ’80, ad opera del professore statunitense J.S. Nye - allora Direttore del Center for International Affairs all’Harvard University - che diffuse tale nuovo termine nel suo libro Bound to Lead: The Changing Nature of American Power (1990). Al politologo e alla sua ricerca si sono rifatte in seguito numerose concettualizzazioni, misurazioni e indici - tra esse alcune esplicitamente sul Soft Power con le relative classifiche dei Paesi: Portland Communications, Monocle, altre sui Nation-Brand: espressi da Anholt (2011), Future Brand, Brand Finance, etc. – perché è stato riconosciuto alle strategie incentrate sul soft-power la capacità di ispirare scelte, politiche, governi e Paesi, nonché pratiche istituzionali, sociali, educative, etc.
Secondo l’autore, in estrema sintesi “…quando riesci a far sì che gli altri ammirino i tuoi ideali e che desiderino ciò che tu stesso vuoi, non serve utilizzare il bastone e la carota per far muovere le persone verso la tua direzione. La seduzione è sempre più efficace della coercizione, e numerosi valori come democrazia, diritti umani, e opportunità dell’individuo sono profondamente seducenti” (Nye, 1990: 58).
Da ciò l’idea che il soft power divenga la capacità (di un Paese) di influenzare gli altri senza ricorrere a pressioni coercitive, tanto all’esterno (verso altri Paesi, a livello internazionale/globale e cooperativo) quanto al proprio interno (gli altri in questo caso sarebbero: imprese, fondazioni, università, opinione pubblica e società in generale).
Il soft power, opposto all’hard power, si distanzia dall’impiego di modalità tradizionalmente impiegate per “dar prova di potere” e di “essere potenti” (e di essere una grande potenza!) come la guerra, la forza militare, le sanzioni economiche e tutte le pressioni di natura coercitiva possibili verso altri Paesi o all’interno degli stessi.
Il “soft power” diviene la capacità di ottenere successo tramite l’uso di strumenti immateriali, quale modalità contrapposta all’utilizzo della forza (politica, economica ebellica), a condizione che così facendo i Paesi proiettino i propri valori (di per sé immateriali!) in e attraverso scuole, istituzioni religiose, gruppi di beneficenza, imprese impiegando food (pensiamo alla nostra Italia), musica (L’Italia è stata protagonista indiscussa della cultura nel passato con musica classica e opera dal ‘600 fino ad oggi, basti pensare che l’italiano è la lingua della musica: allegro, vivace, concerto, ecc.), sport (le Olimpiadi dalla Russia alla Cina, e i Mondiali di Calcio in Quatar!), media e intrattenimento (Hollywood vs. Bollywood, MTV, etc.), imprese, brand, prodotti e tecnologie quali driver espressivi della propria cultura, dei propri ideali e dei propri valori.
L’intento nell’impiego del soft power in chiave strategica è di plasmare atteggiamenti e preferenze a lungo termine, alimentando e rafforzando così credibilità, reputazione e immagine (di un Paese) in uno scenario internazionale sempre più complesso ed esercitando la propria influenza con strumenti che non comprendono l’uso di beni materiali, migliorano il soft power e/o la capacità di attrarre potenziali partner; per rendere credibile la propria immagine si deve provare ad esercitare una propria influenza.
Gli Stati Uniti e il loro sistema di valori hanno esercitato il soft power attraverso il famoso “american dream”, diffusosi in tutto il mondo e di cui tutti volevano esserne parte; per converso, la Cina, dopo aver ottenuto un ruolo importante sulla scena mondiale, ha cercato di esercitare il medesimo potere non riuscendo però ad imprimere un “effettivo soft-power” a causa della politica autoritaria fortemente limitante in tal senso.
Viste le finalità perseguite, è possibile raffigurare la forte convergenza con il Nation Brand o il Nation Branding, in cui cultura (in senso quanto mai allargato), intrattenimento e sport divengono elementi su cui puntare per reputazione e immagine, quali potenti brand knowledge effects, di natura immateriale in grado di influenzare, persuadere e convincere senza forza o coercizione.
