Teoria in pratica

Emozioni e cognizioni come driver delle vendite

Uno studio dei meccanismi psicologici che sono alla base della motivazione dei venditori e di come possono impattare sulle loro performance

Le premesse

Quella della motivazione è una delle aree più calde di discussione tra chi si occupa di vendite, subito dopo le tecniche e gli strumenti da utilizzare. Numerosi modelli sono stati avanzati per spiegare le determinanti dei comportamenti dei venditori e le performance conseguite. In particolare, ci si è concentrati sul ruolo delle intenzioni e delle emozioni vissute immaginando qualcosa che accadrà in futuro (emozioni anticipate e anticipatorie) come conseguenza delle proprie azioni, e sul modo in cui queste influenzano i comportamenti attivati e i risultati ottenuti.


Per comprendere più da vicino i driver comportamentali dei venditori, bisogna analizzarne tutte le componenti: gli interessi in gioco (sia quelli materiali/finanziari, sia quelli immateriali/psicologici), le dinamiche psicologiche (non solo emotive, ma anche cognitive), le emozioni anticipate (cioè le emozioni provate oggi in ragione dei risultati che ci si aspetta di ottenere in futuro come per esempio, la felicità provata oggi immaginando un futuro successo) e quelle anticipatorie , ossia quelle associate al concetto di incertezza, come la paura e la speranza.


Nel ripercorrere i fattori che condizionano il comportamento dei venditori, attenzione particolare va dedicata all’empatia, intesa come l’abilità di comprendere lo stato emotivo di un’altra persona e di avere una reazione emotiva corrispondente: mentre livelli elevati di empatia hanno un impatto positivo sulle relazioni intra-organizzative, l’impatto sulle relazioni con attori terzi (come quelle che caratterizzano gran parte delle attività di vendita) non è dimostrato in modo univoco; in certi casi (per esempio nei contesti B2B), potrebbe persino essere negativo, traducendosi in un rapporto troppo stretto con le proprie controparti e in una minore attenzione agli obiettivi personali del venditore e a quelli della sua organizzazione.

La ricerca

In uno studio su 154 agenti commerciali di una grande impresa farmaceutica europea, è stato testato un modello di comportamento dei venditori. L’ipotesi di partenza è che gli interessi (tanto finanziari, quali un maggiore guadagno, quanto psicologici come, per esempio, una promozione) che i venditori percepiscono in rapporto agli obiettivi finali siano correlati positivamente alle loro emozioni, sia anticipate sia anticipatorie: più importante è considerato l’obiettivo da raggiungere, maggiore sarà l’emozione (positiva o negativa) associata. Le emozioni, a loro volta, hanno un impatto sul desiderio di agire (per esempio, un sentimento di infelicità legato al possibile mancato raggiungimento di un obiettivo di vendita futuro spingerà a cercare di fare tutto il possibile per conseguirlo). Anche un maggior controllo comportamentale percepito sulle azioni (cioè la percezione di essere effettivamente in grado di agire in un certo modo, per esempio perché si dispone delle competenze necessarie) incrementa il desiderio di agire. Quest’ultimo è correlato positivamente con le intenzioni, che si traducono in comportamenti mirati, impattando in ultima istanza sul raggiungimento dell’obiettivo.


Parallelamente a questo processo di natura emotiva, è stato considerato il ruolo giocato dalle componenti cognitive: in particolare, dalle aspettative di risultato, cioè dalla convinzione (di natura razionale, non emotiva) che un determinato comportamento porterà a un certo esito. Nel modello, le aspettative di risultato sono correlate positivamente all’importanza degli interessi in gioco, e hanno un’influenza positiva sui risultati: nei venditori, aspettative di risultato positivo porteranno a una maggior capacità di risolvere i problemi e di conseguire gli obiettivi attesi.


