L'Hangar MiMS lancia e raccoglie la sfida dei Millennials in Sanità

MIMS, Master in Management per la Sanità

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Milano, 19 dicembre 2019
Più dimestichezza con la tecnologia, maggiore disponibilità e capacità di accettare il cambiamento, migliore capacità di fare network. Ma anche una fiducia più vacillante nel futuro, una minore identificazione con il proprio lavoro e una minore stabilità nei rapporti sociali e professionali. Sono le due facce della medaglia dei Millennials, la generazione dei trentenni – per l’esattezza i nati tra il 1981 e il 1996 – che ha ormai preso le redini di molti settori economici, sia privati che pubblici. Sono loro al centro dell’Hangar MiMS, il progetto nato nell’ambito del Master in Management per la Sanità di SDA Bocconi, con il contributo di Fondazione Pfizer, per indagare le nuove esigenze e le nuove figure professionali di questo settore, nel quale il ricambio generazionale deve affrontare una sfida in più: quella di mettere a confronto il fisiologico rinnovamento manageriale con un “target” – la popolazione degli utenti – che invecchia.

E non è una sfida da poco se si pensa alla portata dei cambiamenti che – ci ricorda Valeria Tozzi, Direttore MiMS, introducendo la giornata di presentazione dell’Hangar – non sono solo di natura socio-economica ma anche tecnico-scientifica e organizzativa. Così, da un lato la ricerca medica apre porte inimmaginabili solo fino a qualche anno fa, come, solo per citare alcune sfide, la medicina di precisione e la genomica, la medicina rigenerativa e l’epigenetica, che impongono risposte cliniche sempre più calibrate sul singolo paziente. Dall’altro ci troviamo ad affrontare trasformazioni epocali a livello economico, sociale e culturale, come la comunicazione digitale e social, la “amazonizzazione” dei consumi (cioè la richiesta di risposte a qualsiasi esigenza e in tempo reale), la precarizzazione economica e, appunto, una piramide demografica che si ribalta. A fronte di ciò, le aziende si trovano a rivedere l’organizzazione, i principi di funzionamento e gli strumenti manageriali: i bacini di utenza crescono (ASL sempre più popolose), i processi di erogazione tendono a standardizzarsi, le relazioni tra Regione e aziende sanitarie “si avvicinano”, i setting assistenziali si trasformano (sempre meno ricoveri e sempre più servizi ambulatoriali o domiciliari), la digitalizzazione dei servizi e della comunicazione avanza inesorabile. Per tutto questo gli approcci professionali finora collaudati a tutti i livelli non bastano più.

 

Diventa indispensabile che i nuovi manager della sanità siano preparati a questa rivoluzione. Lo ribadisce Roberta Montanelli Coordinatore MiMS, che, nell’affrontare i nuovi percorsi educativi in Sanità e il contributo che MiMS può dare ai professionisti di oggi e di domani, usa il termine “MiMSlennial”. Una survey svolta da Hangar MiMS fa l’identikit di questa generazione, scoprendo caratteri che sono al tempo stesso grandi risorse o limiti su cui intervenire. Ci troviamo di fronte a professionisti molto preparati e ad alto potenziale, ma che possono essere troppo centrati su di sé; veloci e per questo spesso impazienti; abituati ai rapporti virtuali e a volte “schermati” in quelli diretti; molto attenti al work-life balance, ma impreparati ai “sacrifici” professionali; orientati al risultato e talvolta spregiudicati. “Ormai da anni – conclude Montanelli – il MiMS sta lavorando su tutti questi aspetti per valorizzare le risorse dei Millennials e supportarli nel processo di orientamento del loro approccio al mercato del lavoro”.

 

Patto intergenerazionale, reverse mentoring, valori condivisi: sono alcune delle parole-chiave emerse dalla successiva tavola rotonda moderata da Valeria Tozzi che ha visto coinvolti Barbara Capaccetti, Presidente della Fondazione Pfizer, Massimo Annicchiarico, Direttore generale AO San Giovanni di Dio, Dario Seghezzi, Direttore generale ISI ex ex studente MiMS, Ilaria Capua, Direttore del Centro di Eccellenza One Health a Gainesville (Florida), ed Elio Borgonovi, Presidente CERGAS. Tutti concordi nel considerare i Millennial una grande risorsa per le aziende che devono affrontare il cambiamento. “Non si tratta più di essere orientati a un singolo ruolo – precisa Seghezzi – ma di allargare l’orizzonte a tutta la funzione promuovendo forme di refreshing. Questa è una esigenza aziendale e i più giovani sono una risorsa”. E i Millennial sono culturalmente abituati a questo. “Ma nel loro placement all’interno delle aziende a volte si registrano insoddisfazioni reciproche, che devono essere trasformate in opportunità – aggiunge Annichiarico –. Occorre costruire competenze comuni”. Secondo Barbara Capaccetti, una possibilità in questo senso, già sperimentata in Pfeizer, è “il reverse mentoring, l’affiancamento di manager di età differenti dove i senior possano imparare dagli junior l’attitudine al cambiamento”.

 

“Serve un nuovo modo di vedere la salute, non solo come dimensione individuale ma sistemica, cioè collettiva e ambientale”. È il messaggio accorato che con il suo intervento Ilaria Capua lancia a questa generazione: anche se la generazione precedente non lo ha fatto (irresponsabilmente) è oggi più che mai necessario un patto intergenerazionale per salvaguardare gli equilibri generali e il futuro stesso dell’umanità. Una richiesta esagerata? Niente affatto, se si pensa che gli stessi Millennial “dovranno presto vedersela con le generazioni successive, a cominciare dalla Z, che saranno ancora più veloci ed esigenti”.

 

La vera sfida sta nell’integrare l’esperienza acquisita con la capacità di accumularne sempre di nuova. Le parole conclusive di Elio Borgonuovi sembrano fare da cerniera tra le generazioni e suggerire ridefinizioni di concetti fondanti – in Sanità e non solo – come “management, che non può più essere ambidestro (stabilizzazione/innovazione) ma deve diventare polifunzionale”, “velocità, che non deve diventare azione prima del pensiero” e ancora “alleanza tra generazioni, che non serve tanto a definire gli strumenti quanto l’orientamento da seguire”. Ma più di tutti, il concetto di “valore condiviso, che non significa uguale, perché l’uniformità è meccanismo, non organizzazione” e non si può applicare nell’universo dei servizi alla persona. Una lezione quanto mai importante in un mondo che cambia rapidamente.

 

SDA Bocconi School of Management

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