Gli indici di sintesi di una delle classifiche del livello di soft power dei Paesi vengono collocati in sei categorie (government, culture, enterprise, education, engagement, digital) - riferite alle differenti modalità attuative delle strategie di Soft Power (Portland Comunications, 2023), non definitorie e tantomeno riconosciute come esaustive in ambito accademico e politico – in base alle quali l’Italia risulta stabilmente tra i primi 15 paesi raggiungendo, anzi, negli ultimi anni, il decimo posto a livello mondiale per il Soft Power: “…perché l’Italia ha un patrimonio culturale senza tempo, con più siti del patrimonio mondiale dell’UNESCO di qualsiasi altro Paese, e una rete diplomatica ampia e attiva…La sua posizione di superpotenza culturale e i suoi gradimenti costantemente forti, quale riflesso dell’onnipresenza globale della cucina italiana e dei suoi iconici marchi di lusso di fama internazionale, consentono al paese di ottenere tale posizione nonostante valutazioni basse su altri indicatori o sotto-indici”. Storia, cultura, cucina, marchi e brand importanti, uniti anche a una forte tradizione sportiva, hanno conferito all’Italia tra le prime dodici posizioni nel Soft Power.
Le percezioni che nel mondo possiede l’Italia risultano un fattore chiave per comprendere quali elementi possano essere caratterizzanti, distintivi e migliorativi per le strategie di soft power al fine di alimentare o raggiungere un maggior successo internazionale. Secondo Brand Finance (2023), all’interno della classifica dell’Indice Globale dei Soft Power e relativo al brand di 121 nazioni di tutto il mondo, secondo i tre fattori chiave (Familiarità, Reputazione e Influenza) e gli otto criteri (connessi alle capacità/abilità del Paese in termini di: Affari e commercio, Governo, Relazioni Internazionali, Cultura e Patrimonio, Media e comunicazione, Formazione e Scienza, Persone e Valori, Sostenibilità e Futuro), l’Italia ottiene le “medaglie” per i suoi prodotti, il suo cibo e i suoi marchi di design tra i più amati al mondo, nonché per il suo ricco patrimonio culturale; inoltre, è associata al divertimento e viene percepita positivamente perché amichevole ma anche apprezzata per la sua capacità relazionale nei confronti di altri Paesi.
… in occasione della Giornata Mondiale dell'Alimentazione del 16 ottobre - essendo l’alimentazione un tema sempre più rilevante nel futuro, tra migrazioni, cambiamento climatico e mutamento della popolazione mondiale - a Casa Italia (il nuovo programma di Rai Italia per gli italiani nel mondo), attraverso un ponte che metaforicamente congiungesse l’Italia e gli italiani all’estero e quanti amano l’Italia nel mondo (tutti gli italici), alcuni ospiti hanno raccontato l’eccellenza italiana del pane.
Ho assistito, per puro caso e per mia grande fortuna, ad un viaggio tra i segreti di questo alimento vecchio quasi quanto la storia del nostro pianeta. Proprio perché il pane non è solo cibo, ma rappresenta una componente importante del “soft power” italiano ed è un elemento di identificazione ed aggregazione delle comunità di italo-discendenti all'estero.
Ma la grande ricchezza culturale, paesaggistica e produttiva sul racconto dell’eccellenza italiana è proseguita con la narrazione da parte di altri ospiti …
...ne suggerisco la visione: https://www.raiplay.it/video/2023/10/Casa-Italia-del-16102023-c770daf5-10df-47b1-ac91-c7ef6154ff2f.html
Quindi affinché il soft power italiano trovi una concreta applicazione delle sue strategie, è necessario che venga alimentato anche dai media, con le tante storie di italiani nel mondo attinenti a temi di attualità, economia, turismo, intrattenimento, sport, cinema, moda, musica…