
- Data inizio
- Durata
- Formato
- Lingua
- 5 mag 2025
- 6 giorni
- Class
- Italiano
Progettare strategie di marketing efficaci integrando l'approccio tradizionale e quello digital per valorizzare e personalizzare l'esperienza del cliente.
Pitti Immagine Uomo è stata la prima manifestazione a “riaprire” in giugno 2021 - seppur con le limitazioni connesse al periodo - per la centesima delle sue rassegne semestrali che dal 1972 si svolgono a Firenze. A giugno 2022 ha avuto luogo l’edizione 102 di Pitti Uomo, con quasi 700 collezioni versus i pochi e coraggiosi 300 espositori del 2021; per l’edizione estiva del 2022 in Fortezza si sono avuti 10.600 buyers - di cui il 40% provenienti da settata paesi esteri - e 16.000 i visitatori complessivi. La ripresa la si coglie nella crescita dei compratori italiani (+ 135%) e stranieri (+360%) anno su anno, edizione su edizione. Inoltre, i circa 1.000 professionisti - tra giornalisti, influencer e operatori media – hanno permesso di diffondere mediaticamente dell’evento. Certamente numeri diversi rispetto al pre-pandemia, ma che fanno bene sperare sul ruolo che tali manifestazioni possono continuare ad avere!
Per gli assidui frequentatori ed espositori della manifestazione, tra cui Roy Roger’s, è un appuntamento immancabile; per coloro che vi approdano per la prima volta, è meraviglia!
Pitti Immagine Uomo rientra tra gli eventi collettivi bandiera che “fa cultura”, “tendenza” e, come dicono gli stranieri di noi italiani, è espressione di un inconfondibile “lifestyle”. Un contenitore che promuove scambio di saperi ed esperienze, sviluppa interazioni specialistiche e professionali, rende la partecipazione sempre più collettiva, sociale ed umana, divenendo fonte costante di ispirazione.
Il tema centrale della manifestazione dell’estate 2022, che ne attribuisce l’imprinting - cambiando di volta in volta e descrivendo trend, tendenze, interessi e sensibilità sia degli organizzatori sia di espositori, partner e media - è stato “PITTI _ ISLAND” (quello invernale “Pitti Reflections”). Il concept del tema-guida ha inteso sottolineare che l’isola è un punto fermo, un punto fisso, un punto fisico di incontro e di confronto, terra di scoperte, di esplorazioni e di sperimentazioni, in cui lo scambio continuo e il colloquio costante con la terra ferma … sono finalmente tornati!
Pitti Uomo - come precedentemente raccontato per la Design Week a Milano - con l’energia del salone e della sua comunità internazionale è tornata a pervadere la città, attraverso un percorso che, oltre a svilupparsi all’interno della Fortezza da Basso con le sue diverse sezioni - Fantastic Classic, Futuro Maschile, Dynamic Attitude, Superstyling, il progetto speciale S|Style sutainable Style – e le partecipazioni internazionali di Ukrainian Fashion Now! e Scandinavian Manifesto, ha diffuso la sua presenza con gli innumerevoli eventi al suo esterno, così come attraverso la partecipazione di protagonisti vecchi e nuovi, direttori creativi, artistici e talent (tra gli altri Ann Demeulemeester, Grace Wales Bonner, Sapio, Soulland), premi e celebrazioni di anniversari importanti come quello attribuito a Roy Roger’s per i suoi 70 anni di storia.
Anche Roy Roger’s - come tantissime imprese e brand italiani, anch’essi orgoglio nazionale…- si colloca tra i marchi storici. Nel 2019 è stato istituito, presso il Ministero per lo Sviluppo Economico (MiSE), il Registro dei Marchi storici di interesse nazionale, comprendente al momento oltre cento realtà (ma è in continua evoluzione) che, come prerequisito fondamentale, devono possedere una continuità operativa negli ultimi cinquant’anni con la stessa denominazione. Le imprese iscritte nel Registro possono utilizzarne il logo per le finalità commerciali e promozionali. Nel 2021 è stata inoltre costituita l’Associazione dei marchi storici italiani (Amsi), sul modello di analoghe associazioni già esistenti in Francia, Gran Bretagna e Spagna (Busacca, Bertoli, Ostillio 2022).
Nel fashion le ispirazioni provengono da mille fronti, ma spesso i “mondi” di riferimento sono il lavoro e l’ambito militare, oltre alla possibilità di rifarsi al “bagaglio storico” o all’ “heritage” (per chi li possiede!) della marca stessa, che sovente parte proprio dai mondi suddetti. E’ quanto mi sento di affermare a seguito dei numerosi confronti con talenti, lifestyler e direttori creativi di aziende e marchi di moda.
Nel caso di Roy Roger’s potremmo dire che ci sono tutti gli ingredienti. Anni or sono, durante una ricerca dedicata alla Brand Authenticity svolta all’interno della Brand Academy di SDA Bocconi, ho avuto il piacere di conoscere, studiare e apprezzare azienda, proprietà, manager e persone che ogni giorno si prodigano per continuare a rendere unica la storia e il brand.
Il gruppo Sevenbell, ragione sociale del produttore del primo blue-jeans italiano: Roy Roger’s, è stato fondato da Francesco Bacci nel 1949 e la sua attuale sede è in Campi Bisenzio-Firenze. Patrizia Bacci Biondi, figlia di Francesco è attualmente Presidente del Gruppo, tanto da essere denominata “la signora del jeans italiano”.
