Branded World

Buona ripresa (dal Buen Camino) verso alcune priorità per il branding

Rieccoci, rientrati e pronti con gli immancabili buoni propositi della ripresa. Ci siamo lasciati, verso la metà di luglio - l’ultimo pezzo, prima delle vacanze – con l’augurio di “buen camino”, riapriamo con “ultreya” (traduzione: andare avanti) che risuona nelle nostre orecchie e che contiamo possa accompagnarci nella “buona ripresa”.

 

La ripresa che qui si descrive è frutto dell’estratto di un breve saggio in corso di pubblicazione su Economia & Management e realizzato da Bruno Busacca e me. Abbiamo pensato di inserirlo nel blog perché descrive quelli che, a nostro avviso, possono ravvisarsi quali priorità nel branding e quindi per tutti coloro che, con posizioni di vertice, non possono sfuggire al viaggio del tempo e nel tempo per i percorsi decisionali e imprenditoriali.

 

E’ proprio il brand e la sottostante strategia di marca che dischiudono rilevanti priorità per manager e top manager, attenti osservatori dell’evoluzione che dal reale conduce al virtuale e viceversa, andando ben oltre la “semplice” interattività o l’immaginifico!

 

Di fatto, si è in presenza di “meccaniche e meccanismi” più umani e relazionali, con accresciuta connettività, votati ad un crescente intrattenimento non solo analogico ma sempre più digitale, con strutture, piattaforme e sistemi più immersivi, personalizzanti e personalizzati. Persino la “numerazione” del WEB (dal Web 1.0 al Web 2.0, sino al Web 3.0) contribuisce a scandire tempi evolutivi, tecnologie abilitanti nonché modalità espressive con contenuti tridimensionali e forme integrative tra partner, piattaforme, mezzi - tradizionali e nuovi - in cui media digitali e social network conducono dall’off-line all’on-line e dal phigital al cosiddetto Metaverso. Dimensione, quest’ultima, per alcuni fantascientifica e per altri filosofica, sostenuta dall’ accresciuto l’empowerment di consumatori e user generativi dell’esplosione di dati circa preferenze, interessi, atteggiamenti, scelte e comportamenti attraverso la loro continua partecipazione e la costante co-creazione - in realtà aumentate, virtuali e miste – per brand che necessitano di una crescente sensibilità all’etica, al rispetto delle persone e dell’ambiente, all’autenticità e al reale value for money di beni e servizi.

 

Tutto questo, se da un lato impone risposte decise in termini di trasparenza, equità relazionale, qualità della proposta di valore offerta al mercato e responsabilità sociale, dall'altro accresce la necessità di sofisticare gli approcci di brand management, adottando una prospettiva dinamica e di lungo periodo che consideri le attuali evoluzioni e trasformazioni proiettandosi al futuro e, pertanto, cogliendone le sottostanti priorità.

 

Quali sono le priorità?

Se da un lato la profonda trasformazione in atto (digitale, energetica, geopolitica) riconferma la centralità di molteplici aspetti gestionali, dall’altro si evidenziano per la marca nuove frontiere strategiche. In tal senso, le priorità per lo strategic brand management possono ravvisarsi in I3: immersione, integrazione e impatto.

1) Immersione: calarsi nella brand experience anche grazie alle tecnologie abilitanti

 

2) Integrazione: piattaforme e ecosistemi

 

3) Impatto: il “must” del Brand Purpose

1) Immersione: calarsi nella brand experience anche grazie alle tecnologie abilitanti

Immergersi nella realtà, che sia fisica o virtuale, analogica o digitale, poco importa; essenziale è l’immersione. Questo termine, spesso abusato e soventemente scarsamente definito, rappresenta oggi una delle priorità per i vertici aziendali, considerando consumatore, dipendente e i tanti numerosi e differenti stakeholder che, a vario titolo, sono coinvolti dalle e nelle “pratiche” manageriali e nella realtà della marca. All’uopo, brand experience, customer experience e user experience richiedono la progettazione di dialoghi/relazioni analogici o digitali, di incontri personali o virtuali e di azioni produttrici di scambi ed emozioni con interazioni, un’ampia variazione di stimoli (content 3D, NFT, VR, AR, etc.) e rappresentazioni immaginifiche identificative (avatar) e tanto altro. Tali attività, sempre più basate su tecnologie e piattaforme di natura esperienziale aggiungono valore alla brand experience, giungendo a conferirle unicità, nonché stimolando conoscenza, curiosità, emozione e coinvolgimento. Tutto ciò abilita e diviene facilitatore dell'immersione “anche” con il supporto delle tecnologie.

2) Integrazione: piattaforme e ecosistemi

Integrazione racchiude la capacità di arricchire la brand value proposition dal punto di vista quantitativo e qualitativo, chiamando in causa molteplici aspetti di grande portata strategica per la marca. Il riferimento è:

 

  • ai livelli di integrazione imposti dalla trasformazione digitale in termini di canali, device e piattaforme nonchè fonti del valore - spesso multi strato - attraverso una conoscenza sempre più approfondita della domanda, risultato dell’incredibile ricchezza di dati (in termine di volume, velocità e varietà) e della relativa gestione;

 

  • a «platform» ed «ecosystem» che, in grado di cogliere le potenzialità innovative intrinseche alle tecnologie digitali, risultano centrali per rimodellare e riconfigurare una vasta gamma di attività e relazioni per la marca - proveniente anche da settori differenti - consentendole, quindi, di offrire valore al cliente attraverso lo sviluppo di piattaforme proprietarie (brand flagship platform) che includano prodotti, servizi, contenuti complementari - offerti da terze parti - e  forniscano una soluzione più ampia e olistica ai bisogni del consumatore;

 

  • al brand manager quale “integratore” di tutti gli attori rilevanti per la creazione del valore della marca, nell’ambito di un network che si estende dall’impresa ai suoi partner e consumatori, con un generalizzato incremento della criticità di competenze quali l’analisi dei dati, il risk management, la gestione di piattaforme e contenuti.

3) Impatto: il “must” del Brand Purpose

Fra le priorità alle quali le marche sono e saranno sempre più chiamate a far fronte vi è quella dell’assunzione di un modello gestionale orientato alla produzione di un valore non più solo economico, ma anche etico e sociale. L’approccio è incentrato sul cosiddetto «brand purpose», per il quale le marche, andando oltre la funzionalità e il simbolismo - che sono loro caratteristici - devono perseguire una causa rilevante, uno scopo di ordine superiore nei confronti della collettività.

 

Per questo motivo i brand, nel dar prova di essere «cittadini esemplari» agli occhi del consumatore, dovranno assumere un modello gestionale orientato alla produzione di un valore non più solo economico, ma anche etico, ambientale e sociale, bilanciando tre tipologie di esigenze: la redditività, la soddisfazione del consumatore (dipendente, stakeholder, etc.) e l’interesse collettivo.

 

In questa prospettiva il concetto di «brand purpose» - e la rilevanza di tale priorità – va inteso come l’obiettivo che la marca si propone di perseguire sul piano sociale, ossia l’impatto che essa si prefigge di esercitare sulla collettività, al di là dei benefici funzionali, psicosociali ed emozionali da essa offerti.

 

In sintesi, un brand purpose adeguato rappresenta una «stella polare» in grado di prospettare alla marca un senso di direzione, divenendo un filtro che la supporta nel decidere che cosa dovrebbe o non dovrebbe fare.

Queste le priorità dei vertici aziendali per un brand che “prenda” dal passato e “prosegua” nel futuro.

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