Teoria in pratica

Oscurità stagionale e IPO: una strana correlazione

Esiste una relazione tra la diminuzione delle ore di luce in autunno e il livello di underpricing registrato il primo giorno di quotazione dalle società oggetto di offerta pubblica iniziale? Una recente ricerca, fondata su un ampio campione di riferimento, permette di sviluppare una riflessione originale dalle importanti implicazioni pratiche.

Il contesto

L’offerta pubblica iniziale (IPO) è il momento in cui un’azienda può raccogliere le risorse finanziarie necessarie a fare investimenti strategici. Il ricorso ai mercati finanziari è costoso e rischioso, ma può fornire all’impresa le risorse necessarie alla sua sostenibilità di lungo periodo e alla sua crescita. Tra i rischi della procedura di IPO uno particolarmente importante è legato al fenomeno dell’underpricing, per cui la quantità di denaro raccolto risulta normalmente inferiore rispetto al valore oggettivo dell’azienda che si quota. Diversi fenomeni possono incidere sull’ammontare dell’underpricing, come uno squilibrio tra domanda e offerta, uno sconto concesso agli investitori rispetto al prezzo di titoli quotati offerti da società simili, o la presenza di fattori di natura comportamentale. Una recente ricerca si è concentrata su questi ultimi.  

 

Un significativo numero di studi psicologici e medici ha evidenziato le implicazioni, anche economiche, delle crescenti ore di oscurità in autunno sulle attività umane e sull’umore delle persone. Il nostro studio assume una prospettiva finanziaria ed esamina la possibile presenza di un legame tra l’oscurità stagionale generata dalla rivoluzione terrestre attorno al sole e la dimensione dell’underpricing nell’IPO, a diverse latitudini, senza fare riferimento al ben noto Disturbo Affettivo Stagionale (il SAD, che richiede una prospettiva medica, un diverso campione di dati e risponde a una domanda di ricerca diversa).  

 

L’ampia letteratura sull’underpricing si articola in due principali filoni di studio: la ricerca sul tema in senso stretto e la ricerca relativa agli aspetti comportamentali nelle scelte finanziarie. Il nostro studio, che si inserisce in questo secondo indirizzo, si concentra soprattutto sulla prospettiva dell’emittente.  

 

Se l’ipotesi del mercato efficiente non dà spazio a variabili ambientali e climatiche per spiegare i rendimenti azionari e la volatilità del mercato, esistono tuttavia diverse teorie riconducibili alla finanza comportamentale, secondo cui particolari condizioni climatiche possono, in una certa misura, avere un impatto sulle decisioni di investimento.  

 

Le teorie della finanza comportamentale indagano le caratteristiche degli investitori irrazionali (talvolta anche chiamati «noise trader»), che prendono le loro decisioni, basandosi su emozioni o sentimenti. Un’altra delle correnti di indagine prese a riferimento, che si focalizza sugli aspetti psicologici, rileva come le decisioni delle persone e dunque anche le decisioni di investimento, siano ispirate, in parte, dallo stato d’animo. In questo contesto, determinate condizioni ambientali – climatiche, stagionali e sociali – hanno un impatto sull’umore degli investitori. Le emozioni, inoltre, che contribuiscono al formarsi delle decisioni, possono essere influenzate da fattori temporanei, come il clima. Il fenomeno della «mood non-attribution», nello specifico, incide su decisioni particolarmente complesse, caratterizzate da un certo grado di rischio e incertezza, ed è un fenomeno riconducibile alle più svariate ragioni, comprese le condizioni meteorologiche. Esistono infine studi rilevanti che dimostrano come un atteggiamento negativo diminuisca la domanda di attività rischiose mentre un umore positivo spinga le persone ad acquistare di più e a scambiare titoli, anche assumendo posizioni di rischio tangibile.  

La ricerca

La nostra ricerca, svolta tra il primo gennaio 2006 e il 31 dicembre 2016 su un campione di 3102 IPO in 32 Paesi, ha analizzato la possibile relazione tra un particolare fenomeno naturale, l’accorciamento delle ore di luce in autunno e il livello di underpricing registrato il primo giorno di quotazione dalle società oggetto di offerta pubblica iniziale (noto anche come IPO discount) .Studiando l’impatto dell’oscurità stagionale sull’IPO discount, abbiamo cercato di fornire un’interpretazione sulla possibile maggiore avversione al rischio che essa comporta.  

 

Lavorando su un ampio database di portata globale mediante regressione multivariata abbiamo potuto sviluppare una serie di importanti deduzioni e generalizzare le conclusioni più rilevanti ottenute dalla nostra analisi. 

 

Due presupposti principali hanno costituito le nostre domande di ricerca:  

  1. L’oscurità stagionale porta a un aumento dell’avversione al rischio e dunque l’attività di investimento (cioè la sottoscrizione di titoli azionari in IPO) richiede adeguati incentivi (l’IPO discount appunto).  
  1. A causa della sensibilità all’oscurità stagionale, vi sono effetti asimmetrici che potrebbero comportare una maggiore sottoquotazione dei prezzi di collocamento durante l’autunno rispetto ai mesi invernali, quando le giornate iniziano ad allungarsi.  

 

L’impiego di un modello di regressione multipla per verificare le due ipotesi ci ha consentito di definire le diverse caratteristiche dell’emittente e dell’offerta. Il confronto dei rendimenti durante i mesi di buio stagionale e i mesi caratterizzati da un allungamento delle ore di luce è risultato decisivo per valutare la correttezza delle nostre ipotesi.  

 

I risultati evidenziano un impatto positivo del buio stagionale sull’underpricing delle aziende che si quotano in borsa nei mesi caratterizzati da un fotoperiodo ridotto. In altre parole in questi mesi, a parità di altre condizioni, lo sconto sul prezzo di IPO è più elevato.   

 

Ragioni essenzialmente irrazionali, riconducibili ai filoni della finanza comportamentale, sono l’interpretazione più probabile di questo fenomeno, che non sembra essere determinato dai fondamentali dell’impresa quotanda. Come detto, il buio stagionale è all’origine di una sorta di maggiore avversione al rischio degli investitori. In particolare, all’aumentare della latitudine, questo aspetto diventa più rilevante, sottolineando la sensibilità dell’IPO discount alla durata del fotoperiodo. 

Conclusioni e implicazioni

Se è possibile avallare l’ipotesi secondo cui l’aumento dell’avversione al rischio causato dal buio stagionale durante i mesi autunnali e invernali deve essere contrastato attraverso l’offerta di azioni a prezzo ridotto, non possiamo confermare l’ulteriore ipotesi secondo la quale è possibile un effetto asimmetrico dell’oscurità stagionale al solstizio d’inverno (quando le giornate iniziano ad allungarsi).  

 

La raccolta di prove empiriche su un mercato ristretto caratterizzato da incertezza – come quello delle IPO – permette alle aziende che desiderano aprire il proprio capitale al pubblico, di affrontare il processo con una maggiore consapevolezza così da ridurre al minimo i rischi di fallimento o le inefficienze. Per quanto riguarda ricerche future, sarebbe utile disporre di dati tempestivi sull’incidenza dell’oscurità stagionale sulla popolazione e analizzarne l’impatto su altre variabili legate al mercato delle IPO, quali ad esempio la volatilità del prezzo nel periodo immediatamente post quotazione. Inoltre, si potrebbe estendere l’analisi allo studio di una possibile relazione tra oscurità stagionale ed esercizio dell’opzione greenshoe, ovvero dell’ampliamento della dimensione dell’offerta destinata al mercato.  

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