Come le bollicine sono diventate patrimonio dell’UNESCO

Una ricerca della Scuola per il Consorzio del Prosecco

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Milano, 24 settembre 2019.
Che una particolare area geografica debba la sua notorietà a un prodotto enogastronomico tipico non è certo un’eccezione in Italia. Ma non capita tutti i giorni che un’eccellenza produttiva, sia pure conosciuta ed esportata in tutto il mondo, valga per il territorio di origine il riconoscimento di Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO. È quello che è successo a luglio 2019 alle colline del prosecco o, per la precisione, al Consorzio del Prosecco Superiore Conegliano Valdobbiadene DOCG, un’area della provincia di Treviso che comprende 15 comuni dai quali provengono le più famose “bollicine” d’Italia.

 

Quella che è un’ulteriore ragione di orgoglio per il nostro paese – che raggiunge quota 55 per i siti compresi nella World Heritage List, confermandosi la nazione con il maggior numero di siti al mondo a pari merito con la Cina – ha un particolare valore per SDA Bocconi. Nella prospettiva della candidatura UNESCO, infatti, la Scuola è stata incaricata dal Consorzio di realizzare una ricerca per stimare, da un lato, l’impatto dell’economia del prosecco sul territorio dei quindici comuni e, dall’altro, l’effetto della stessa candidatura in termini di interventi per la valorizzazione dell’area, anche verso l’esterno. Le “esternalità positive” della realtà economica sull’ambiente naturale e sociale sono infatti – oltre all’unicità del territorio, naturalmente – un presupposto necessario per l’iscrizione nella WHL.

 

La ricerca, condotta da Maria Cristina Cito, Severino Salvemini, Costanza Sartoris e Gabriele Troilo, è suddivisa in due parti: nella prima è stata raccolta e analizzata un’ampia serie di dati storici per rappresentare l’evoluzione negli ultimi decenni – in comparazione con il resto della provincia di Treviso e con tutta la regione Veneto – non solo dell’economia locale ma anche delle condizioni socio-culturali e delle ricadute sul turismo. La seconda parte si è concentrata invece su altre due aree territoriali, una in Italia e l’altra all’estero, prese come benchmark in virtù delle diverse analogie col territorio del prosecco: le Langhe-Roero e Monferrato in Piemonte e i Climat della Borgogna in Francia, entrambe già Patrimonio dell’UNESCO.

 

I risultati mostrano che, se il reddito medio nei comuni del Consorzio è cresciuto negli ultimi 20 anni in linea con la provincia e la regione, la ricchezza accumulata (in depositi bancari e beni durevoli, quali case di grandi dimensioni e numero di autovetture per famiglia) è mediamente superiore rispetto agli altri due territori, sia pure con una distribuzione leggermente più diseguale. E anche l’iniziativa economica, espressa dai volumi di credito erogato, risulta più robusta. Ma l’impatto principale si registra nello sviluppo del capitale umano: nel territorio del Consorzio i titoli di studi qualificati e le professioni specializzate sono sistematicamente maggiori rispetto alle altre due aree. Un investimento sulle risorse umane e sulle competenze che sono il presupposto essenziale per una crescita duratura. Dal punto di vista turistico, invece, si registrano ancora significativi margini di sviluppo.

 

«È chiaro che il riconoscimento UNESCO segnala un’unicità che non appartiene a qualsiasi territorio agricolo», sottolinea Gabriele Troilo, «ma questi risultati evidenziano che un paese come l’Italia, terra di grandi eccellenze enogastronomiche (e non solo), ha comunque grandi potenzialità di sviluppo locale, non soltanto dal punto di vista delle imprese, cioè in base a parametri puramente economici, ma anche e soprattutto per il contesto sociale e umano di quelle aree». E le grandi diversità della Penisola possono solo moltiplicare le possibilità.

 

SDA Bocconi School of Management

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