#ValorePubblico

Della burocrazia creativa e altri paradossi

Nell'ambito della manifestazione culturale Biennale Democrazia conclusa ieri, sono stata invitata a moderare un dibattito tra Charles Landry, ispiratore del movimento delle città creative e, più recentemente, del Creative Bureaucracy Festival di Berlino, e Ota De Leonardis, sociologa esperta di istituzioni pubbliche, sistemi di welfare e loro evoluzione. Ne è nata una conversazione ricca e forse anche divertente. Ecco gli spunti per me più interessanti.

Che cos’è la burocrazia creativa?

Charles Landry ha sviluppato questo concetto lavorando sulle città come ecosistemi, dove pulsano forze innovative che se intercettate e messe a sistema possono portare sviluppo e benessere non solo economico, ma sociale e culturale. Un ingrediente cruciale di questo amalgama energetico è la pubblica amministrazione, chiamata non solo a non ostacolare le forze creative della società civile e delle imprese, ma a prendere parte e, anzi, guidare il turbine dell’innovazione. Landry guarda alla burocrazia come “a reservoir of hidden potential and talent locked up” da liberare. Come? Nei suoi scritti e nelle iniziative di cui è promotore offre diversi spunti. In estrema sintesi, si tratta di ridisegnare un perimetro di gioco che favorisce e incentiva l’innovazione – ad esempio, premiando i fallimenti, perché sono comunque coraggiosi tentativi di innovazione – e di costruire nuove narrative che permettano ai dipendenti pubblici di ritrovare il senso di missione, Ladry dice l’incanto, del proprio operare. De Leonardis riconduce questa prospettiva ad esperienze che fanno parte della storia della PA italiana, come quella dell’innovazione nei servizi sociali degli anni ’80, quando gli sforzi di riprogettazione nati “da una PA che intraprende e inventa soluzioni” hanno riconfigurato la fisionomia di alcuni servizi. Quella capacità, nella lettura di De Leonardis, è stata travolta dall’ideologia New Public Management e dalle riforme conseguenti, nei fatti orientate al taglio della spesa e al ridimensionamento dei servizi. C’è ancora spazio per chiedere alla pubblica amministrazione di essere creativa? Ne segue un dibattito sulla successione dei modelli di pubblica amministrazione (New Public Governement, New Public Governance, New Public Service, Open Government, …) che forse confonde un po’ anche il pubblico, a giudicare dalle domande che rivolge sul tema. Provo a spostarlo su un punto, che mi sembra cruciale.

Antigone era una burocrate creativa?

Se Annalisa Malara, anestesista all’ospedale di Codogno, non avesse violato il protocollo che prevedeva il test Covid solo per chi avesse avuto collegamenti diretti o indiretti con la Cina, il virus si sarebbe probabilmente scoperto ancor più tardi. Oggi le siamo certamente grati di aver scelto di mettere in discussione quella regola. Ma questo ci mette davanti ad uno degli aspetti più spinosi del funzionamento della burocrazia: un potere che si fonda sulla (e trova il suo limite nella) legge, come si regola, senza regola certa? Raccoglie la domanda De Leonardis che ci ricorda che il problema è vecchio almeno tanto quanto Antigone: oggi come allora, occorre sapere riconoscere lo iato tra le regole e il diritto per “giocare nei margini di azione tra le leggi e i principi di giustizia”. Landry rinforza, sostenendo che serve più esercizio di discrezionalità e meno rigido imbrigliamento nelle regole. A qualcuno non sfuggirà che era parte del programma New Public Management. Ma sorvolo, perché forse abbiamo toccato un tema cruciale di tutta la vicenda burocratica. La dott.ssa Malara non è stata sanzionata. Ma resta aperto il tema se quello iato lo si colma solo con gesti di ordinario eroismo più o meno creativo o se non c’è forse un altro modo. Un modo che si fonda, aggiunge De Leonardis, sulla forza di non limitarsi a fare emergere la contraddizione, ma anche di operare per la promozione di nuove leggi, più giuste. Provoco ulteriormente, ricordando che nel lessico italiano l’aggettivo ‘creativo’ è talvolta usato in tono ironico come sinonimo di ‘furbesco’ (finanza creativa, appalti creativi, concorsi creativi), lasciando aperto non solo sul piano semantico, ma forse anche sul piano cognitivo ed identitario la questione di come riconoscere ed attrezzarsi ad agire in quello spazio tra regole e diritto.

nel lessico italiano l’aggettivo ‘creativo’ è talvolta usato in tono ironico come sinonimo di ‘furbesco’ (finanza creativa, appalti creativi, concorsi creativi)

Il tempo a nostra disposizione è finito. Sono appena a metà delle domande che volevo rivolgere a Landry e De Leonardis. Devo tirare un qualche filo da questa conversazione. Mentre ci provo, mi torna in mente “The Terminal” di Spielberg e quella scena che tutti i nostri allievi di MAP, EMMAP e molti dei nostri corsi lunghi di public management hanno visto e discusso, a proposito di funzionamento delle burocrazie: il punto non è se è giusto o no, fisiologico o no che le regole siano spesso contraddittorie, inadatte, incomplete; ma cosa facciamo e cosa tuteliamo quando lo riconosciamo.

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