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I rischi della burocrazia difensiva, per la società e la burocrazia stessa

Il dibattito sulla burocrazia difensiva è stato riacceso da un recente articolo di Paola Severino sulle pagine di Repubblica, che si innesta su una vasta attenzione che i media stanno dedicando al funzionamento dei servizi pubblici in questa difficile congiuntura. Secondo noi serve uscire da questa contrapposizione tra PA e Società. Nell’interesse di tutti.

Il legame tra debito, tasso di crescita, la retorica anti-burocrati e il futuro dei servizi pubblici

Sono tempi facili, questi, per prendersela con i burocrati. Come sempre, nei momenti di crisi, quando i bisogni sociali aumentano e la richiesta di intervento pubblico si fa più urgente, lo Stato – e tutto quello che rappresenta o da cui è rappresentato – non basta mai. Ma il ragionamento non può finire qui. Non si possono derubricare a intemperanze forcaiole di pochi le richieste che arrivano dalla società tutta. Dalle imprese, specie quelle del settore horeca e intrattenimento, spiazzate dall’impatto della crisi che chiedono interventi mirati. Dai lavoratori che hanno atteso la liquidazione della cassa integrazione in deroga per mesi. Dalle famiglie, che non capiscono perché le porte delle scuole pubbliche sono rimaste sprangate, mentre possono aprire quelle di centri estivi (a pagamento e in genere affidati al terzo settore) allestiti un po’ ovunque. Certo, a questi argomenti si può rispondere con la lista di quello che, invece, ha funzionato: il coraggio instancabile di infermieri e medici negli ospedali pubblici, ma anche quello dei buyer pubblici, che hanno assicurato gli approvvigionamenti critici negli ospedali; le nuove misure di protezione sociale per gli autonomi rese operative in tempi record dall’INPS; le iniziative di insegnanti appassionati che hanno dedicato questi mesi a stare – come potevano – al fianco dei propri allievi. Ma, purtroppo, non è con questo tennis tra i buoni e i cattivi dei servizi pubblici che teniamo lontana la tentazione forcaiola alle porte. Basti, tra tutti, un dato. Stime ufficiali vedono crescere il nostro debito pubblico in pochi mesi di oltre 20 punti, fino al 155,7 per cento. Il resto della storia lo conosciamo bene ed è lo stesso finale più o meno dagli anni ’70, in tutte le grandi democrazie occidentali, a corollario di ogni crisi economica. Quando arriverà il conto da pagare, quando bisognerà capire da dove prendere le risorse per pagare gli interessi sul debito, senza una crescita vera, di quelle che il nostro Paese non conosce da almeno 20 anni, i servizi pubblici saranno i primi ad essere tagliati. A prescindere dalla loro efficienza. Ma solo perché non resterà che quello. Questo film lo abbiamo visto nel decennio appena concluso, post crisi 2008. E, se non lo vogliamo rivedere, non bisogna perdere tempo e mettere la ripartenza al centro delle agende di tutti. Ecco qualche spunto di riflessione.

Non si possono derubricare a intemperanze forcaiole di pochi le richieste che arrivano dalla società tutta. Quando bisognerà capire da dove prendere le risorse per pagare gli interessi sul debito, i servizi pubblici saranno i primi ad essere tagliati.

La PA come motore di sviluppo, se saprà costruire fiducia e affidabilità

La qualità del sistema amministrativo è una variabile chiave per la competitività del nostro Paese. Lo è per l’investimento che è in grado di dispiegare nelle infrastrutture tangibili, come il sistema dei trasporti e delle TLC, e intangibili, come l’istruzione e la ricerca. Lo è per l’affidabilità della tutela del diritto, offerto dai tempi della giustizia, come ricordato anche dalla recente relazione annuale di Banca d’Italia. Lo è per la capacità di offrire risposte chiare, in tempi certi e possibilmente rapidi alle esigenze di imprese e cittadini.

Le risorse del “Next Generation EU” sono una grande opportunità che richiede una PA preparata a selezionare le traiettorie di investimento, individuando meccanismi di impiego che favoriscano anche il co-investimento della liquidità privata. In questo contesto, gli appalti pubblici rappresentano un nodo cruciale e pertanto è fondamentale individuare modalità che consentano al management pubblico non solo di allocare le risorse secondo logiche di value for money ma anche in tempi compatibili con le esigenze. Inoltre, sarà fondamentale ricostruire la fiducia tra pubblico e privato, senza la quale nessun concreto obiettivo di sviluppo potrà essere conseguito. La fiducia è uno degli elementi da cui dipende lo sviluppo economico e sociale di un paese e la sua capacità di competere.

Le risorse del “Next Generation EU” sono una grande opportunità che richiede una PA preparata a selezionare le traiettorie di investimento. Inoltre, sarà fondamentale ricostruire la fiducia tra pubblico e privato, senza la quale nessun concreto obiettivo di sviluppo potrà essere conseguito

Una burocrazia più responsive e coraggiosa

Le proposte di Severino sono soluzioni concrete per alleggerire le misure persecutorie verso i funzionari pubblici, assediati da danni erariali e responsabilità penali a ogni angolo della loro azione. Che nel nostro ordinamento sia necessario smettere di disciplinare tutto come se la patologia fosse la cifra dominante dei comportamenti più diffusi è pacifico e ampiamente condiviso. Le riforme proposte potrebbero dare forse un po’ di ossigeno alla fisiologia del funzionamento amministrativo. Ma basterà? Non si può ridurre la riflessione sulla responsabilità alla sua dimensione erariale o penale, ma occorre estenderla all’accezione che offre la lingua inglese con la parola responsiveness, ovvero capacità di dare una risposta. Se da un lato le misure di depenalizzazione proposte possono alleggerire la paura della firma, contemporaneamente occorre che si sappia che per fare il dirigente pubblico serve anche coraggio. Non quello di rischiare le proprie libertà individuali, ma il coraggio di guardare ai bisogni, anche quando sono in contraddizione tra loro, di immaginare soluzioni out of the box, di mostrare alla politica i rischi ma anche le opportunità, di tentare strade nuove, il coraggio (e la pazienza e competenza) di costruire alleanze, con altre PA, col privato, col terzo settore. In poche parole, il coraggio di essere responsive. Se non avessimo in mente i nomi e i volti di chi ha scelto di interpretare così il mestiere di dirigente pubblico, se non fossero stati loro stessi a mostrarcelo, non ci sentiremmo di affermare con tanta forza che questa è una strada possibile. Responsiveness e coraggio sono le competenze di public leadership che devono essere messe al centro delle modalità di selezione e di sviluppo di una classe dirigente eccellente. E adeguatamente compensate senza ipocrisie pauperistiche.

Se da un lato le misure di depenalizzazione proposte possono alleggerire la paura della firma, contemporaneamente occorre che si sappia che per fare il dirigente pubblico serve anche coraggio. Non quello di rischiare le proprie libertà individuali, ma il coraggio di guardare ai bisogni.

Questa fase storica offre sterminate occasioni per scegliere da che parte stare e che postura avere. Sul piano individuale, ma anche corporativo. E queste scelte, forse, non saranno neutre rispetto alle sorti della ripartenza e, pertanto, delle nostre Istituzioni Pubbliche nel prossimo futuro.

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