Teoria in pratica

Un approccio scientifico al processo decisionale imprenditoriale

Se, quando devono prendere delle decisioni, gli imprenditori si comportano come scienziati, ottengono risultati migliori? Possono contare su previsioni più accurate? Riescono più facilmente a orientarsi verso idee originali? Hanno maggiori probabilità di sviluppare il progetto oltre le fasi iniziali?

Il contesto

Negli ultimi anni, sia la pratica della gestione sia il dibattito accademico hanno riconosciuto che le organizzazioni si trovano a dover prendere decisioni su nuovi prodotti o idee imprenditoriali in condizioni di crescente incertezza. Questo trattiene le imprese dall’impegnare ex ante risorse significative su modelli di business più innovativi o su nuove caratteristiche di prodotto e le incoraggia invece a adottare approcci flessibili basati sui feedback di mercato, come versioni abbozzate di un’idea, investimenti scaglionati e adattamenti ai cambiamenti ambientali. Se su questo argomento sono emerse nuove teorie di gestione strategica ed economica, un approccio classico che combina diverse euristiche di ricerca (come tentativi ed errori, effettuazione e ricerca di conferma) sembra però non bastare più per raccogliere ed elaborare informazioni utili a prendere decisioni imprenditoriali.

Ancora oggi la letteratura accademica e la pratica di gestione faticano a stabilire se esistono metodi che siano davvero efficaci per la raccolta e l’elaborazione delle informazioni necessarie al processo decisionale. Per rispondere a questa domanda abbiamo scelto di affrontare la questione da due prospettive e abbiamo messo a confronto due approcci diversi con cui può essere affrontato il processo decisionale.

  • Impiego di euristiche di ricerca, come processi per tentativi ed errori, effettuazione e ricerca di conferma.
  • Applicazione di un metodo più scientifico con cui comprendere e testare i meccanismi che influenzano le prestazioni di prodotti o idee.

La ricerca

Un nostro recente studio recentemente ripreso da Harvard Business Review e Forbes, verifica empiricamente i diversi effetti prodotti sulle prestazioni di un’impresa dall’applicazione di un approccio scientifico al processo decisionale nel caso del lancio di un nuovo modello di business o di un’idea di prodotto, e mette a confronto i risultati così conseguiti con quelli ottenuti da un approccio basato sull’euristica, cercando di spiegare eventuali differenze.  

 

Durante il nostro trial di controllo randomizzato (RCT) abbiamo utilizzato un campione di 116 startup italiane e 16 punti dati nell’arco di un anno. 

 

Abbiamo distribuito casualmente le imprese tra due gruppi, uno sperimentale e uno di controllo, offrendo a ciascuna di esse un programma di formazione imprenditoriale di quattro mesi e abbiamo quindi monitorato le prestazioni dei due gruppi nel tempo. 

 

Sia il gruppo sperimentale sia quello di controllo hanno partecipato a 10 sessioni di formazione generale che si concentravano su come ottenere feedback dal mercato e valutare la fattibilità della propria idea ricercando, raccogliendo ed elaborando informazioni prima di impegnare risorse sull’effettivo sviluppo. Nello specifico, il programma si articolava in quattro fasi incentrate sulla convalida del mercato: business model canvas, interviste ai clienti, minimum viable 

product e concierge o prototipo. 

 

Alle startup che facevano parte del gruppo sperimentale abbiamo insegnato a sviluppare un framework con cui prevedere le performance della loro idea e a condurre test rigorosi delle loro ipotesi, proprio come fanno gli scienziati nelle loro ricerche. Abbiamo invece lasciato che le aziende del gruppo di controllo seguissero le loro intuizioni su come valutare la loro idea, con un metodo che in genere produce euristiche di ricerca abbastanza standard. 

 

In particolare, abbiamo insegnato al gruppo sperimentale a identificare il problema, articolare teorie, definire chiaramente ipotesi, condurre test per provare o smentire le loro teorie, misurare i risultati dei test e infine a prendere decisioni basandosi sui risultati prodotti con questi strumenti. Anche se abbiamo offerto la stessa formazione a entrambi i gruppi, a quello di controllo non abbiamo fornito criteri decisionali. 

 

Il nostro studio ha evidenziato come gli imprenditori che si comportano come scienziati ottengono risultati migliori, riescono più facilmente a orientarsi verso idee originali e hanno minori probabilità di abbandonare il progetto nelle fasi iniziali. I risultati ottenuti dal trial sono coerenti con l’ipotesi principale della nostra teoria: un approccio scientifico migliora in effetti la precisione delle previsioni.

Conclusioni e implicazioni

In questa ricerca ci siamo concentrati sul processo decisionale, il cui ruolo nell’influenzare le prestazioni di un’impresa impegnata su nuovi progetti è diventato sempre più centrale, soprattutto nell’ambito di ricerca che collega imprenditorialità e gestione strategica. Abbiamo dimostrato che l’uso di un approccio scientifico applicato al processo decisionale imprenditoriale aumenta la solidità delle prestazioni di un’azienda, che ne trae immediato vantaggio. Gli imprenditori possono infatti conoscere con un certo grado di precisione se e quando i loro progetti mostrano rendimenti bassi o alti e se e quando è vantaggioso orientarsi verso idee alternative. In altre parole, grazie a un approccio scientifico, gli imprenditori che hanno accuratamente considerato e convalidato le loro teorie su cosa vogliono i clienti, testando a fondo le loro ipotesi con esperimenti che riducono pregiudizi o imprecisioni nelle analisi di mercato, riducono la probabilità di incorrere in falsi positivi e falsi negativi. 

 

In questo studio abbiamo sviluppato un modello che mostra come un approccio scientifico consenta migliori previsioni, motivo per cui osserviamo diversi risultati di performance tra imprenditori che fanno parte del gruppo sperimentale e imprenditori del gruppo di controllo. Tuttavia, l’intervallo di tempo del nostro RCT non ci permette di verificare se le imprese del campione alla fine falliscono e se le imprese «sperimentali» falliscono più velocemente senza incorrere in costi elevati. Un’altra questione interessante che non viene sviluppata dalla nostra ricerca riguarda il problema dei falsi: l’approccio scientifico può correggere la nostra incapacità di perseguire falsi negativi? Ultimo ma non meno importante: se possiamo ipotizzare che un approccio scientifico fornisce un supporto alle aziende più grandi nel prendere decisioni, non abbiamo però fornito alcuna indicazione sul modo in cui l’approccio scientifico può essere applicato all’interno di organizzazioni complesse.  

 

Sono tutti interrogativi che il nostro studio solleva e che dovranno essere indagati da ricerche future.

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