Branded World

Riti, rituali e ritualizzazioni per la marca

In questi giorni è difficile non incorrere in conversazioni, seppur con prospettive diverse per cultura, tradizioni e nazionalità, attinenti alla morte della Regina d’Inghilterra. Non è che sia l’unico argomento su cui confrontarsi (!), ma rappresenta un momento in cui rito, rituali e ritualizzazioni si incrociano in modo indissolubile.

 

Con la morte della regina d’Inghilterra, l’universale cordoglio e la risonanza mondiale e mediatica dei suoi funerali, assurgono a significativo “momentum” capace di spiegare la funzione e il significato del rito e dei rituali della società moderna.

 

In Inghilterra, la coda (la “queue”, impronunciabile!) è un’ossessione nazionale, come lo sono il tè delle cinque e la famiglia reale. Ad evidenza, basti pensare ai quindici chilometri di coda, anzi della “Madre di tutte le Code” (da Luigi Ippolito su Corsera di venerdì scorso), che i “sudditi” britannici hanno dovuto intraprendere da un capo all’altro di Londra, per rendere omaggio alla Regina scomparsa; benché avvertiti delle oltre trenta ore necessarie per giungere al feretro nella Westminster Hall, sono disposti ad attendere per porgere il loro ultimo saluto alla Regina Elisabetta.

Non vorrei apparire blasfema, vista la religiosità del momento e del rito conseguente, ma è proprio partendo da quanto già evidenziato tempo addietro che si rafforzano e prendono forma tante concettualizzazioni, da sempre attinenti a riti e rituali di marca, per un Brand come quello della Monarchia britannica.

 

https://www.sdabocconi.it/it/sda-bocconi-insight/branded-world/marketing-e-vendite/brand-e-branding-della-monarchia-britannica

 

Il Brand della Monarchia britannica

Quella che oggi è ritornata ad essere la Windsor Corporation versus la Elizabeth Corporation (dal 1953 al 2022), è un'istituzione familiare, ormai millenaria, i cui reali rappresentano il “simbolo costante” della monarchia britannica.

 

Ma svariati elementi e simbologie - fatte di oggetti, luoghi, slogan, frasi e personaggi e rituali - permangono o si modificano per alimentare notorietà, immagine e reputazione - connesse a dignità, stabilità, sovranità e potere - vitali per sostenerne presenza e successo nel tempo. Giusto per citarne alcuni:

 

  • la corona di Sant’Edoardo, che dal 1661 incorona i re alla cerimonia di incoronazione;
  • l’inno nazionale di ogni cerimonia reale, passato in questi giorni da “God Save The Queen” a “God Save The King”, che viene modificato in base al sesso del sovrano-reggente;
  • i luoghi “sovrani” di Buckingham Palace, Westminster Hall, etc.;
  • l’operazione “London Bridge”, il protocollo da “osservare” per la scomparsa della regina, e la sua variante “Unicorno”, dettata dalla morte della sovrana in Scozia;
  • alla suddetta operazione si collega l’impiego della frase “London bridge is down”, con cui il primo ministro britannico ha annunciato la scomparsa di Elisabetta II;
  • il diciottesimo Duca di Norfolk - con il doppio compito delle esequie della Regina, quale responsabile delle operazioni London Bridge, e del Golden Orb (l’incoronazione di re Carlo III) - il cui nonno organizzò l’incoronazione della stessa Regina (1953) e il funerale di Wiston Churchill (1965);
  • ed ancora, gli abiti e le cravatte, rigorosamente neri, indossati dai giornalisti della BBC come dai componenti del governo di sua maestà.

 

Infine, difficile non citare come alcuni brand inglesi nella home page dei propri siti si siano uniti al cordoglio, commiatandosi dalla propria Regina.

Riti, rituali e ritualizzazioni

Rituali e ritualizzazioni - entrambi strettamente connessi ai riti (quale complesso di norme prestabilite e vincolanti, per attribuire un ordine e una struttura alle modalità attraverso cui compiere e svolgere delle azioni) - sono sempre stati una parte importante della società, perché “sacri” e quantomai antichi, nonché “innati” o “assorbiti” nei comportamenti degli esseri umani e nelle relative azioni e manifestazioni. Ciò spiega perché i rituali, ormai pervasivi nella società contemporanea, hanno perso quelle connotazioni esclusivamente sacrali divenendo “profani”.

 

Sono stati argomento di studio e di indagine tra sociologi e antropologi, in quanto volti a comprendere e spiegare i comportamenti di una società, ma anche le tradizioni, il retaggio, la legacy, nonché la cultura di un paese, sino a giungere a voler spiegare o “incastonare” i comportamenti (o gli stereotipi) dei singoli individui e dei consumatori. Proprio tali motivazioni hanno al contempo sospinto i rituali quali rilevanti driver per marketing e branding, non solo sviluppando metodologie che analizzassero, comprendessero e interpretassero i rituali di consumo espressi dagli individui, ma anche - se non soprattutto - considerandone le potenzialità in termini di strumenti manageriali. In tal senso, questi ultimi, oltre a modificarsi nel corso del tempo, adattandosi a evoluzioni e cambiamenti nelle abitudini di consumo, si auspica che influenzino e condizionino routine, pratiche, regole e, per tale via, i comportamenti e le esperienze dei consumatori e, conseguentemente, le percezioni e le immagini di marca. La maggior parte dei brand oggi tenta di sviluppare dei rituali volti a realizzare una connessione con i propri clienti.

 

Numerosi studi – e non ultimi quelli relativi alle brand community - hanno proposto un approccio al branding tale da raggiungere uno “status sacro” attraverso i rituali che però - essendo insiti e dipendenti da cultura, società e singolo consumatore - richiedono spesso enormi sforzi di natura manageriale per ritualizzare (e prescrivere) attività, azioni e comportamenti come componenti del rito.

…e per la regina?

La regina non era un essere mitico o divino, ma un personaggio storico, anzi un personaggio che ha regnato a cavallo di due secoli e per tanto tempo.  Il suo lato “umano” – fatto di immagini, abiti, cappelli e colori, oggetto di frequenti narrazioni - dimostra come non abbia raffigurato solo l’istituzione monarchica, il cui successo deriva dal “sangue” o dal lignaggio, ma anche l’individuo, la persona, che ha espresso capacità e abilità nel mettersi in relazione con i suoi sudditi. Una chiara manifestazione di ciò la si ha osservando proprio gli accadimenti in questi giorni, in cui la ritualizzazione di cerimoniali, liturgie e i riti si incrocia con rituali, pratiche e comportamenti di consumo unici da parte dei sudditi, a seguito della sua scomparsa.

 

Se ne trovano evidente incisività nell’etichetta del rito funebre, nei cosiddetti “rituali di consumo” espressivi della volontà di rendere omaggio al feretro della Regina scomparsa, e nel comunicare quel “senso di comunità” scaturente dalla sensazione positiva (di orgoglio, fierezza, ecc.) dei sudditi nell’essere riconosciuti come persone vicine alla Regina e/o nel loro reputarsi simili rispetto ad altri a lei vicini, con i quali condividere il triste e unico momento. Si comunica la propria appartenenza ad una “comunità di sudditi” rispettando, accettando e seguendo i rituali dell’attesa, della coda, del luogo o dei luoghi da attraversare, andando ben oltre le abitudini o le consuetudini.

 

Celebriamo il passaggio da “God save the Queen” a “God save the King”

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