L’indagine è stata svolta su un campione di 1220 soggetti composto per due terzi da venditori (diretti e indiretti) e per circa un terzo da supervisori e responsabili vendite. I settori coinvolti sono stati quello B2B e B2C, servizi, ICT, farmaceutico-healthcare, finanziario e assicurativo.
Tra i maggiori risultati d’interesse manageriale emerge come durante il lockdown della primavera 2020, in media, il 48 per cento dei clienti è stato gestito da remoto, ma con ampie differenze di intensità: a fronte di un 36 per cento di intervistati che dichiara di aver gestito al massimo il 20 per cento dei clienti con strumenti digitali, ve ne è un 25 per cento che afferma di aver gestito tra l’80 e il 100 per cento del proprio parco clienti. Il valore medio è poi calato in modo significativo (34 per cento) al termine del lockdown.
Interruzione paginaL’autonomia di decisione delle reti vendite nello scegliere come gestire il remote selling con i clienti è stata molto diffusa (58 per cento del campione). In linea generale, il remote selling ha richiesto sforzi superiori, soprattutto in fase di preparazione degli incontri con i clienti; in particolare, ha imposto sia un uso maggiore dei materiali informativi già esistenti, sia l’adozione di nuovi materiali creati ad hoc. Rispetto al passato, questa modalità ha favorito, in media, un maggiore coinvolgimento e una maggiore interazione con i colleghi di altre funzioni aziendali.
Nella gestione delle interazioni a distanza sono inoltre cambiate le modalità di interazione con i clienti, diventando meno frequenti, più brevi (la durata delle interazioni è diminuita, in media, del 16,8 per cento) e, soprattutto, più difficili. Anche tutte le fasi del processo di vendita a distanza sono state mediamente percepite come più difficili rispetto alla modalità face-to–face, in particolare quelle dell’analisi dei bisogni del cliente e la negoziazione.
Il bilancio dell’esperienza di vendita da remoto fin qui maturata presenta luci e ombre: due terzi del campione ha valutato tale modalità di interazione con i clienti meno efficace rispetto a quella tradizionali, sebbene, con specifico riferimento alla gestione dei clienti più attrattivi, circa il 40 per cento abbia dichiarato di essersi trovato persino meglio rispetto al passato. Inoltre, secondo la metà degli intervistati le interazioni da remoto sono ritenute meno gradite dai clienti, anche se il 36 per cento dei rispondenti ha percepito un uguale apprezzamento rispetto alla vendita face-to-face.
Per quanto riguarda il livello di supporto offerto dalle imprese ai venditori, c’è stata una diffusa soddisfazione in merito agli strumenti messi a disposizione (hardware, software, materiale informativo) e agli interventi di formazione ricevuti. Questi ultimi si sono concentrati sull’addestramento all’uso delle tecnologie informatiche più che sulle modalità di gestione dell’interazione da remoto con i clienti.
Meno adeguato è risultato il ridisegno dei processi di lavoro per adattarli al nuovo contesto, e ancora più basso è risultato un coerente ripensamento dei processi e dei sistemi di performance management.
Infine, l’indagine si è concentrata sulla verifica delle intenzioni delle reti nell’utilizzo futuro del remote selling. Dai dati emerge un quadro molto diversificato, visto che solo un quarto del campione (24 per cento) è molto propenso a usare tale modalità quando l’emergenza sarà terminata; la metà (53 per cento) lo è abbastanza, mentre il rimanente 23 per cento afferma che, potendo scegliere, non lo utilizzerà. Secondo il 54,5 per cento del campione, infatti, la quantità di clienti che saranno gestiti da remoto in condizioni di non emergenza non supererà il 25 per cento.
Emergono inoltre alcune differenze da settore a settore. In quello finanziario-assicurativo e ICT si la propensione a usare il remote selling anche in futuro raggiunge punte di oltre il 40 per cento dei clienti; all’opposto, l’healthcare (farmaceutico-medicale) prevede di circoscrivere il ricorso alla vendita da remoto, in media, solo al 18 per cento dei clienti.