Per testare questo modello nei suoi diversi passaggi, ai partecipanti allo studio è stato chiesto di rispondere a due diversi questionari somministrati in momenti differenti: un questionario che analizzava interessi in gioco, aspettative di risultato, emozioni, desiderio di agire, controllo comportamentale percepito ed empatia, da compilare in corrispondenza dell’assegnazione degli obiettivi per il trimestre di vendite successivo; e un questionario dedicato alle azioni effettivamente intraprese, al livello percepito di raggiungimento degli obiettivi e alle emozioni associate all’ottenimento dei risultati di vendita, somministrato al termine del trimestre.


Lo studio ha consentito di misurare l’impatto delle dinamiche cognitive ed emotive sulla realizzazione dei risultati di vendita. Questo impatto risulta significativo prevalentemente per le emozioni positive e per i venditori caratterizzati da bassi livelli di empatia: i venditori più indipendenti, meno altruisti, più cinici nella gestione delle relazioni si concentrano in misura maggiore sulle proprie emozioni personali, driver importanti per il conseguimento dell’obiettivo finale. Tale scarsa empatia svolge un ruolo positivo nel perseguimento degli obiettivi di breve periodo, come i risultati di vendita trimestrali. Potrebbe essere interessante verificare, con studi ulteriori, questo effetto su risultati di lungo periodo come, per esempio, la fidelizzazione del cliente.

Conclusioni e implicazioni

Una delle principali determinanti della performance dei venditori è l’aspettativa di risultato: come in una profezia che si auto-avvera, venditori con una mentalità più ottimista tenderanno a conseguire risultati migliori. Essere più o meno ottimisti non è solo una questione di personalità: l’ottimismo può essere incoraggiato attraverso programmi di formazione ad hoc e, soprattutto, adottando stili di leadership adeguati, che contribuiscano a instillare nei venditori la convinzione di poter davvero raggiungere gli obiettivi per loro stabiliti.


Data l’importanza degli interessi personali come fattore motivante, fissare obiettivi sfidanti e allo stesso tempo realistici è fondamentale nella gestione della forza vendita; ma altrettanto importante è selezionare venditori che abbiano forti obiettivi personali.


Gli interessi personali che condizionano il comportamento sono sia di natura finanziaria che psicologica: a seconda della specifica situazione di ciascun venditore, sarà possibile far leva maggiormente sugli uni o sugli altri come fattore motivante (per esempio, un venditore più giovane sarà tendenzialmente più sensibile a incentivi finanziari, mentre per un venditore già affermato gli aspetti reputazionali potrebbero essere preponderanti).


I manager possono influenzare il comportamento della forza vendite intervenendo anche sugli aspetti emotivi: per esempio, enfatizzando la rilevanza degli obiettivi e la loro realizzabilità per far leva sulle emozioni anticipate positive, o aiutando i venditori a gestire lo stress nel caso di emozioni anticipatorie negative. In generale, intelligenza emotiva e intelligenza sociale sono cruciali per chiunque rivesta una posizione di leadership nelle vendite.


Incrementare l’autonomia dei venditori focalizzando l’attenzione sui risultati da ottenere anziché sui processi da seguire può aumentare il controllo comportamentale percepito sulle azioni; lo stesso può dirsi per la rimozione di ostacoli di natura burocratica e per l’introduzione di programmi di formazione che forniscano strumenti e competenze adeguate.


Infine, la maggior sensibilità ai propri interessi personali dei venditori con bassa empatia, e la loro maggior attenzione alle proprie emozioni, possono rappresentare punti di forza di cui tener conto in fase di selezione, specie per alcuni ruoli (per esempio, sui mercati B2B).


A partire da queste basi, la comprensione dei fattori cognitivi ed emotivi che influenzano le performance di vendita potrà essere estesa ad altri tratti (come l’ironia o l’intuizione). Egualmente proficuo sarà analizzare l’impatto che diversi sistemi di gestione e di controllo delle vendite possono avere sui meccanismi comportamentali qui descritti.

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