La tecnologia, nel retail di alta gamma, deve potenziare e non sostituire l’operato dei client advisor, facendo leva su backend e operations sempre più intelligenti. Deve servire a fare sistema, migliorando l’efficienza dell’intera filiera del Made in Italy, anche attraverso lo sviluppo di nuove metriche in grado di far apprezzare il valore e la coerenza della tecnologia con il capitale semantico dei brand. Vittoria Veronesi, direttrice del Master in Fashion, Experience & Design Management (MAFED) ha così tirato le fila del dibattito Technology integration in luxury retail operations, realizzato con il sostegno di Altagamma, la Fondazione che riunisce le imprese dell’alta industria culturale e creativa italiana.
La ricerca al centro dell’incontro, realizzata dalla stessa Veronesi con Laura Colm, Silvia Gallo e Beatrice Medici, individua cinque aree di applicazione della tecnologia nel retail di lusso (interazione, immersione, personalizzazione, operations intelligence e continuità relazionale) e sviluppa un modello che suggerisce che cosa deve fare la tecnologia nel settore.
Le tecnologie di interazione fluidificano l’interfaccia cliente-brand lungo touchpoint fisici e digitali, inclusi onboarding e pagamento. Quelle di immersione arricchiscono l’esperienza sensoriale e narrativa in store, favorendo un coinvolgimento profondo nell’identità del brand. Si ha personalizzazione quando le tecnologie consentono di creare esperienze su misura e data-driven, durante ma anche prima e dopo l’interazione in store. Le tecnologie di operations intelligence supportano il customer journey in store, lavorando «dietro le quinte», attraverso il miglioramento di processi back-of-house. La continuità relazionale è favorita da tecnologie che consentono di mantenere viva e coerente la relazione con il cliente nel tempo.
La ricerca risponde alla domanda “che cosa deve fare la tecnologia?” arriva attraverso quattro “E,” che sono state dibattute in una tavola rotonda.
La tecnologia deve amplificare (Empower) i ruoli. “E lo fa quando non è fredda, ma crea calore e libera tempo da usare per migliorare la conoscenza del cliente. È presnete lungo tutta la client experience, ma in modo non invasivo,” ha detto Alessandra Casalino, Omnichannel Adoption and Digital Store Operations Senior Manager, Bulgari.
Deve, inoltre, integrare dietro le quinte (Embed). Luca Sburlati, CEO Pattern Group e Presidente Confindustria Moda, ha raccontato alcune best practice di tecnologie che migliorano tutto ciò che sta a monte della vendita – dalla fase creativa alla produzione dei campioni – ma che riescono anche gestire in modo infinitamente più efficiente che in passato il make-to-order, una modalità che coinvolge un numero molto piccolo di clienti, ma con un valore aggiunto elevatissimo.
Delle tecnologie che sanno estendere le relazioni (Extend) ha parlato Stefania Lazzaroni, CEO, Fondazione Altagamma, ricordando come le tecnologie fossero viste con freddezza dal settore fino al periodo pandemico, durante il quale hanno rivelato tutte le loro potenzialità. Il miglior rapporto digitale con il cliente sa estendere valori del lusso come esclusività, creatività e savoir-fair senza snaturarli.
Infine, la tecnologia deve misurare e va misurata con senso (Evaluate). Marco Di Dio Roccazzella, Shareholder e Managing Director, JAKALA, ha chiarito il forte, e in un certo senso nuovo, focus sulla bottom line proprio del settore negli ultimi anni e ha illustrato l’impatto delle tecnologie sulle operations di negozio, sulla gestione del magazzino, sull’accuratezza del forecasting e sulla possibilità, per il client advisor, di gestire con informazioni appropriate un numero di clienti superiore.
SDA Bocconi School of Management