
- Data inizio
- Durata
- Formato
- Lingua
- 21 mag 2025
- 3 giorni
- Class
- Italiano
Definire e sviluppare strategie di mercato vincenti in contesti ipercompetitivi e iperconnessi, rafforzando creatività e metodi di analisi della domanda.
So che avevo promesso di realizzare altri due podcast dopo il precedente, proseguendo sulla scia pugliese, ma…non ho resistito!
Proseguiremo con la “mia” Puglia nei prossimi appuntamenti con Branded World, adesso vorrei proporvi altre riflessioni riguardo a ciò che ha solleticato la mia attenzione, sia alimentando alcuni ragionamenti connessi all’ormai più che evidente connubio tra moda e cinema – e cito i primi brand che mi vengono in mente: Prada, Gucci, Saint Lauren, Valentino, etc. - sia accompagnando alcuni ragionamenti che dal mese di dicembre si sono affastellati nella mia mente.
Insomma, non ce la facevo proprio più a resistere!
Un recentissimo articolo, di non più di sei giorni fa, su Jing Daily, ha esplorato il modo in cui Valentino ha tradotto la sua filosofia della "moda come narrazione" nel contesto culturale cinese durante il Beijing International Film Festival, attraverso il patrocinio di registi emergenti e avendo cura del patrimonio cinematografico locale e italiano, nonché dello sviluppo di narrazioni visive che ottenessero brand resonance da un punto di vista culturale, trascendono il messaggio commerciale.
Già nel 2021, Nike ha ufficialmente lanciato uno studio di contenuti al suo interno - alla stregua di quanto altri brand hanno fatto da tempo (es. Unilever) - chiamato Waffle Iron Entertainment; e nello stesso anno ha lanciato due importanti progetti: il documentario The Day Sports Stood Still, su come lo sport ha reagito ai lockdown dovuti al COVID-19, e la docuserie Promiseland, incentrata sulla star dell'NBA Ja Morant.
Nel febbraio 2024, LVMH ha annunciato che, in collaborazione con Superconnector studios, co-finanzierà e co-svilupperà produzioni cinematografiche, televisive e audio dedicate ai suoi oltre 70 brand in portafoglio, attraverso 22 Montaigne Entertainment, in omaggio all'indirizzo parigino del gruppo del lusso. I co-fondatori Jae Goodman e John Kaplan, secondo le dichiarazioni raccolte da giornale specializzato su Hollywood, lavoreranno al progetto con il Ceo e Chairman di Lvmh North America, Anish Melwani, e con Antoine Arnault.
Nel maggio 2024, Saint Laurent è stato tra i protagonisti - pluripremiati - della 77th edizione del Festival di Cannes, quale produttore cinematografico. Attraverso la nuova casa di produzione Saint Laurent Productions, fortemente voluta dal Direttore creativo della maison e inserita (come da denominazione!) all’interno della brand architecture, il brand del gruppo Kering ha prodotto ben tre film: Emilia Perez di Jacques Audiard, The Shrouds di David Cronenberg e Parthenope di Paolo Sorrentino. La maison, già nel 2023 aveva contribuito alla realizzazione di Strange Way of Life, l'ultimo cortometraggio di Pedro Almodovar.
Nel dicembre 2024, è stato lanciato il film Diamanti del regista Ferzan Özpetek; a metà gennaio è stato il titolo che ha dominato la classifica degli incassi, superando i tredici milioni al “botteghino” italiano (Cinetel, MyMovie.it, BoxoIice, gennaio 2025). Eppure, il “prezioso” film, del regista turco con cittadinanza italiana, non è un cartone animato né una commedia (non è un cine-panettone!), generi immancabili e solitamente “più visti e venduti” durante le feste natalizie, il periodo più importante dell’anno per il mercato cinematografico. Diamanti, quindicesimo tra i film del regista, rappresenta anche il suo titolo con il maggior incasso. Nel film, in parte autobiografico, il regista esprime il suo omaggio al cinema, descrivendone una dimensione meta-cinematografica (presente fin dall’inizio, con il regista impegnato a distribuire e discutere i copioni con costumiste e sarte, sue muse) e svelando il backstage delle sartorie (e della moda!) al servizio dell’industria cinematografica. Nella lettura di Özpetek (similmente a Spielberg in The Fabelmans, 2023), l’essenza del cinema sono ancora le competenze, è ancora il tocco umano. Ogni dettaglio, di scene e costumi, è reso in modo minuzioso e avvolgente.
Sarei voluta partire da cos’è l’arte, soprattutto per noi italiani…ma sarebbe stato troppo lungo! Allora ho optato per le belle arti, osservando anch’esse con lo “sguardo italiano”!
