#ABOUTLEADERSHIP

Non vincere, ma far crescere!

Fermatevi un attimo. Provate a pensare alla prima metafora della leadership che vi viene in mente.

Scommetto che a tutti o quasi è venuto in mente un esempio legato al mondo dello sport. Soprattutto dopo la grande estate italiana appena passata, ricca di successi e medaglie per i nostri atleti. Quante interviste e dichiarazioni sono girate in rete in queste ultime settimane. Sotto i riflettori sono finiti quasi in ugual misura atleti e allenatori, chiamati a raccontare, spiegare e farci rivivere quei magici momenti in cui tutti eravamo davanti agli schermi ad esultare e sventolare il tricolore. Vittoria, vittoria, vittoria si sentiva gridare nelle strade. Questo è ciò che più ci ha accompagnato: il desiderio di vincere. Giustissimo, ci mancherebbe. Nulla di sbagliato in questo, specie quando ti stai giocando gli Europei o le Olimpiadi.

È quando immediatamente si erge a grande esempio di leadership il giocatore X o l’allenatore Y che mi viene da storcere un po' il naso. Data la grande vittoria, subito si cerca di estrapolare quali siano stati i comportamenti o i fattori in grado di determinarla per confezionare il manuale del leader ideale.

 

La verità è che fino a che la vittoria, l’essere il numero 1, rimane l’obiettivo principale a cui agganciare tutte le azioni e le iniziative, non possiamo parlare di leadership.

 

Leadership implica e si fonda sul principio della relazione. Esempi di vera leadership si ritrovano dove la relazione è al centro: un’amicizia, un matrimonio, l’essere padri e madri, ad esempio.

 

Come dice Simon Sinek, provate a voler essere i numeri 1 dentro al vostro matrimonio o nel rapporto con i vostri figli. Non andrete molto lontano.

 

Quando la relazione è al centro, l’obiettivo primario è la crescita dell’altro, non la vittoria.

Non che leadership e business siano sganciati, anzi. Chi si occupa di leadership lo sa bene. Quando un leader è primariamente preoccupato della crescita dei propri collaboratori, questo ha un impatto immediato e positivo sui risultati aziendali. Non è un’opinione, i dati lo dimostrano. Quando, invece, si vuole vincere a tutti i costi, quando la competizione è al centro del mirino, la relazione passa in secondo piano e tende a deteriorarsi, e, presto o tardi, anche la performance ne risente.

 

Una leadership che dà forza (non che la toglie!) ai propri collaboratori, che ispira e che fa fiorire le loro capacità è una leadership creatrice di contesti positivi, opportunità, innovazione e performance eccellenti.

 

Prendete una delle diecimila negoziazioni fatte in casa con i propri figli. Qual è l’obiettivo? Dimostrare di aver ragione o farli crescere? A seconda dello “sfondo” che date alla discussione avrete due risultati diversi: nel primo caso, verosimilmente, figli schiacciati dalle vostre opinioni e amareggiati per la sconfitta. Nel secondo, figli cambiati, cresciuti, perché gli avete cambiato prospettiva, li avete aiutati a capire, li avete guidati. Anche il compito affidatogli o le indicazioni date sortiranno effetti diversi. Nel primo caso si limiteranno nella maggior parte dei casi a fare il minimo sindacabile; nel secondo caso potrebbero invece addirittura sorprendervi.

 

Con i collaboratori è la stessa cosa. Funziona esattamente uguale. È una scelta, questa, che ogni leader deve fare.

“Mettiamo la vita dei nostri figli prima della nostra. Vogliamo che crescano, che abbiano fiducia in se stessi e vadano avanti e ottengano più di quanto potremmo ottenere noi stessi", dice Sinek. “La leadership è esattamente, esattamente la stessa. I leader sono quelli che sono disposti a rischiare, quando è importante, i propri interessi, in modo che gli altri possano avanzare”.

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