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Brand Empathy

Tra i vari termini che stanno conoscendo in questi ultimi tempi, ma soprattutto in queste ultime settimane, una vera e propria reviviscenza c’è sicuramente empatia.

Google Trends

Google Trends è uno strumento di analisi che permette di conoscere la frequenza di ricerca di una determinata parola o frase nell'immenso mare magnum di oltre 5 miliardi di ricerche quotidiane effettuate su Google

Non desta meraviglia osservare la spezzata visualizzata attraverso una rapida search su Google Trends, utilizzando gli ultimi 12 mesi e l’Italia come raggio d'azione temporale e geografico del termine empatia. Il maggiore picco si ravvisa dalla metà di marzo all’11 di maggio (data in cui ho effettuato la search) e alcune ricerche connesse o associate a tale argomento hanno avuto una “impennata” (es. cosa significhi e come si esprima attraverso frasi e immagini).

 

Rispondendo ad una delle tante richieste “cadute nella rete”, partiamo dal significato di empatia.



Empatia: cosa è

Il significato di empatia  è stato ampiamente descritto, da secoli ormai, da numerosi studiosi e da altrettanto numerose ricerche che hanno attraversato le più diverse discipline: dalla filosofia all’estetica, dalla drammaturgia alla comunicazione, dall’antropologia alle neuroscienze, dalla psicologia alla psicoterapia, dalla scienza cognitiva allo studio delle emozioni, dalla pedagogia alla bioetica, dall’economia al management, dalla leadership al marketing e al branding. Se da un lato, ciò rende quanto mai arduo il poter racchiudere in un unicum il concetto di empatia, dall’altro, conferma l’importanza assunta dall’empatia nel branding, per il potenziale esperienziale affatto peculiare e con una propria qualità distintiva.

 

“Mettiti nei miei panni”. Chissà quante volte ce lo siamo sentito dire e chissà quante altre volte noi stessi lo abbiamo preteso/richiesto dagli/agli altri. Empatia è la parola con cui si cerca di sintetizzare tale approccio.

 

Il termine deriva dal greco en-pathos e letteralmente significa “sentire dentro”. L’empatia è stata illustrata come la capacità di comprendere i pensieri e gli stati d’animo di un’altra persona, sapendone interpretare e stimolare ragionamenti (empatia cognitiva) e/o emozioni (empatia emotiva), presidiandone l’importante dimensione di natura affettiva. In estrema sintesi, l’empatia può dunque definirsi come un processo che si attiva quando non si è più focalizzati soltanto su propri pensieri e percezioni (egotismo), ma quando si palesa quale reale interesse verso l’altro (altruismo), basandosi prevalentemente su una relazione di scambio reciproco, ma che abbia nell’altro e nella comprensione vera e profonda di esperienze e percezioni altrui, il vero driver partecipativo e comunicativo.

Brand Empathy: diamogli un senso

L’empatia è stata, da sempre, strettamente connessa ai concetti di comunicazione, persuasione, relazione, scambio e partecipazione - fondamentale nei  processi di immedesimazione tra pubblico e protagonista delle opere teatrali dell’antica Grecia o nella retorica persuasiva necessaria per il coinvolgimento - del pubblico, dell’audience del target, del customer, dell’user, come chiameremmo oggi coloro a cui rivolgersi.  Con queste basi, il sodalizio con la marca è immediato, naturale e per certi versi ovvio, tanto da rendere quasi superflua tale associazione. Eppure…

 

In questi giorni, in un mondo sempre più interconnesso, in cui la crisi sanitaria ha innescato un lockdown che potremmo dire universale, con una conseguente crisi economica senza precedenti, l’empatia è divenuta un collante straordinario per cementare relazioni “genuine e umane” tra marca e consumatore. Preme sottolineare come un apparente paradosso contemporaneo, già da tempo evidenziatosi, ha accresciuto la rilevanza dei tanti mezzi digitali e tecnologici definiti storicamente “freddi” per cui l’empatia diviene ancora più importante e rilevante, anche come leva “sociale” (o social?).

Lo ha fatto Valentino a fine aprile con #ValentinoEmpathy, all’interno del settore del lusso e del più ampio fashion system - tanto amato, ambito e spesso onirico - collegando il brand direttamente all’empatia attraverso una campagna “bandiera” con # (ovviamente!) - quasi una nemesi-collante tra i più e i diversi modi di affiancamento, connessione e comunicazione - in cui celebrity dal mondo, di diverse arti e culture, vengono ritratti dai compagni di isolamento nei loro ambienti di quarantena, indossando il look Valentino per la collezione autunno inverno 2020, senza limiti di spazio, confini o categorie. Proprio perché l’empatia diventa la connessione vincente per innescare i cambiamenti positivi.

 

Ma si può anche far leva su diverse forme di iniziative di solidarietà (cfr Brand della Solidarietà); oppure si può ricorrere a comunicazioni diverse attraverso voci storiche, un parlato fuori campo, immagini, visual, filastrocche, simbologie e frasi in sovraimpressione che sottendano nei diversi mezzi la brand empatthy impiegata e necessaria nel designare vicinanza, comprensione, prossimità, condivisione, solidarietà, altruismo, accoglienza, cura. E con queste diverse accezioni o sfaccettature della brand empathy, si tende sempre più a incidere a livello cognitivo o affettivo, rendendola quanto mai familiare e rassicurante e determinandone relative fama e fortuna.

Concludo con una frase di Kim Stanley Robinson, uno dei più grandi scrittori viventi di fantascienza, tratta dal The New Yorker: "Il virus sta riscrivendo la nostra immaginazione. Ciò che sembrava impossibile è diventato pensabile".  Potremmo parafrasare questo stupendo messaggio con: la pandemia ha rafforzato i paradossi che sembrano all’ordine del giorno, offrendo l'opportunità di cambiare verso un mondo che non è semplicemente nuovo, ma migliore.

Noi speriamo, con genuina empatia!

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