Sotto la lente

Ripresa e competitività: le imprese italiane a confronto

Sarà a V a U a W o a baffo? Mentre il dibattito su come sarà la ripresa economica è ancora in corso, abbiamo chiesto un breve bilancio del periodo Covid-19 al top management di alcune imprese di punta del nostro Paese. Una discussione nata negli scorsi mesi all’interno dei talk degli Executive MBA di SDA Bocconi School of Management, organizzati per capire come le nostre imprese hanno affrontato e si preparano ad affrontare le sfide, le trasformazioni e i nuovi fattori competitivi alla luce del nuovo contesto globale.

 

Secondo Claudia Lotti, Partner & Associate Director di Boston Consulting Group, le imprese italiane, già in difficoltà prima del Covid-19, sono state duramente colpite dalla pandemia e ora costrette a sopravvivere grazie a una serie di supporti «esterni» come gli ammortizzatori sociali, le sospensioni dei licenziamenti collettivi e individuali, l’accesso a finanziamenti garantiti da SACE o la sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione. È tuttavia nel 2021, aggiunge, che può arrivare la tempesta perfetta, quando le criticità strutturali delle aziende si faranno sentire e, con lo sblocco dei licenziamenti, verranno meno gli strumenti di supporto nonché il ritorno alle normali interazioni con il ceto bancario. In questo contesto, è prevedibile anche un calo generalizzato dei consumi.

 

Secondo Francesco Faella, Presidente di Tetra Pak Italia, le sfide principali per l’immediato futuro ruotano attorno al cliente e al consumatore. Nell’alimentare, così come in altri settori, il consumatore è diventato più consapevole e interessato alle aziende e ai prodotti che sceglie. Oltre alla sicurezza e alla qualità di questi, sarà sempre più centrale il tema della sostenibilità, un ambito nel quale le aziende sono chiamate a un impegno concreto e proattivo non solo nei confronti del consumatore, ma anche di tutta la filiera. Inoltre, il forte senso di responsabilità del proprio business e la trasformazione verso il digitale delle modalità di lavoro e di relazione con i clienti rappresentano altri due temi da implementare, anche in vista di possibili chiusure future.

 

Per sostenere la competitività delle imprese, Luca Sacchi, Senior Vice President e Head of Strategic Innovation di Piaggio, punta il dito sull’innovazione, un elemento che dovrà sempre di più rappresentare un asset strategico dell’organizzazione. Molto spesso l’innovazione viene vissuta come un elemento separato dal processo produttivo, come se fosse qualcosa on top. È invece necessario rivedere tale interpretazione inglobandola nella produzione di un prodotto, nell’erogazione di un servizio o nei processi di vendita. Per Piaggio investire nell’innovazione significa anticipare le esigenze dei clienti, creare prodotti all’avanguardia dal punto di vista tecnico, stilistico e funzionale e, dal lato strategico, mantenere la leadership sul mercato.

 

Innovazione e sostenibilità dei prodotti e dei processi sono gli atout con cui anche Mapei punta a crescere sui mercati. Secondo Stefano Ranghieri, Direttore marketing dell’azienda che oggi conta 31 laboratori di ricerca sparsi per il mondo, l’Italia è tra i paesi più attivi per l’uso efficiente di materie prime e l’intera società sta investendo massicciamente in soluzioni che ne riducano il consumo mantenendo inalterate le prestazioni. Mapei ha inoltre dovuto rivoluzionare la relazione con il cliente in un settore, come quello edilizio, dove l’interazione umana è ancora molto radicata. La chiave di volta è stata la rapidità di adattamento: in poche settimane la società ha riconvertito su piattaforma digitale tutte le attività di formazione dei partner e ha creato nuovi strumenti commerciali su misura per loro.

 

A essere molto legati alla fisicità e al rapporto umano nel business è anche Red Bull, emblema globale di marketing esperienziale. Come ci si comporta quando tutti gli eventi pubblici sono fermi? Con spirito di adattamento e rimanendo fedeli ai valori e alla promessa del proprio brand. Per Roberto Giugliano, Direttore marketing di Red Bull, è stato essenziale non perdere di vista la propria strategia aziendale. In tal senso, sono stati confermati gli investimenti online sui contenuti distintivi della marca, coinvolgendo soprattutto gli atleti della scuderia Red Bull che hanno raccontato non solo le loro imprese, ma anche la loro nuova quotidianità e le differenti sfide che, come tutti, si sono trovati ad affrontare. Le mutate abitudini e i nuovi bisogni dei consumatori post Covid-19 diventano anche un’opportunità per crescere a livello di categoria di prodotto estendendo così il proprio footprint a nuove occasioni di consumo. Per quanto riguarda la distribuzione, la società non ha finora alterato la sua strategia ma è evidente di come questa terrà inevitabilmente in considerazione l’aumento delle vendite online.

