
- Data inizio
- Durata
- Formato
- Lingua
- 25 set 2025
- 12 giorni
- Class
- Italiano
Fissare chiaramente i tuoi obiettivi e affrontare le problematiche specifiche delle PMI, per un migliore coordinamento della tua realtà imprenditoriale.
Da decenni il capitalismo familiare è la spina dorsale dell’economia italiana. Ma con il passaggio di testimone dai fondatori alle nuove generazioni, la natura della leadership sta cambiando. I più giovani sono meno attratti dal modello dell’uomo solo al comando e più inclini a condividere responsabilità, valorizzando la collegialità. Sono anche più consapevoli dei rischi (shock geopolitici, crisi ambientali, pandemie) che nessun singolo leader può gestire da solo. Per loro, la governance non è un vincolo burocratico, ma uno strumento per rendere l’impresa più resiliente.
Questo cambio generazionale spiega la crescente domanda di regole chiare a sostegno dei passaggi di consegne, capaci di rafforzare la trasparenza, la legittimità e la capacità strategica. Le società quotate da tempo si affidano a codici dettagliati. Per l’universo delle imprese familiari non quotate, numericamente dominante e fondamentale per occupazione e innovazione, un codice di autoregolamentazione può fare la differenza tra una transizione ordinata e un processo caotico e distruttivo. Volontario e basato sul principio del comply or explain, il nuovo Codice Principi per il Governo delle società non quotate a controllo familiare. Codice di autodisciplina, presentato il 22 settembre in SDA Bocconi School of Management, rappresenta dunque un passo concreto verso un capitalismo familiare più robusto e credibile.
Il codice aggiorna, riscrivendolo quasi completamente, quello del 2017 ed è frutto del lavoro di Assonime, AIDAF, Corporate Governance Lab di SDA Bocconi School of Management e Cattedra AIDAF-EY di Strategia delle Imprese Familiari in memoria di Alberto Falck di Università Bocconi. Otto anni dopo la prima edizione, il contesto è radicalmente cambiato. La rivoluzione ESG ha imposto alle imprese di confrontarsi con temi ambientali, sociali e di governance allora marginali; le crisi ricorrenti hanno reso evidente che i rischi da presidiare sono più ampi e complessi; un massiccio ricambio generazionale ha messo in difficoltà aziende cresciute di dimensioni ma ancora prive di strutture di governo adeguate. Nel frattempo, sono proliferati codici analoghi a livello europeo e internazionale, spostando l’attenzione dalle società quotate a quelle non quotate. E se nel 2017 la buona governance era appannaggio di poche imprese pioniere, oggi è una prassi diffusa che richiede di essere codificata e condivisa.
Il primo pilastro del nuovo codice riguarda l’organo di amministrazione. Il Codice richiede che sia collegiale e aperto a consiglieri esterni, almeno due, con competenze e autorevolezza tali da incidere realmente sui processi decisionali. Nelle imprese più grandi, uno di questi deve essere indipendente secondo i criteri del Codice delle società quotate. Si tratta di un cambiamento culturale che consente alle imprese familiari di attrarre manager qualificati e di aprirsi a una dialettica più strutturata con gli stakeholder.
Un secondo elemento chiave è la gestione delle successioni. Il Codice raccomanda regole precise per garantire continuità di governo e di gestione, incluse procedure di emergenza per affrontare eventi imprevisti. L’obiettivo è favorire una progressiva separazione tra il ruolo strategico della famiglia e la gestione operativa, affidata a manager dotati delle necessarie competenze. In questo quadro, si incoraggia a valutare anche il modello dualistico, che può collocare la famiglia nel consiglio di sorveglianza e i manager nel consiglio di gestione: un modello che, se adottato, faciliterebbe il ricambio generazionale e la managerializzazione delle imprese familiari italiane.
Il terzo asse è la sostenibilità. Il Codice richiede che l’organo di amministrazione adotti procedure per informare non solo sull’impatto finanziario, ma anche su quello ambientale e sociale. Per le società non soggette a obblighi di rendicontazione, viene indicato un quadro di riferimento volontario basato sugli standard europei (CSRD). L’innovazione non si ferma qui: si incoraggiano strumenti come la partecipazione agli utili da parte dei dipendenti, segnali di una governance che vuole radicarsi nella comunità e rafforzare l’allineamento tra proprietà familiare e stakeholder.
Ma le novità non riguardano solo i contenuti. Il nuovo Codice è stato reso più agile — 14 pagine contro le quasi 40 della versione 2017 — ed è articolato in Principi e Linee guida non vincolanti. L’obiettivo è la fruibilità: meno didascalico, perché le aziende familiari hanno raggiunto un livello di consapevolezza superiore, e più tecnico, pensato per essere adottato anche dalle imprese di media dimensione. La chiarezza si accompagna a un principio di proporzionalità: le raccomandazioni più stringenti riguardano le società più grandi, mentre per le medie restano suggerimenti volontari.
Infine, il cambiamento più radicale: l’applicazione del codice sarà monitorata dal nuovo Comitato per la Corporate Governance delle imprese familiari non quotate, affiancato da una segreteria tecnica che supporterà le aziende nell’implementazione. Non più quindi un manuale da archiviare, ma uno strumento vivo, aggiornato annualmente, in dialogo costante con le imprese. Se riuscirà in questa ambizione, l’iniziativa potrà ridefinire il modo in cui il capitalismo familiare italiano affronta le sue sfide più delicate: successione, strategia e legittimazione sociale.