#ValorePubblico

Valutare è anche saper dare un feedback

L’ultimo post di #ValorePubblico è stato dedicato ai sistemi di valutazione. Ma valutare non è solo un fatto amministrativo: dipende anche dalla capacità di offrire un feedback. Si tratta di una competenza di comunicazione in genere poco allenata e troppo spesso bloccata da un fraintendimento di fondo su cosa sia un buon feedback. Ne ho scritto nel libro “Public Leadership” e qui ne offro un piccolo estratto.

 

A Warren Buffet, leggendario investitore e tra gli uomini più ricchi del mondo, verosimilmente uno che di valore se ne intende, è attribuita una frase la cui traduzione dall’inglese suona più o meno così: la franchezza è un regalo molto costoso, non aspettartelo da persone grette. Infatti, non è raro nelle organizzazioni osservare la pratica della poker face, o faccia da poker: riuscire ad nascondere le proprie intenzioni, emozioni e opinioni, perché lo si considera più vantaggioso, come in una partita a poker, che si gioca sull’asimmetria informativa. Astenersi dal dare il proprio punto di vista non è solo indice di scarso interesse per l’altro o grettezza, per usare le parole di Buffet, ma può anche segnalare un certo grado di sfiducia nella disponibilità del destinatario del potenziale messaggio ad accogliere il un punto di vista critico: in genere, però, la scarsa fiducia in come reagirà l’altro può segnalare anche una certa insicurezza nelle proprie capacità di riuscire ad esprimere in modo costruttivo un’opinione critica. Un certo grado di faccia da poker nelle organizzazioni è fisiologico: ma quando è la regola nella relazione tra capo e collaboratore è il segnale che manca un processo di scambio franco e generativo. Pertanto, lo spazio per il cambiamento è negato, in quanto non ricercato affatto.

Un buon feedback non è nemmeno una requisitoria: alcuni capi intendono il feedback come una resa dei conti, come il momento in cui possono finalmente sfogare la loro disapprovazione, insoddisfazione, frustrazione per comportamenti o atteggiamenti che ritengono inopportuni.

In genere, si riconoscere una requisitoria da un feedback perché è tutta giocata sulla ricerca della ragione per sé e del torto per l’altro, come se vi fosse in osservazione un giudice da convincere. La requisitoria è sovente la reazione di un capo che si sente vittima dei comportamenti inadeguati del proprio collaboratore e che con la requisitoria cerca giustizia. Non diversamente dalla poker face, anche la requisitoria non crea nuovo spazio per il cambiamento, in quanto non è una conversazione orientata al futuro, ma solo al passato. Non è animata dalla fiducia nell’altro e nella possibilità di un cambiamento, ma assomiglia più una resa dei conti che può avere in genere due esiti: più il destinatario del messaggio è fragile, più si convince della sua inadeguatezza e ne esce demotivato e sconfitto, invece che consapevole di quali spazi di crescita ci sono per lui; più il destinatario è consapevole della inappropriatezza della requisitoria, più ne esce sfiduciato verso il proprio capo e verso la loro relazione di collaborazione. Ma in entrambi i casi, non si crea alcuno spazio per l’apprendimento, lo sviluppo e il consolidamento della relazione. Che cos’è, allora, un buon feedback?

 

Un feedback si differenzia dalla requisitoria in primo luogo per l’intenzione: non è animata dalla pretesa di avere ragione, ma si fonda sulla necessità di condividere informazioni utili, che aiutino il destinatario del feedback a comprendere (e in che modo) un dato comportamento o decisione ha avuto (e verso chi) effetti potenzialmente critici. Non si tratta di avere ragione, perché si porta nella conversazione una prospettiva diversa, non più giusta o più autentica, ma verosimilmente non considerata dal destinatario del feedback. Il feedback ha poco a che vedere con la verità: non si tratta di trasfondere l'interpretazione autentica della realtà, ma di offrire il proprio punto di vista. Il fatto stesso di vedere una circostanza secondo una luce diversa può sostenere un cambiamento nel comportamento. Inoltre, al contrario di una requisitoria, il feedback può essere propedeutico ad avanzare una richiesta puntuale di cambiamento. Infine, un feedback, anche quello meglio costruito e offerto, può non lasciare traccia perché implica che l’altro sia libero di scegliere cosa farsene: non sempre quando si costruiscono le condizioni per il cambiamento, questo avviene.

Eppure resta uno dei mezzi più potenti per favorire lo sviluppo e per consolidare relazioni di fiducia.

 

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