L’espressione “belle arti” fa capolino nel XVII secolo, quando si indicavano le arti figurative o “del disegno”; in Italia, nel 1681, lo storico Filippo Baldinucci nel suo libro Vocabolario toscano dell’arte del disegno citò le «arti belle dove s’adopera il disegno», intendendovi non solo le arti figurative proprie del Rinascimento (Pittura, Scultura e Architettura) ma anche altre Arti, a queste subordinate, che avessero per fondamento il disegno. Nel XVIII secolo con “belle arti” si intese l’insieme delle discipline che cercano l’espressione della bellezza, l’uso dell’estetica e la padronanza della tecnica; in Francia, nel 1746, Charles Batteux, nel libro Le belle arti ridotte ad un unico principio usò la denominazione delle “belle arti” per pittura, scultura, poesia, musica, danza e due arti a queste connesse: eloquenza (il teatro!) e architettura. La lista nel corso degli anni, seguendo anche percorsi teorici diversi, ha subito una trasformazione, tanto che oggi ci si suole riferire alle belle arti non solo considerando le cosiddette arti maggiori, ovvero pittura, scultura, e architettura, ma prendendo in considerazione la nozione di “patrimonio” che comprende l’insieme dei beni storici, artistici, architettonici e demoetnoantropologici, sia materiali – mobili e immobili – sia immateriali (Ministero della Cultura- Direzione generale Archeologia Belle Arti e Paesaggio).
Arriviamo al Cinema, passando per la Moda!
Il cinema è arte?
Alle sette arti tradizionalmente riconosciute (pittura, scultura, architettura, musica, poesia, danza e teatro) nel corso del tempo si è aggiunto il cinema, considerato la settima – quando affiancato direttamente al teatro – o l'ottava arte se distinto da quest’ultimo. Non desta meraviglia la presenza del cinema all’interno di questa lista, benché sia stata inserita in periodi certamente più recenti del Rinascimento!
In particolare, il cinema sembra “combinare” elementi di tutte le altre arti per raccontare storie in modo visivo e dinamico. Attraverso la recitazione, la scenografia, la regia e altri mezzi espressivi; questa forma d’arte esplora, setaccia, descrive e immedesima la gamma completa dell’esperienza umana, attraverso i suoi generi: dalla tragedia alla commedia, dal dramma storico alla fantascienza e così via. Di fatto, come ognuna di queste arti, il cinema ha sviluppato nel tempo un proprio linguaggio, tecniche e modalità espressive, influenzando la cultura e la società in modi unici e profondi, rappresentando l’espressione creativa umana e possedendo la grande capacità di elevare lo spirito e di riflettere la complessità dell’esperienza umana.
Il cinema in quanto arte, può giocare un ruolo importante come strumento di linguaggio, fascinazione, evoluzione e impatto sulla società moderna.
“Non c’è nessuna forma d’arte come il cinema per colpire la coscienza, scuotere le emozioni e raggiungere le stanze segrete dell’anima.” (Ingmar Bergman)
Il cinema (come le arti, in genere) – strumento di storytelling insostituibile, a cui oggi ci si rifà continuamente - ci svela la meraviglia, lo stupore che, come dicevano gli antichi greci, è il punto di partenza della conoscenza; ci permette di accedere al nostro stesso sguardo (Nancy, 2002), ossia di osservare come guardiamo la realtà intorno a noi, come riceviamo e rielaboriamo informazioni per restituire una composizione di senso.
In altri termini, il cinema (e le belle arti) non è solo forma di espressione individuale ma anche potente “strumento” di comunicazione sociale e culturale; ci permette di riflettere su noi stessi e sul mondo che ci circonda, di porre domande e di cercare risposte; il cinema è capace di raccontare il tempo e la società in cui viviamo, di illustrare le persone e le loro specifiche esigenze, al pari di tutte le altre forme artistiche.
Passando per la moda!
La moda è arte?
E’ un annoso dilemma, che da tempo ricerca una risposta! Non sarà certo questo il luogo o il momento per risolverlo, ma certamente per pensare alle risposte da fornire!