 

Il confronto con Lamborghini ci ha permesso di capire che cosa succede in un settore a metà strada tra lo sport automotive e il lusso. Come ci ha raccontato Paolo Poma, CFO della società, quello delle auto super-sportive è un mercato molto di nicchia che registra circa 100.000 nuove immatricolazioni all’anno con una base clienti esclusiva e tempi di consegna che vanno dai sei mesi a oltre un anno. Questa fase di recessione ha avuto un impatto importante sui patrimoni degli italiani, ma ha soprattutto generato incertezza sul futuro a tutti i livelli sociali. Se è vero che in questo momento l’auto super-sportiva non è certamente fra le priorità dei consumatori, da un certo punto di vista rappresenta un modo sicuro per tornare a divertirsi e a godere della vita attraverso le esperienze venute a mancare durante il lockdown. Anche se è ancora presto per sbilanciarsi, Poma intravede un’importante ripresa degli ordini, che in alcune aree geografiche sono tornati a livelli superiori al periodo pre-Covid. A livello di nuove sfide – un aspetto che accomuna l’intero comparto automotive – il manager di Lamborghini mette l’accento sull’accresciuta complessità di gestire la supply chain a livello globale: dalla catena di fornitura alla rete distributiva, passando per l’evoluzione delle modalità di lavoro.

 

Il confronto con alcuni dei più importanti top manager italiani è stata anche occasione di confronto sui punti di forza del nostro Paese da sviluppare per stimolare la ripresa.

 

Sempre Poma ha rimarcato l’importanza della crescita e del sostegno alle aziende: il peso del debito addizionale, generato per supportare imprese e famiglie, può essere infatti sostenuto solo attraverso la crescita, che passa attraverso l’enorme potenziale manifatturiero e imprenditoriale italiano. Tramite una politica industriale per il Paese chiara, efficace e sovraordinata rispetto a qualsiasi colore politico è fondamentale ripartire dalle imprese per creare nuovi posti di lavoro. Per Sacchi di Piaggio il tessuto imprenditoriale deve rendere ancora più significativo il livello qualitativo che abbiamo nel mondo della manifattura high-end e il potenziale in quello dei servizi. Se è vero che ci viene riconosciuto un valore nei segmenti top di gamma e nelle super-nicchie, è fondamentale rendere il resto del mondo consapevole di come questa qualità possa essere estesa anche ad altre categorie merceologiche. Per Faella di Tetra Pak, le realtà italiane che vanno all’estero con prodotti che devono farsi ambasciatori della qualità del made in Italy e di una filiera tracciabile devono anche essere espressione dell’impegno e del sistema valoriale dell’azienda in cui il consumatore può riconoscersi. A ribadire il valore strategico dell’innovazione è Ranghieri di Mapei secondo cui, seppur molte aziende fatichino a investire in ricerca e sviluppo, l’Italia riesce ancora a esprimere creatività e innovazione tecnologica.

 

Cosmo Schinaia, Country Head per l’Italia di Fidelity International, sostiene che il punto di forza dell’Italia è sempre stato il tessuto di imprese di qualità, da quelle a grande capitalizzazione – i cui brand hanno permesso la riconoscibilità del nostro Paese a livello internazionale – a quella a media e piccola capitalizzazione, con brand forse meno conosciuti dal grande pubblico ma con un’elevata qualità dei prodotti che li rende appetibili sui mercati mondiali. Schinaia ci aiuta a riflettere anche su un altro elemento cruciale che può mettere in moto gli investimenti e sostenere la ripresa dei consumi, ovvero il «tesoretto» detenuto dai risparmiatori italiani. Alla crisi da Covid-19 l’Italia è arrivata già debole perché negli ultimi dieci anni non ha beneficiato dell’espansione economica mondiale. Questo indebolimento economico ha fatto sì che gli investitori, ovvero i risparmiatori italiani, una volta tradizionalmente legati all’investimento obbligazionario, si allontanassero da questo mondo accantonando capitale per far fronte agli imprevisti. Il risultato di questo processo è visibile ancora oggi, con oltre 1,4 miliardi di euro fermi sui conti correnti.

 

Le imprese intervistate dimostrano di avere le idee chiare sulle strategie da intraprendere per crescere e affrontare la ripresa. La sfida è adesso quella di creare le condizioni affinché si possa lavorare serenamente in queste direzioni.

 

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