Branded World

Sneaker, Arte e Brand

Difficile resistere alla tentazione di considerare un argomento così tentacolare ... che ha preso più spazio del solito.

Tutti ci siamo “incappati” nelle sneaker: da consumatore o cliente, da genitore che “inciampa” in una o più sneaker nella stanza del proprio figlio (se uno!), da zio o zia che segue acquisti e re-selling dei propri nipoti, da nonno/a che accompagna i nipoti a fare shopping o ne dona un paio acquistato on-line, da ammiratori e “cultori”, da collezionisti e da studenti (vorrei sapere chi tra i nostri allievi non abbia mai ascoltato un esempio proveniente da questo settore!).

 

In questi giorni ho letto quanto postato sui social relativamente al mercato delle sneaker (un tempo le si chiamava “scarpe da ginnastica”, ma i tempi corrono!), in fortissima crescita, visto che si prevede di raggiungere 120 miliardi di dollari nel 2026 vs. i 79 del 2020 (Statista 2021), come riporta Nicola Di Francesco.

L'ultimo decennio ha visto un enorme cambiamento nel modo in cui vengono indossate le scarpe da ginnastica

Indossarne un paio non è più disapprovato né sul posto di lavoro né in occasioni più formali, anzi! Il trend (denominato “athleisure”) ha inciso in modo significativo sulle crescenti vendite di tale tipologia di scarpe, così come la continua ricerca del comfort e della funzionalità (basti pensare ai mesi appena trascorsi e all’impatto sulle vendite di scarpe athleisure e piatte).  

  

Le sneaker sono passate dalla nicchia ad ambiti oggetti di moda; i brand di alta moda, da Gucci a Balenciaga, hanno spesso dettato il ritmo del mercato. Nel 2017, la Triple S di Balenciaga è risultata la più venduta nel “mercato delle sneaker di lusso” – ormai una category a parte nel lusso ed anche top di vendite per il lusso online - oltre ad essere, ancora oggi, una scarpa la cui notorietà e popolarità sono inarrestabili. La cultura “sneakerhead” sul digitale si è accentuata, basti pensare al “rilascio”, a marzo di quest’anno, di Gucci Virtual 25 - un paio di sneaker virtuali color verde fluorescente disponibili per 17,99 dollari - e una recente vendita per un valore pari a 3,1 milioni di dollari per alcune sneaker NFT (NYT, maggio 2021).

 

A ciò si aggiunge il mercato della rivendita, che è attualmente valutato pari a 10 miliardi di dollari da StockX, popolare piattaforma che con Goat “presidiano” la rivendita ed evidenziano come oggi esistano milioni di consumatori molto più interessati a scambiare le scarpe che a indossarle.  

 

Nel 2020 è anche uscita la serie Netflix “Sneakerheads”, in cui un padre di famiglia cade nell’ossessione delle sneaker quando un amico lo coinvolge nella compravendita di un “mitico” paio di scarpe, incorrendo in situazioni divertenti diversissime.

Le sneaker oltre ad essere un “fenomeno” nell’ambito calzaturiero sono divenute un importante icona culturale.

Sneaker come forma d’arte

Una nuova mostra si è appena inaugurata al Design Museum di Londra: “Sneakers Unboxed: Studio to Street”.

La mostra traccia ciò che gli anglofoni chiamerebbero la “sneaker culture”, ossia quanto è descrivibile come il processo di ascesa che l’intera category – ridefinita e “reinventata” di continuo dai brand negli ultimi anni - ha seguito nel corso del tempo, partendo originariamente dalle “classiche scarpe da ginnastica e da performance” - progettate per attività atletiche specifiche come le Converse Chuck Taylor All Star, le Puma Disc, e  Nike Air Zoom Alphafly Next% -  e giungendo ad essere simboli culturali oltre che oggetti di culto e da collezione dei nostri tempi. Le 270 paia di scarpe che sono esposte all’interno della mostra ne descrivono storia ed evoluzione: da scarpa funzionale e da ginnastica sportiva con suola in gomma (inizio del 1900) a emblema del cool sospinto dalle culture giovanili. Di fatto, sono proprio i giovani – di ieri e di oggi - che elevano queste ultime da scarpe intese come “attrezzature sportive” a sneaker quali “strumento di espressione culturale”, riuscendo così a trasformare il settore in un'industria multimiliardaria.

