
- Data inizio
- Durata
- Formato
- Lingua
- 29 set 2025
- 6 giorni
- Class
- Italiano
Progettare esperienze di valore per i clienti con strumenti innovativi e acquisire competenze per creare customer journey efficaci e memorabili.
La scorsa volta ci siamo soffermati su di una prima parte del “fatto a mano che ri-umanizza”, riflettendo su: 1) come un’azienda, percepitasi come PMI, abbia saputo instillare l'umanità nel lavoro, capitalizzando su delle abilità distintamente umane; 2) come sia possibile progettare e realizzare collaborazioni uomo-macchina che umanizzino o cerchino di umanizzare l'intimità in modi inaspettati e “manuali” seppur in presenza della tecnologia (le ricerche UX).
A rafforzare l’idea di proseguire con questa seconda puntata sono state le reazioni entusiaste degli studenti delle due classi del corso di Brand Management in Università - che rappresentano e fanno parte di quella GenZ, descritta come fortemente tecnologica e digital-native (e sovente ritenuta “dis-umanizzata”!) - nel poter lavorare e mettere mani, testa e cuore (!) in due progetti dedicati a due marche, national brand, rigorosamente italiani: Amedei e Forno Sammarco.
Ci sarà anche la terza puntata? Sì, ovviamente! …cercherò di trasferirvi alcune riflessioni raccolte da un “bottegaio” (così gli piace denominarsi) e da una recentissima ricerca “L’eccellenza nello shopping di prossimità” realizzato dal Channel & Retail Lab di SDA Bocconi per American Express.
Ma di questo alla prossima.
Ora…
Brand, indirizzati prevalentemente (se non esclusivamente) a specifici target/mercati di sbocco (BtoB): retailer e HO.RE.CA, e pertanto (più o) meno noti ai consumatori finali, fortemente specializzati nelle categorie di pane e cioccolata (per sorridere del connubio!).
Per il pane e la cioccolata, il brand building e il passaggio da “merce/commodity a marca” è avvenuto - o sta avvenendo - soprattutto in centri urbani più grandi, accrescendone il valore attraverso la “premiumizzazione” (premium-brand), a fronte della crescente competizione “intorno” ad essi (qualche nome per il pane: Roscioli a Roma, Longoni a Milano,...come dimenticarsi di Princi!; per la cioccolata: Guido Gobino a Torino o Baratti a Milano, etc.). Entrambe le marche sono contraddistinte da: qualità, ricerca continua nella realizzazione di prodotti autentici, artigianali e “fatti a mano”, con un forte radicamento territoriale quali elementi distintivi da “mettere in campo” per poter vincere le sfide poste quotidianamente nei mercati e nel mondo.
Come si conferma la cosiddetta “euristica dello sforzo” (Kruger et. al., 2004): quella regola empirica in base alla quale le persone giudicano consciamente o inconsciamente il valore di qualcosa in base allo sforzo che percepiscono essere stato messo in esso?
Nel caso di Amedei, facendo leva su alcune associazioni secondarie, ossia opere d’arte, poesie o artisti fortemente radicati nel territorio toscano (difficile non trovarli!), che alimentavano l’immaginario connesso al tempo necessario per realizzare l’opera artigiana del cioccolato (anche collegata al package di quest’ultimo), mostrando la presenza di uno sforzo umano è stato percepito positivamente, nonché fortemente apprezzato - per i prodotti di marca - dai consumatori sottoposti al test. Dimostrato quindi l’effetto Dunning-Kruger secondo cui “le persone apprezzavano maggiormente poesie, dipinti e armature medievali quando credevano che questi manufatti richiedessero uno sforzo umano maggiore nella realizzazione/produzione che veniva fortemente e ampiamente apprezzato”. Nel caso di Forno Sammarco, conoscere a fondo il tempo necessario per lievitazione, lavorazione e realizzazione del pane – come se fosse l’opera d’arte testata dagli studiosi – rende quest’ultimo un “lavoro umano” più impegnativo e di qualità superiore con una willigness to pay maggiore!
Del resto, come confermato da alcune ricerche (Buell, 2016), esiste una significativa tendenza a valutare il cibo in base allo “sforzo umano” che si riflette sul prodotto; come dire che se ne apprezza di più il valore! I clienti nell’osservare direttamente (pensate ai forni a vista, ai ristoranti a vista, alle visite guidate all’interno di aziende o winery!) il processo di preparazione - sebbene ci voglia tempo (o più tempo), con un periodo di attesa necessario ma determinante per l’apprezzamento del lavoro umano che ci sta dietro – consente un maggiore apprezzamento/valutazione del cibo perché se ne può vedere e “toccare con mano” lo sforzo dedicato alla sua preparazione. Se poi, come nel caso di Forno Sammarco, la sapiente preparazione proviene da 3 donne, sorelle, che, insieme, superano i 250 anni, è chiaro che tempo, preparazione, esperienza…rendono il pane più legato al lavoro umano e, di conseguenza, lo fanno apprezzare di più!
E solo Antonio Cera, bocconiano e figlio di una delle tre signore, poteva realizzare la Fondazione Grani Futuri e il Manifesto del pane!
E per Amedei? Da un lato, si conferma quanto già sapevamo ma che Galoni et al. (2022) in una recente ricerca, dedicata al cibo, hanno evidenziato: quando per la realizzazione del prodotto, il processo produttivo utilizzato è originale e ideato dal fondatore, se ne accresce l’autenticità di marca, perché si riporta l’attenzione dei consumatori verso degli aspetti di prodotto tesi ad evocarne qualità, cura, presenza umana e…autenticità. Tutti elementi caratterizzanti l’offerta del brand. Dall’altro lato, il “fatto a mano” e l’esperienza sottostante ha indirizzato Amedei a realizzare dei percorsi dedicati ad assaggiatori “neofiti” o “specializzandi” ma finalizzati a divenire Chocolier (come i sommelier!). Ciò a conferma della “piena” adesione all’Istituto Internazionale Chocolier (organizzazione scientifica e indipendente aperta a imprese, professionisti e appassionati di cioccolato di tutto il mondo).
Da ultimo, altri studiosi (Fuchs et al. 2015) hanno dimostrato che la preferenza verso ciò che è creato dall'uomo si estende anche ad oggetti meno simbolici - quindi non solo luxury (... rimando alla Prima Puntata!) - per cui gli intervistati, nel valutare vari beni di consumo (es. cancelleria, sciarpe e saponi) sapendo che alcuni erano fatti a mano e altri a macchina, esprimevano nei confronti del “fatto a mano” non solo una maggiore disponibilità ad acquistarli, ma anche ad acquistarli come presente o dono per i loro cari, ovvero anche a pagarli di più. E’ facile quindi immaginare perché le “Dita” di Forno Sammarco, lavorate a mano, che riprendono i classici taralli pugliesi, ma ripropongono in un oggetto, e nel suo nome, la simbologia del duro lavoro manuale…siano stati amati dagli studenti e dai consumatori sottoposti a test.
Alla prossima…con una promessa: terza e ultima puntata!