
- Data di inizio
- Durata
- Formato
- Lingua
- 4 giu 2025
- 3 giorni
- Class
- Italiano
Questo programma può offrirti i metodi analitici e gli strumenti pratici per conoscere e governare in modo efficace la tua area di vendita.
Mi auguro che questo pezzo vi trovi ricaricati e rigenerati dopo quella che, spero, sia stata una pausa estiva ricca, rilassante e contemplativa!
“Contemplare”, “osservare” e “far proprio il mondo circostante” – cercando di portare con noi il ricordo, o i piccoli e grandi frammenti di ciò che è stato - è uno dei modi per tornare alle nostre scrivanie, al nostro lavoro e affrontare il tram-tram della quotidianità, con i tempi (per me sempre più lenti) necessari alla ripresa!
Insomma, bentornati e ben ritrovati nel nostro blog Branded World e...
...riapriamo con l’artificazione.
Il tema, indubbiamente affascinante, oggetto e obiettivo di moltissime marche negli ultimi anni, è anche un recentissimo “call for paper” (scadenza fine agosto!) - cui abbiamo immediatamente aderito con l’amica e collega Antonella Carù - che alcuni ricercatori (Alex Turrini, Marta Massi e Chiara Piancatelli) hanno proposto per una edizione speciale del Journal of Philanthropy and Marketing. Non fatevi fuorviare dalla denominazione della rivista; affronteremo il tema dell’artificazione da un punto di vista di brand (non con una prospettiva filantropica, sebbene anche per quest’ultimo le marche si siano o si vadano organizzando!)
Sociologi, antropologi, storici, architetti, ricercatori e studiosi di management, marketing e branding, nonché CEO, executive, manager, recentemente si sono dedicati a processi di trasformazione della non-arte in arte (Oddio!), ovvero del trasferimento e della modifica dell’arte all’interno di prodotti, comunicazioni, esposizioni, commercializzazione e così via. La “riqualifica” e la “nobilitazione” delle cose passa per qualcos’altro che diventa un’opera: il produttore, il fondatore, il cuoco divengono artisti; la produzione diventa una creazione; gli osservatori, gli astanti, i visitatoti, gli shopper assumono il ruolo di pubblico, e così via.
Per designare tali processi si fa ricorso al neologismo dall'inglese: “artification”; benché il termine possa assumere una connotazione negativa/dispregiativa - poiché l'artificio sarebbe la fabbricazione dell'artificiale, inteso come un'operazione ingloriosa di mercificazione, volta a distruggere l'autenticità delle cose - non è questa la prospettiva che vogliamo sottolineare, invero ne assumiamo il senso puramente descrittivo.
L’artificazione apporta cambiamenti e modifiche concrete di progetti, contenuti, forme, attività, costruzioni, realizzazioni e così via, determinando non solo lo spostamento del confine tra arte e non arte, ma anche un ripensamento e la costituzione di nuovi mondi (non solo dell’arte tout court), popolati da nuove entità in costante aumento; basti pensare alle professioni strettamente artistiche (architetti, designer, graphic designer, fotografi, video-maker, content creator, direttori artistici, etc.) o a coloro che ne fanno una pratica amatoriale (quanto ci siamo cimentati durante le vacanze, ripiangendo di non possedere un drone, per fare delle fotografie “spettacolari”!), nonché alle stesse istituzioni “culturali” o che vogliano svolgere un “ruolo culturale”, in continuo sviluppo, sia che rientrino nell'azione pubblica sia che siano presenti nell'economia di mercato.
I processi di artificazione sono emersi in numerosi ambiti/settori, tra cui moda, tempo libero, turismo, intrattenimento, sport, hospitality, largo consumo e tecnologia; inoltre, l'artificazione può assumere diverse forme, rientrando a pieno titolo all’interno del cambiamento sociale, culturale e manageriale cui si assiste da tempo.
I luoghi, le imprese, i retailer, le persone come brand, sono coinvolti nei “processi di artificazione”. Una popolazione sempre più numerosa e sempre più diversificata si impegna nell'artificazione e ne trae, ove opportuno, benefici e vantaggi, raggiungendo equity.
Massi e Turrini (2020) - attraverso una ricerca nel settore della moda - hanno classificato le diverse iniziative di artificazione in tre potenziali livelli, collocati all’interno di un continuum, distinguendo tra loro: sinergie, contaminazioni e ibridazioni; tale classificazione permette di considerarne forme, attività, modalità e intensità gestionale per i brand.
Ciò aiuta a spiegare perché le “forme d’arte”, con la conseguente atificazione per i brand, sono sempre più varie e inaspettate e, se quest’ultima diviene la regola, è opportuno (per non dire fondamentale!) considerarne il processo sottostante, che richiede tempo e investimenti. Tempo, perché l’artificazione necessita di scouting, selezione, scelta e realizzazione di una collaborazione “attiva” di autorità artistiche, artisti, organizzazioni, decisori, persone e così via e, in ottica branding, i necessari investimenti, posto che l’obiettivo è di rafforzare l’immagine di marca, elevando o alimentando il suo status nei “nuovi mondi” della nostra società.
Massi, M., & Turrini, A. (2020). When Fashion Meets Art: The Artification of Luxury Fashion Brands. In The Artification of Luxury Fashion Brands (pp. 1-32). Palgrave Pivot, Cham.