La produzione di Sevenbell inizialmente era dedicata a capi e pantaloni, principalmente da lavoro, realizzati in cotoni e gabardine e venduti, per l’appunto, con il brand Roy Roger’s. Il nonno di Niccolò e Guido Biondi - figli di Patrizia e attualmente, rispettivamente, Amministratore Delegato e Direttore Creativo/Artistico – venne attratto dal denim - il nuovo tessuto americano dalle caratteristiche uniche per colore e resistenza - decidendo di andare negli Stati Uniti e stipulando, nel ’52, una partnership con la Cone Mills Corporation, tempio della produzione denim americana. Diviene così il produttore del primo blu-jeans “Made in Italy” in denim Usa e con un brand-name “tutto americano”!!! Il tessuto, che arrivava in balle di juta, era rigido e incartonato, difficile da cucire. I primi jeans si presentavano duri al tatto e completamente da domare, ma iniziarono ad essere disegnati e progettati con alcuni particolari che rispecchiavano l’attenzione ai dettagli che solo un hand-made italiano era ed è in grado di fare. Sono quelle caratteristiche che a tutt‘oggi definiscono la loro unicità: le cerniere sulle tasche posteriori (tasca brevettata e depositata negli anni 50’), per proteggere i documenti durante il lavoro; la famosa “pocket money”, piccola tasca sul davanti per gli spiccioli. Non solo, anno dopo anno, da pantalone da lavoro i Roy Roger's si ammorbidiscono con i lavaggi domestici, che l’azienda cura e seleziona con estrema attenzione in quanto sono questi a rendere distintivo il jeans italiano, rendendolo resistentissimo e dal “sapore americano”. Tra gli anni 60’ e 70’, Roy Roger’s incarnò per i giovani italiani il mito statunitense e divenne un brand cult, tanto che nel decennio successivo si affermò con successo sul mercato nazionale, stimolando l’immaginario di uomini, donne di tutte le età e appartenenti a diverse classi sociali. A fine anni Sessanta venivano confezionati 20.000 capi al giorno, 500.000 al mese, 6 milioni all’anno, grazie a una forza lavoro composta da 500 persone e un mercato che dall’Italia si era espanso in Olanda e Germania.
Questa frase accoglie i visitatori nella nuova sede (7500 mq su tre piani), inaugurata a gennaio 2012, in Campi Bisenzio, esempio di architettura all'avanguardia dal punto di vista di eco sostenibilità e di tecnologia (pale eoliche disegnate da Philippe Starck, impianti fotovoltaici e di recupero delle acque reflue, etc.). Non è una frase scritta oggi, ma è quanto affermato all‘inizio del 2000 dall’allora neo-presidente Fulvio Biondi, genero del fondatore, marito di Patrizia e padre di Niccolò e Guido, scomparso prematuramente. Egli avvia la svolta decisiva per Roy Roger’s, che ne decreta il successo nel mondo, con una strategia vincente per l’autenticità di marca. Il prodotto unisce il sapore del passato (modelli appartenenti all’archivio storico dell’azienda) a tecniche innovative nella lavorazione del denim (provenienza dei tessuti anche dal Giappone, lavaggi esclusivi, accessori originali, packaging ricercato...); si mantiene quindi inalterata l’originalità di stile e di prodotto: tasca posteriore con triangolo nero, alta qualità delle materie prime, denim esclusivamente Americani, Giapponesi ed Europei, e si arricchisce la produzione con lavaggi unici, frutto di ricerche continue, tutto rigorosamente hand-made e italiano!
Roy Roger’s non è soltanto un jeans né solo denim, si afferma come modo di essere, un’attitudine da comunicare attraverso l’abbigliamento, del resto già nella hit del 1995 gli 883 cantavano “Gli anni dei Roy Roger’s come jeans”, riferendosi agli anni Ottanta!
Roy Roger’s, che “ormai” ha settant’anni… ha ritirato il Premio Pitti Immagine 2022 e ha celebrato, come sempre si fa per i compleanni importanti, in diversi modi: festeggiamenti, effetti sorpresa, inviti, party, ospiti speciali, video, simboli, collezioni per l’anniversario e così via. https://vimeo.com/720634828/fb3cd68214
L’azienda intende estendere il brand oltre il denim (che incide per poco meno del 50% sulle vendite), seguendo la strada intrapresa verso il “total look”; esso si ripercuote positivamente sia sull’immagine sia sul fatturato del brand per cui si stima di “chiudere un 2022 a quota 25 milioni di euro, con un +30% sul periodo pre-Covid. Il wholesale è tornato a correre, specie in Italia, e nei monomarca si respira un’ottima atmosfera”…ecco cosa dichiarano in azienda.
Bibliografia
Busacca B., Bertoli G. Ostillio M.C. (2022), La Marca. Costruzione, sviluppo, valutazione, Egea, Milano
Brand Academy (2016), Italian Brand Authenticity in the Luxury Industry, SDA Bocconi School of Management
In conclusione, non possiamo che ringraziare Roy Roger’s per averci fatto “vivere” il jeans e una storia imprenditoriale “all’italiana”, e Pitti Immagine Uomo per accompagnarci in questi viaggi indimenticabili, attraverso il ruolo di attrattore e momentum italiano così importante.