 

Ligaya Salazar, curatore della mostra, difende le scelte connesse a “Sneakers Unboxed”, dichiarando che, nonostante l’attuale dibattito circa la potenzialità delle scarpe esposte di rappresentare una forma d’arte, "è opportuno considerare le sneaker come parte della cultura, del design (della moda e dell’arte) e quindi degne di divenire oggetto espositivo di mostre museali”.

 

Non desta meraviglia che pensando alle sneaker vengano immediatamente in mente Adidas e Nike; sono brand che hanno plasmato l'evoluzione della category e hanno condotto quest’ultima da una competizione in ambito sportivo e facendo leva su benefici funzionali ad un’arena più competitiva all’interno dell’ampio fashion system, in cui il successo si basa su stile, design e, soprattutto, immaginario, appagando benefici più di natura emotiva ed esperienziale. 

 

Sneaker: culture locali, moda e sostenibilità

Un fenomeno sociale

Tralascio la storia, rimandando a https://theconversation.com/the-history-of-sneakers-from-commodity-to-cultural-icon-127268 per interessantissimi approfondimenti in merito, svolgendo solo un rapido excursus dagli anni ’80.

 

Negli Stati Uniti, inizialmente le scarpe da ginnastica erano parte integrante delle comunità di colore e hip-hop dedicate al basket nella New York urbana negli anni '70 e '80 - Nike e l'accordo del 1984 con Michael Jordan, la collaborazione di Run DMC con Adidas – che in seguito vengono anche adottate dagli skater californiani. In Europa e, in particolare, in Gran Bretagna, i tifosi di calcio della classe operaia popolavano le terrazze dei club e usavano i diversi stili Adidas per riflettere le rispettive rivalità; in Messico, i cholombianos, erano noti per le Converse personalizzate; in Sud-Africa, a Cape Town, si preferivano le scarpe da ginnastica Nike con la suola a bolle, usandole come valore signico perché in grado di mostrare la ricchezza personale nelle township locali.

 

Ad inizio del nuovo millennio la moda inizia ad assumere un ruolo importante nell'elevare lo “status delle sneaker”, conferendo legittimità al design e allo stile di tali scarpe e attribuendo ad esse una collocazione “da sfilata”: Zoom Haven di Junya Watanabe Commes des Garçons (1999), la linea Y-3 Adidas di Yohji Yamamoto (2002), la Triple S Clodhopper Balenciaga da mille dollari, la Nike Air Monarch IV rosa caldo Martine Rose.

 

In anni recenti, ci si allontana dalla cultura pop per abbracciare sostenibilità, questioni ambientali e nuove tecnologie con innovazioni come le sneakers in pelle di fungo (Stan Smith di Adidas e Mylo) o realizzate con l’impiego di un robot e progettate per ridurre gli sprechi produttivi (Adidas FutureCraft), o che possiedono la certificazione blockchain (Satoshi) oppure le prime scarpe biologicamente attive (per Puma dal Design Lab  dell’MIT e Biorealize) - scarpe per la respirazione, in quanto il materiale ospita microrganismi in grado di apprendere le emissioni di calore specifiche di un utente reagendo con una ventilazione specifica in base ai  modelli  - o provenienti da “inventori” di ulteriori nuove sub-category come per Allbirds e ACBC. 

La forza del branding

Da un lato, quindi, le sneaker hanno assunto un’importanza sempre maggiore per i consumatori, tanto che come ha osservato ironicamente Virgil Abloh (Vogue Business, maggio 2020)- fondatore e CEO di Off-White e direttore artistico menswear di Louis Vuitton da marzo 2018 – “molti giovani potrebbero apprezzare le sneakers più di un’opera di Matisse” (da notare che entrambi sono, non a caso, oggetti da collezione) e, dall’altro, la gestione della marca nel settore è divenuta, oggi, più che mai difficile. Il “potere” del branding all’interno della category è stato quello di accrescere continuamente il valore di marca attraverso proposizioni di valore che agissero a più livelli: efficienza, innovazione, design e sostenibilità nella capacità produttiva, distributiva e comunicativa, con prodotti, servizi, collaborazioni, contenuti, promozioni e tecnologie volte a riparazione e rifacimento, così come alla personalizzazione, componenti sempre più importanti della cultura delle sneaker per raggiungere le numerose generazioni degli amanti delle scarpe “cool”.

