Branded World

Wikibrand

Non potevo resistere alla tentazione

Cadeva il 2011 e due autori: Sean Moffit e Mike Dover, scrivono a lanciano un libro di successo, tradotto in numerose lingue e con una prefazione di Don Tapscott (noto autore, un po’ visionario, di numerosi saggi su tecnologia e impatto su business e società e, viceversa, come l’impiego da parte di imprese e persone sia in grado di alimentare i cambiamenti nel mondo).

 

Il titolo del libro diceva già tutto “Wiki Brands. Reinventing your company in a customer-driven marketplace”.

Gli ingredienti si sono tutti.

Potrebbe apparire un libro vecchio, visto che ormai siamo andati avanti...

...ma un po’ come avviene per le ricerche bibliografiche: si parte dalle pubblicazioni più recenti, per poi andare indietro e ricercare le “radici”.

 

Il titolo è interessante ed evocativo, perché sotto l’influsso di ciò che già da tempo veniva svolto all’interno di Wiki-pedia - tanto amata (dai giovani) e molto odiata (da genitori o professori!) – con un approccio, poi seguito da molti altri, volto a permettere e promettere una conoscenza “ready-to-use” e per tutti, ma soprattutto, scambio, partecipazione e aggiornamento real-time.

 

Mica poco!

 

Da un tweet degli stessi autori, di qualche anno successivo, si colgono quelli che sono stati definiti i trenta trend tecnologici più importanti (ritroviamo: AI, IoT, Big Data, ecc. ecc. ecc.). Già allora!

Libro e tweet potrebbero essere dei giorni nostri, con due concetti-chiave profondamente collegati: la forza è determinata dalla potenza della rete e dalla profonda volontà (Moffitt e Dover, 2011) di trasformare la cultura aziendale e i modelli operativi per il futuro. 

Cosa è un Wikibrand?

Un wikibrand è "un insieme progressivo di organizzazioni, prodotti, servizi, idee e cause che attingono ai poteri della partecipazione dei clienti, dell'influenza sociale e della collaborazione per guidare il valore aziendale".  La traiettoria manageriale tracciata dagli autori per i wikibrand parte dal presupposto che il brand e, conseguentemente, il branding non siano “di semplice esclusivo appannaggio del marketing”, ma il brand è materia viva per l’intera organizzazione.

 

Molti sono i wikibrand di successo, oltre Apple e Google, troviamo: Virgin, Discovery Channel, la canadese Lululemon (primo negozio di abbigliamento per lo sport, in British Colombia nel 1999), Lego Mindstorms, il MoMa di NYC,  Salesforce ecc., il cui modo di fare marca - in diversi contesti, category e mercati nonché relativamente alle diverse tipologie - evidenzia il passaggio dalla trasmissione al coinvolgimento, in un'interazione conversazionale e talvolta collaborativa con i propri clienti, per aumentare il valore fornito dall’organizzazione. Nell'era della digital revolution (oggi digital trasformation), in cui divampano i social media, è evidente come questi ultimi abbiano scardinato il senso unidirezionale della comunicazione, attribuendole un doppio senso di marcia e dando spazio, così, alla crescente partecipazione degli utenti e dei consumatori, sempre più coinvolti nel creare contenuti e costruire il successo di un brand.  

 

Ma cosa fa un Wikibrand?

Un semplice acronimo: FLIRT comprende i cinque elementi chiave che gli autori considerano fondamentali per creare un wikibrand di successo: 1. Focus; 2. Language e content; 3. Ideas, Incentives, motivations e outreach; 4. Rules, guidelines e governance; 5. Tools e platforms; in cui:

  1. Focus: inteso come capacità di controllare, definire ed avere ben chiari gli obiettivi, la promessa di marca, il target e i suoi bisogni (e sin qui niente di nuovo!);
  2. Language e content: espressamente dedicati alla comunicazione e intesi come tono e contenuto del messaggio, qualità, quantità, varietà, interazione, linguaggio e format del contenuto - per un dialogo attivo e interattivo che vada oltre il semplice ascolto e coinvolga anche l'azione - a cui si aggiunge la trasparenza nel comprendere e rispettare la comunità dei partecipanti;
  3. Ideas per la conversazione: relativamente ai concetti semplici, inaspettati, concreti ed emozionanti, connessi a storie ed idee che devono poter lasciare il segno, altrimenti non sono delle vere e proprie idee per le conversazioni di marca che durino nel tempo e creino engagement. Incentive & Outreach: connessi alla capacità di intraprendere iniziative interessanti e di valore per le community, che forniscano un qualche tipo di incentivo per costringere i partecipanti a essere coinvolti, motivandoli e sensibilizzandoli al continuo scambio e a una partecipazione senza fine. Gli incentivi intrinseci possono includere una sfida, un'opportunità creativa, un soddisfattore di curiosità o per l'apprendimento e il divertimento; gli incentivi estrinseci possono includere ricompense sia materiali che immateriali (come fama, riconoscimenti in pubblico, onori, accesso a risorse o ricompense materiali come l'opportunità di possedere prodotti o servizi beta da testare o ricompense monetarie). Sono necessari incentivi adeguati per poter incrementare la partecipazione e per garantire una massa critica di partecipanti, necessaria al successo del wikibrand;
  4. Rules, Guidelines e Governance: rappresentano le regole e le linee guida alle quali i partecipanti – sia l'azienda che i suoi clienti – devono attenersi, responsabilizzando così anche impiegati e “ambasciatori del brand”. Le regole e le linee guida per il progetto devono essere definite prima dell'avvio del progetto per guidare obiettivi e i partecipanti verso questi ultimi. Considerando, poi, il rilievo assunto dalla comunicazione, sarebbe inoltre necessario stabilire protocolli e linee guida per governare lo scambio, l’indipendenza di opinione tra i partecipanti e la comunicazione senza, ad esempio, forme di abusi verbali o impiego di un linguaggio poco professionale;
  5. Tools e Platforms: Strumenti diversi come social networks, piattaforme ad hoc o miste – ad esempio, di crowdsourcing basate sul web per “sfruttare” il potenziale di utenza del web; strumenti di creazione dei contenuti; forum e community; tecnologie e applicazioni per la gestione di competenze e conoscenze con appropriati software di analisi sia per l’esterno (clienti, punti di vendita, stakeholder, ecc) sia per l’interno (dipendenti, manager, receptionist  e così via).

 

So what?

Ottimo il FLIRT, ma si potrebbe obiettare, ormai lo sappiamo già!

 

L’invito a una adozione digitale da parte di tutti in azienda - dal marketing a HR, R&D, acquisti e così via, con un codice di comportamento e di linguaggio comune, così come con l’integrazione fra click e brick e media on/off - ha significato una nuova concezione del tempo per il branding, quasi una composizione artistica o musicale che possa garantire varietà e sorpresa ai consumatori, mantenendo e manutenendo i suoi caratteri distintivi e ben riconoscibili.

 

Tante piccole idee, veicolate su diversi media e con differenti linguaggi per “parlare e far conversare” del brand e offrire la possibilità di partecipare ai numerosi target del nuovo scenario. I cambiamenti stanno avvenendo ad una velocità vertiginosa con un rapido movimento, in cui ciò che può essere considerato, oggi, fresco ed entusiasmante potrebbe essere obsoleto domani.

Teniamo il passo e non fermiamoci mai, è sempre stata questa la regola aurea del marketing e del branding. 

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