Sertac Yeltekin, governare il futuro con il life-long learning

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La trasformazione spaventa, fa saltare mindset consolidati, impone di abbandonare processi noti e rassicuranti, porta molte persone fuori dalla propria «comfort zone». Ma è inevitabile e addirittura salutare, sia per le organizzazioni che per gli individui. «La trasformazione è ormai il pane quotidiano delle grandi aziende». Lo dice senza mezzi termini Sertac Yeltekin, Head of Corporate Learning del Gruppo UniCredit. E infatti il tema della trasformazione nel settore bancario, delle incognite che porta con sé e delle strategie per governarla è stato al centro dell’incontro che con Andrea Beltratti che si è tenuto in SDA Bocconi nell’ambito delle HR Series EMF – Executive Master in Finance.

La trasformazione è il new normal

Lo spunto iniziale della conversazione, quasi provocatorio, parte proprio dal direttore di EMF: le grandi banche sono perennemente in fase di trasformazione. Si tende a sopravvalutare le fasi di stabilità: in realtà il cambiamento – talvolta sottotraccia, talvolta più marcato – è la regola. «Gestire la trasformazione è la sfida principale dei nostri tempi – conferma Yeltekin – Nell’ultimo decennio la transformazione del settore  ha subito una netta accelerazione a causa di due fattori concomitanti: lo sviluppo della tecnologia digitale, da un lato, e il rallentamento dell’economia dall’altro. Le banche hanno dovuto fare i conti con nuove opportunità ma anche con risorse più scarse e questo ha imposto un ripensamento radicale dei modelli di business». Di primo acchito il cambiamento disorienta gli individui, fa perdere i punti di riferimento acquisiti negli anni. «Come Corporate Learning, il nostro compito è far sì che il cambiamento non sia vissuto come una minaccia, che diventi il new normal e venga assimilato dalle persone.

I fondamentali del cambiamento

«Per non diventare disruptive – prosegue Yeltekin – è importante che la trasformazione sia governata e si armonizzi con i valori dell’organizzazione. In UniCredit abbiamo identificato cinque valori, che sono alla base di tutte le nostre attività:
1) Customer First: la centralità del cliente, della sua identità e delle sue esigenze;
2) Execution and Disciplines: la capacità, specie in un gruppo grande e differenziato, di sviluppare e portare a termine progetti con regole e procedure efficaci e condivise;
3) Risk Management: la sostenibilità a lungo termine del business e la gestione dei rischi connessi a tutte le attività
4) Cooperation and Synergies: l’importanza di lavorare insieme e sfruttare al meglio le potenzialità di realtà funzionali e geografiche molto diversificate;
5) People Development: valorizzare l’elemento umano, che è al centro di qualsiasi processo di trasformazione».

Formazione permanente per vincere l’incognita del futuro

Qualsiasi gestione della trasformazione, tuttavia, si trova a fare i conti con un elemento difficilmente governabile: l’incognita del futuro. Nella finanza come in altri settori – ricorda Beltratti – le previsioni ci dicono che molti dei ruoli professionali dei prossimi 30-40 anni non sono ancora nati. Come si può guidare il cambiamento di fronte a tali incertezze? «Di certo – conferma Yeltekin – quando ho iniziato a lavorare le carriere erano molto più definite. Si poteva cambiare mansione, azienda o settore ma tutto secondo percorsi piuttosto noti e prevedibili. Si calcola invece che il 65% dei lavori che svolgeranno i bambini che nascono oggi non esistono ancora e ci sono studi che dicono che il 47% dei lavori attuali solo tra 15 anni non ci saranno più. Del resto lo vediamo già oggi: nei servizi di trading molte profilazioni di rischio e creazione di portafogli vengono fatte da algoritmi, non più da persone fisiche».
«Quindi – prosegue il manager di UniCredit – le questioni da affrontare sono due: come prepararsi a professioni future che ancora non conosciamo e a quel 53% di lavori che rimarranno ma inevitabilmente evolveranno. La risposta a entrambe le domande si chiama life-long learning, formazione continua. Non possiamo più pensare che una formazione universitaria o anche post-universitaria, ma precedente all’entrata nel mondo del lavoro, sia sufficiente per affrontare 40 anni di carriera (o anche 50 se si pensa all’aumento delle aspettative di vita e all’allungamento dell’età lavorativa) con ruoli e attività che cambiano in tempi molto più rapidi. In questo senso un executive master come EMF è una grande opportunità perché si inserisce in un percorso professionale già avviato, lo rilancia e aiuta a immaginare nuovi scenari futuri».

Le due velocità della vita lavorativa

E qui si profila la vera sfida per chiunque voglia investire sulla sua professione attuale e futura (o, ancora giovane, debba orientarsi nel mondo del lavoro): è fondamentale saper viaggiare a due velocità su binari paralleli, dice Yeltekin. Uno è quello della vita lavorativa attuale, dei task che ci troviamo ad affrontare quotidianamente e delle mansioni specifiche che svolgiamo, per i quali dobbiamo dotarci delle competenze specifiche e degli strumenti tecnici adeguati. Contemporaneamente però dobbiamo viaggiare sull’altro binario, quello che ci porta lontano verso un futuro che non conosciamo ma verso il quale dobbiamo essere molto sensibili, cogliendo i segnali che vengono dal mercato del lavoro. «Questo può creare stress – ammette Yeltekin – ma se nel corso della carriera impariamo a coltivare le nostre capacità di apprendimento, riusciremo a cogliere le opportunità presenti in qualsiasi trasformazione».

Imparare anche dai fallimenti

L’importanza di imparare a imparare, del resto, è evidente anche nelle fasi di progettazione, sviluppo e lancio di servizi e iniziative. «Siamo in un settore molto regolamentato, com’è giusto, dove le attenzioni e la gestione dei rischi sono d’obbligo, ma, grazie anche alle nuove tecnologie, oggi si è molto più agili econ la possibilità di testare campioni ristretti, apportando velocemente le correzioni più opportune. In questo modo è possibile  intercettare anche eventuali rischi. 

Una leadership che accompagna

Le organizzazioni possono fare molto per stimolare il life-long learning dei loro dipendenti. Su questo punto si misurano anche i nuovi modelli di leadership. Se una volta il modello organizzativo e formativo aziendale era di tipo top-down – i vertici fornivano fondamentalmente istruzioni operative da applicare – ora è necessario stimolare l’interesse all’apprendimento e responsabilizzare gli individui. E moltiplicare le porte di accesso alla formazione. «In UniCredit abbiamo lanciato la piattaforma di formazione online My Campus, navigabile in diverse modalità, sulla base del momento che si sta vivendo in azienda, o in base all’interesse professionale e personale, o in modalità “Percorsi” con interi piani formativi dedicati ai principali ruoli.
La tecnologia aiuta molto l’apprendimento, rende più fruibili i contenuti, soprattutto in una realtà distribuita in 14 mercati strategici e in altri 18 Paesi in tutto il mondo. Al Corporate Learning ci piace definirci “curatori” invece che formatori, un’accezione più ampia e versatile. Questo non significa che è possibile delegare ad altri la propria crescita professionale: l’organizzazione può stimolare, ma l’investimento e la motivazione devono partire sempre dal singolo individuo».

SDA Bocconi School of Management


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