 

Un esempio evidente del potere del branding proviene dalla Yeezy, il cui primo paio – alte e in pelle nera, indossate da Kanye West ai Grammy del 2008 - è stato battutto all’asta, in aprile, da Sotheby’s per un valore di 1,8 milioni di dollari, battendo un precedente record di 615.000 dollari raccolti da Christie's per un paio di Nike Air Jordan 1 autografate e indossate durante una partita dallo stesso Michael Jordan. Nel 2008, infatti West si presentò ai Grammy Awards indossando le sue Nike Air Yeezy 1 Prototypes, che segnarano il passaggio del rapper e DJ a designer di sneaker, nel mondo. Nel 2013, la franchise-Yeezy è stata trasferita da Nike ad Adidas, rendendo il prototipo ancora più raro. La collaborazione con Adidas per le sneaker Yeezy, divenuta un successo senza precedenti, è stata definita da Brahm Wachter, capo dello streetwear e dei collezionabili moderni di Sotheby's, in un’intervista a CNN: "la collaborazione che ha reso Yeezy, uno dei più importanti brand di sneaker e lifestyle della storia".

 

Infine, come dimenticarsi di Lyst, una piattaforma per lo shopping di moda, utilizzata da oltre 150 milioni di user che, ogni anno, navigano al suo interno per curiosare, scoprire, leggere e acquistare tra le migliaia di prodotti, referenze, marche e retailer. Lyst offre lo Sneaker Hub, contenente un ampio assortimento di oltre 1 milione di scarpe diverse, tra marchi e rivenditori, per qualsiasi budget. All’interno dell’hub si ritrovano contenuti e aggiornamenti quotidiani volti ad aiutare il processo decisionale del cliente, coprendo innumerevoli argomenti: dalle guide per la “giusta” misura, a testimonianze, interviste a esperti e designer, con articoli e recensioni sulle ultime tendenze o campagne che approfondiscono la cultura delle sneaker nel mondo. Si possono anche cogliere le tendenze più significative leggendo delle sneaker più popolari, al momento, in base a ciò che le persone stanno effettivamente acquistando.  Quindi, da un nuovo paio di Adidas Original o le ultime  Yeezy, oppure le numerosissime collaborazioni.

 

Lyst costruisce anche una classifica (una delle tante!) dei brand e dei prodotti “più caldi” nella moda attraverso il cosiddetto Lyst Index. Quest’ultimo, basato su di una formula che tiene conto del comportamento dei suoi acquirenti/user, considerandone tassi di conversione (a seguito delle visite uniche o ripetute sul sito) e acquisti, include anche i dati di ricerca su Google, nonché le menzioni sui social media e le statistiche di engagement, in tutto il mondo, su base trimestrale. Per i tre mesi appena trascorsi, dopo Gucci collocatasi al primo posto, ritroviamo Nike (nell’ultimo trimestre del 2020 era all’undicesimo posto) con le seguenti motivazioni: “aumento del 59% nelle vendite digitali”; “lancio delle Nike Go FlyEase, da indossare e togliere comodamente senza l'uso delle mani”; “aver intrapreso un’azione legale contro le Satan Shoes”, un modello di sneaker creato dal rapper Lil Nas X e dalla società Mschf che riportava senza autorizzazione il logo Nike e, soprattutto, presentava sangue umano nella suola (azione legale poi vinta in aprile 2021).

 

La rarità e la scarsità di molte di queste sneaker - manutenute da collezionisti, che si sono dimostrati inestimabili custodi di scarpe e culture che le circondano - il “mercato del re-selling”, la crescente preoccupazione dei brand sull’impatto ambientale alimentano l'attenzione, la “caccia”, la condivisione di valori e di significato attribuiti dai consumatori – la maggioranza - che ricercano più artigianato, innovazione e “sostanza” in creazione e design dietro l’acquisto.

 

 

Si potrebbe quindi affermare che le sneaker non sono la tendenza, ma il mezzo per esprimere tutto questo.

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