Questo dibattito è divenuto particolarmente animato nella seconda metà del XX secolo, quando la domanda venne posta esplicitamente in un articolo pubblicato nel 1967 sul bollettino del Metropolitan Museum of Art e divenne oggetto di un acceso confronto, in primis, tra teorici della moda e i critici d'arte. Tra questi ultimi, Michael Boodro dichiarò senza mezzi termini che "l'arte è arte e la moda è un'industria" (Boodro, 2011: p. 369), evidenziando come la natura commerciale e seriale di un'attività ideativa ne escludesse a-priori il valore artistico. Naturalmente, approcci più sfumati confutano tale tesi, riconoscendo alla moda la capacità di essere funzionale e artistica, commerciale e culturale, nonché indissolubilmente legata al consumismo e, quindi, alla società ed alla sua cultura! Il dibattito si è fatto ancora più acceso a partire dagli anni Ottanta, dopo la controversa retrospettiva del 1983 con cui il Metropolitan Museum of Art ha celebrato la carriera di Yves Saint Laurent. L'ingresso di un couturier, peraltro ancora in vita, nel tempio dell'arte è stato un evento senza precedenti, perché apparentemente ha istituzionalizzato lo status degli stilisti di moda come artisti. Uno status già rivendicato nel XIX secolo con: "Sono un artista" (affermazione attribuita a Charles Frederick Worth, convenzionalmente considerato il padre dell'haute couture, e riportata da Taine,1867). Non è ininfluente che il fashion design venga descritto come "creazione"; i suoi esponenti più innovativi siano considerati “creatori” e un'"avanguardia" in grado di trasformare l'estetica contemporanea (Crane, 2000); gli stilisti operano come artisti concettuali, dando vita a movimenti, incorporando la critica sociale nelle loro opere e facendosi portatori di culture (Pedroni, Volonté, 2017) o appropriandosene quali “giudici” artistici e culturali.
La moda, come l'arte, impiega la retorica dell'ispirazione, del genio e della creatività, comprendendo numerose esperienze e stili professionali che si avvicinano al modello della creazione artistica e delle belle arti.
Ma per ciò che qui interessa, è preferibile non tanto riferirsi alla moda come arte, ma all’arte nella moda e all’uso delle belle arti, tra cui il cinema, come modello cui ispirarsi e ispirare - per il proprio agire – come strumento di fascinazione, evoluzione e impatto su società e cultura (contemporanea e non) sia a livello locale sia a livello globale (per i necessari collegamenti al brand...).
La moda e i brand di moda (ma non solo questi…!), soprattutto in un fase di elevata turbolenza economica, si trovano ad affrontare un momento di cruciale di ridefinizione, ritrovano nello storytelling quell’elemento imprescindibile per agire sulla risonanza in termini emotivi e, al contempo, per forgiare una specifica identità attraverso linguaggi, estetica e strumenti: musei (es. Ferragamo, Fondazione Prada, Armani, etc.), fotografia (basti pensare alle copertine di Vogue e ai famosi fotografi come Richard Avedon, Steven Meisel, Mario Testino, Patrick Demarchellier, etc.), sfilate, show-room, short film (Prada, Gucci, Chanel, Saint-Laurent, Ferragamo, etc.), branded content e branded entertainment (Scaglioni, Suma, 2017).
Il ricorso al cinema permette di andare oltre…
Riprendendo quanto affermato da Anthony Vaccarello, il designer belga di Saint Laurent con la passione per il cinema: “Per noi di Saint Laurent, questo significa avere l'opportunità di comunicare in modi nuovi, diversi. Grazie a questi film, il nome di Saint Laurent rimarrà per sempre. Quando il tuo nome appare su un cartellone pubblicitario, tutto è talmente veloce che, un mese dopo, la gente se ne è già dimenticata. La collaborazione con il cinema, invece, farà sì che, tra 20 anni, il nome di Saint Laurent sia ancora lì”. Insomma “…producendo film, il nome di Saint Laurent è ancorato nel tempo. Quando viene messa su una campagna pubblicitaria di moda, è così veloce che un mese dopo, ce ne dimentichiamo" (Ansa.it).
Proprio come nel caso di Diamanti per cui si mira ad un’esperienza emotiva e artistica attraverso uno storytelling corale e profondamente simbolico, secondo il quale ciò che veramente conti nella vita sia ciò che sopravvive al tempo: l’amore in tutte le sue forme, la forza creativa che alimenta l’esistenza e la connessione umana che rende vivi e autentici. Come dall’ affermazione al termine del film di Elena Sofia Ricci: “La magia del Cinema non sta in quello che si vede, ma in quello che si sente”.
Il cinema ha il potere di: stimolare il pensiero critico e la riflessione personale; offrire confronto e ispirazione; connettere le persone attraverso esperienze condivise; documentare e influenzare i cambiamenti sociali, essendo riflesso della società e della cultura in cui si sviluppa e incidendo su entrambe; preservare la memoria collettiva e la storia.
E se andassimo oltre la “semplice” fascinazione, adottando la settima “musa” delle belle arti come driver di soft-power per il Made in Italy?