Branded World

Indi Brand

Il sottile confine tra indi brand e start-up

Indi brand non è un nuovo termine che si aggiunge alla già ampia literacy sul brand, ma rappresenta una tipologia di marca che, soprattutto ai giorni nostri, sembrerebbe rivendicare l'attenzione rispetto alle sterminate praterie - e semplificazioni - che si aprono ogniqualvolta si abbiano come riferimento le sturt-up e il new branding. Di fatto, non esiste start-up senza new branding e, potremmo anche aggiungere che, altrettanto di sovente, le start-up nascono come indi brand per poi, eventualmente, svilupparsi utilizzando driver specifici o percorrendo strade alternative che ne garantiscano la crescita (venture capitalist, business-angel, hub o lab di innovazione, dismissione personale versus ingresso in conglomerate o grandi gruppi, ecc.), con conseguenti modifiche nella proprietà o nella composizione del capitale azionario.

Ovviamente la mia è una estrema semplificazione.

Sta di fatto che tanto per le start-up quanto per gli indi brand si tratta di new business a cui affacciarsi attraverso il branding. A dire il vero non ci avevo mai pensato al parallelismo che a breve vi propongo e, pertanto, ringrazio nell'ordine: Giorgia, Costantino e Carolina, miei studenti, che mi hanno costretto a riflettere sull'angolatura di brand e branding che vi propongo, più che mai affine al nostro Branded World. 

 

 

È proprio nell’ambito dell’industria della musica che il termine indi-brand trova la sua più specifica connotazione.

Alle origini degli Indi Brand

Durante gli anni '90, l'industria discografica vive un periodo di vero boom; cassette e dischi in vinile vengono sostituiti dai CD, l’avvento di internet, ha poi reso possibile il diffondersi della musica digitale che, a sua volta, indebolisce il potere oligopolistico in capo alle principali majors dell’industria, le Big Four, costituite da: Sony Music Entertainment, EMI, Universal Music Group e Warner Music Group (che coprono oltre l’85% del mercato discografico mondiale).

 

Indi sta per Indipendente, e l’abbreviazione deriva da un’industy creative-based come quella discografica. Quest’ultima vede, infatti,  al suo interno la convivenza di due principali tipologie di etichette: le major, ovvero quelle che sono legate a multinazionali, proprietarie della maggioranza delle label artistico-musicali dell’industria, e le indipendenti – o indie labels - che differentemente dalle prime vengono “auto-prodotte”, distaccandosi in questo modo dalle precedenti.

 

Cantanti, DJ e produttori indipendenti, sono quegli artisti che decidono di non firmare alcun contratto con le etichette major, protagoniste del mercato, ma piuttosto di affidarsi alle cosiddette indie labels. Queste ultime sono etichette “più piccole”, che operano senza l'assistenza finanziaria delle Big Four e tipicamente producono musica “meno commerciale” e da massa, naturalmente difficilmente raggiungibile.

 

 

Indi come concetto

Nonostante il potere promozionale delle grandi etichette, le indie hanno diversi vantaggi: permettono all'artista il controllo totale della propria produzione (musica, testi, grafica, diffusione, ecc.) e una maggiore libertà espressiva. Motivi che ne determinano le preferenze dei musicisti, specialmente quando esordienti.

Detto in altri termini, si vuole indicare come la dimensione (sono "più piccole") e l'adattibilità (sono "più flessibili") rendono tali label molto diverse dalle grandi etichette, permettendo di rispondere più rapidamente a visioni, tendenze o visuali e ispirazioni verso il divenire.  

La musica, quindi, rimane "più vicina" alla visione originale dell'artista (cd. vanity label, che riflettono i gusti musicali personali dell'artista) e anche di coloro - anche se pochi - che godono ascoltarla.

 

Tutto ciò ha consentito di far assurgere il termine indie persino al "modo" in cui il suono è prodotto (non il genere musicale), indicando una musica di artisti al di fuori dagli schemi e delle tendenze artistiche e musicali dominanti nel momento.

Gli artisti indie, qualsiasi sia il genere musicale da loro praticato, sono accumunati da uno stile lavorativo prettamente “fai-da-te”, che permette loro di non dipendere da alcuno e, soprattutto, dai big player di mercato.

 

Ciò non significa però né che qualsiasi etichetta indie adotti uno spirito libero, a tutti gli effetti indipendente e di puro anticonformismo nei confronti del mercato e dei trend che lo governano e, tantomeno, che tutte le etichette major producano solo ed esclusivamente musica definibile come “commerciale”. Anzi, il percorso di sviluppo degli indi-brand sovente avviene attraverso il passaggio a o per le major. 

