
- Data inizio
- Durata
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- 14 mag 2025
- 9 giorni
- Class
- Italiano
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Una ricerca su 450 CFO europei evidenzia come un’eccessiva vicinanza al ruolo e alla retribuzione dei CEO può impattare negativamente sullo svolgimento delle funzioni fiduciarie in azienda
Non è ormai più una novità vedere, in occasione di eventi aziendali o di conferenze stampa, il CEO con al proprio fianco un altro dirigente: il Chief Financial Officer (CFO). Il protagonismo dei CFO è il riflesso dell’evoluzione che il ruolo sta avendo in molte grandi aziende: il CFO finisce per assumere un’assoluta centralità nell’impostazione della strategia, di fatto secondo per importanza solo al CEO. Allo stesso tempo, al CFO continuano a essere associate competenze specialistiche essenziali nell’ambito della comunicazione finanziaria e non finanziaria e più in generale della posizione finanziaria complessiva aziendale – oltre a una funzione fiduciaria di assoluta rilevanza, in veste di supervisore (anche di fronte alla legge) della corretta gestione e presentazione dei bilanci. Così il profilo del CFO finisce per caratterizzarsi sempre più per una compresenza di funzioni tecniche e di garanzia da un lato e di decision-making e strategiche dall’altro.
Che impatto ha questa evoluzione del ruolo sulla sua retribuzione in azienda, sia in termini assoluti sia rispetto a quella del CEO a cui riporta? Il livello retributivo di un CFO ha un impatto di qualche genere sulla qualità della reportistica e più in generale della comunicazione finanziaria che questi produce? E ancora, diversi tipi di incentivi (di breve o di lungo termine) impattano in maniera differente sul modo in cui un CFO svolge le proprie funzioni?
Per rispondere a queste domande, sono stati analizzati 450 casi di profili e attività di CFO in aziende europee di grandi dimensioni (FT Europe 500) operanti in diversi settori (fatto salvo quello finanziario) negli anni 2005-2009. Il profilo di ciascun CFO è stato tratteggiato a partire da una serie di variabili relative alle sue qualifiche ed esperienze lavorative pregresse, al suo potere decisionale e al ruolo concretamente svolto in azienda. Sulla base di queste informazioni sono stati ricavati due indicatori di sintesi: uno riguardante il livello di financial expertise posseduta, l’altro relativo alla maggiore o minore vicinanza al ruolo del CEO. Questi indicatori sono stati sviluppati in maniera tale da non essere per forza tra loro contrapposti: la tensione tra la connotazione tecnica e quella manageriale del CFO rappresenta infatti in un certo senso la natura stessa del ruolo. La dinamica retributiva dei CFO è stata invece analizzata tanto in termini assoluti, quanto nella sua maggiore o minore prossimità a quella del CEO della stessa azienda. Infine, la qualità della reportistica prodotta da ciascun CFO è stata misurata in maniera inversamente proporzionale all’entità dei discretionary accruals (accantonamenti discrezionali) nei bilanci aziendali.
Una prima evidenza emersa è che tanto più il ruolo svolto dal CFO in azienda è CEO-like, nel senso che il CFO è attore chiave nel processo decisionale strategico ed operativo, quanto più è probabile che la sua retribuzione sia anch’essa simile a quella del CEO: questo è vero anche dal punto di vista del sistema degli incentivi offerti, con una maggiore enfasi su quelli legati alla performance complessiva dell’azienda. La conseguenza è un maggiore allineamento tra gli obiettivi di fondo dei due ruoli, da cui scaturisce un possibile rischio di «collusione» tra i due dirigenti, con un impatto negativo sulla funzione fiduciaria in capo al CFO.
Un secondo elemento che sembra influenzare negativamente la qualità della reportistica prodotta dal CFO è il peso degli incentivi di lungo termine sulla sua retribuzione. Specialmente in presenza di incentivi in forma di equity, i CFO potrebbero essere indotti a manipolare gli accruals per politiche di earnings management capaci di impattare sui prezzi delle azioni. Un impatto di questo genere non si riscontra, invece, nel caso in cui il sistema retributivo preveda un peso sostanziale degli incentivi di breve.
Un terzo aspetto riguarda il livello di expertise in ambito di finanza aziendale del CFO: il bagaglio di competenze di cui questi dispone ha un effetto positivo sulla qualità del suo reporting. Tuttavia, questo impatto positivo resta comunque inferiore a quello di senso opposto determinato dalla vicinanza al profilo retributivo del CEO e dal peso degli incentivi di lungo termine.
Infine, anche la governance aziendale gioca un ruolo: una maggiore ampiezza del board aziendale influenza positivamente la qualità della reportistica prodotta dal CFO – il che testimonia i potenziali benefici di un monitoraggio più stretto da parte del CdA sulla sua attività.
Come abbiamo visto, sia la fisionomia concreta del ruolo del singolo CFO in azienda sia il sistema di retribuzione che gli viene offerto hanno un impatto sul tipo di contributo che è in grado di apportare all’organizzazione. Questo impatto può essere tanto negativo quanto positivo, a seconda dei casi. Il fatto che un CFO disponga di expertise in ambito finanziario è di per sé un elemento positivo – ma perché possa essere messo pienamente a frutto, l’azienda deve congegnare un sistema di incentivi specifici, che si discosti da quello previsto per il CEO.
In altri termini, le organizzazioni devono essere in grado di disegnare un profilo per il CFO che ne consenta un coinvolgimento attivo al vertice dell’organizzazione, ma senza minarne le specificità funzionali, soprattutto negli aspetti fiduciari. La necessità di differenziare il sistema di incentivi rivolto ai CFO da quello previsto per i CEO dovrebbe essere tenuta presente non solo dai CdA delle singole aziende, ma anche dai regolatori.