Traslando quindi il concetto di label indipendente ad altri business, differenti da quello musicale, è possibile applicare tale "etichetta" ai cosiddetti Indi Brand, evidenziandone distanza (competitiva, di posizionamento strategico, di struttura dell'offerta e di strategie di branding, ecc.) e distinzione (gruppi strategici, fattori critici di successo, brand strategy e brand portfolio strategy, ecc.)  esistenti tra essi e gruppi, catene, corporate o aziende conglomerate.

Le industry degli Indi Brand

Nella Eyewear Industry, in cui negli ultimi 10 anni si è assistito ad una vera e propria “rivoluzione”, molti indi brand come Italia indipendent, che ha già nel brand name la sua promessa, o Retrosuperfuture - fondato nel 2007 e adesso nel  portafoglio Red Circle, la società di investimento di Renzo Rosso fondatore di Diesel - e tanti altri italiani, australiani e americani  - hanno accresciuto la propria brand value proposition con una preponderante presenza online e non rinnegando il canale degli ottici o i variegati contatti con il mercato (touchpoint diversi e variegati), offrendo prodotti di qualità, sovente ad un prezzo più contenuto di competitors specializzati nel settore e operanti anche attraverso il licensing di maison della moda.

Volendo utilizzare una metafora, potremmo dire che nello spazio cosmico esiste una solitaria galassia (Luxottica-Essilor) che attraversa mondi paralleli composti da grandi pianeti del Sistema Solare (gruppi multinazionali) e una Via Lattea dinamica, cioè una miriade di "piccole nuove stelle" (indi brand). Queste ultime – attraverso il “cannochiale” MIDO 2019 (Milano Eyewear Show, la più importante fiera mondiale dedicata all'occhiale, a cui partecipano tutti i brand più rappresentativi del settore) - erano presenti in 110 (su 1323 espositori) quali piccole e medie imprese, giovani start up, leader nella sub-category delle lenti e/o dei macchinari nonché appartenenti a collettivi asiatici di produzione.

 

Anche nell’hospitality, gli hotel generalmente indicati per tipo o categoria (es. dimensioni e ubicazione della struttura dell'edificio, funzione, segmento di destinazione, livello di servizio, comfort, livello di prezzo, ecc. ), evidenziano il dominio delle 300 catene alberghiere (Hilton, Marriot, ecc.) con un'offerta pari ad un terzo del totale delle camere d'albergo presenti nel mondo (con un numero totale di camere che si attesta ben oltre i 4 milioni). Un hotel può far parte di una catena alberghiera o catena di hotel, ma molti hotel sono anche in franchising o indipendenti – indi brand per noi.

Questi ultimi, quali alberghi di proprietà a gestione indipendente, evidenziano la flessibilità di fornire servizi speciali e personalizzati rispetto ad altre tipologie di servizi alberghieri, fornendo agli ospiti soggiorni con esperienze uniche e memorabili.

 

Anche il settore della cosmesi, nonostante il predominio di aziende di grandi dimensioni, conglomerate e con rilevanti e diversificati portafogli di marca, in anni recenti è stato investito da processi innovativi, indotti dalle signficative modifiche nei consumi e negli acquisti che i consumatori, nel mondo, esprimono in termini di cura verso sé stessi, stile di vita healthy e ricerca di prodotti sostenibili e acquistabili on-line, con una maggiore predisposizione a spendere prezzi superiori – rispetto al passato. Anche in tale settore gli indi brand mostrano una rapida capacità e adattabilità a tali cambiamenti emergenti, strutturando la propria value proposition in termini di prodotti green, sostenibili, innovazione nelle composizioni e nella qualità di questi ultimi, nonché attraverso e-commerce, transmedia storytelling, personalizzazione e delivery.

 

Mi fermo qui, con questa considerazione: le industry poc'anzi descritte sono apparentemente distanti da quelle che siamo abituati a pensare quale ecosistema delle start-up, ma in realtà sono pesantemente rappresentate da indi-brand! 

Qualunque sia il confine - o il non confine – che oggi si può ravvisare tra indi brand e start-up, potremmo dire che nessuno dei settori ne è esente, anzi ciascuno di essi può accoglierne lo spirito, nonostante diverse origini, dimensioni e tipologia di prodotti, aspirando a branding e strategie di  marca che mantengano immutate per entrambi: indi brand e start-up, libertà e indipendenza...sinché possibile.

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