Branded World

Ratail Brand o Retail Branding? Questo è il dilemma!

Leggendo il titolo di questo pezzo si potrebbe affermare che non c’è alcun dilemma o che non è niente di nuovo sotto il sole! In buona parte è vero, senonché il pezzo prende in considerazione le diverse occasioni di incontro – di questi giorni e recentissime - con i nostri partecipanti, giovani-studenti (universitari o master) o giovani-manager, ed anche talentuosi-executive (con esperienza di più lungo corso), italiani ed esteri. Infatti, ciò che incuriosisce e che permette di “andare oltre” ciò che (semplicemente!) si studia o si ricerca, sono proprio le loro osservazioni e le specifiche richieste o le domande, che ti riportano immediatamente alla realtà.

 

Due di questi stimoli, che ho accolto per Branded World, sono proprio di questi giorni:

 

  • in Scuola è “in onda” la seconda edizione del Master Spar (…per molti di noi in Italia è Despar, ma in Europa e nel Nord-Europa – e non solo - è un importantissimo player: Spar International, operante nel settore della distribuzione, attivo con più di 400.000 dipendenti nel 2022) l’anno scorso c’è stata la prima edizione, ed all’interno del master è stato espressamente richiesto un corso dedicato al Retail Branding.

 

  • Collegato a questo tema, meno di un mese fa, durante il MiMeC - Master in Marketing & Comunicazione della nostra Università, in occasione del corso di Product & Service Management, a seguito dell’invito del Fondatore (che purtroppo non è più con noi: Vincenzo Santoro) e dell’Head di Sales & Marketing di La Martesana, un gruppetto di studenti mi si sono avvicinati e mi hanno chiesto risoluti: “…ma allora possiamo considerare questo retailer come un brand? possiamo generalizzare: un retailer è un brand?”

 

In entrambi i casi, esplicitarvi la mia felicità…è dir poco!

Ecco il perché.

1. Retail Branding & Retail Brand Strategy

Spesso, nel retail branding il punto di partenza sono le PL – Private Label, intendendo con ciò uno o più marchi di proprietà di rivenditore o distributore, venduti esclusivamente nei propri negozi/punti di vendita. PL è la principale denominazione oggi impiegata, anche se ne esistono altre, usate in modo intercambiabile e considerate dei sinonimi, quali ad esempio: own label, store brand, distributor(-owned) brand, retailer(-owned) brand. Sebbene termini diversi tra loro sottendano significati differenti, tali denominazioni evidenziano la specifica evoluzione avutasi nel “mondo” retailer nel tempo e, soprattutto, come tale evoluzione necessita di considerare non solo il retail branding ma anche la retail brand strategy.

 

Interesse e fermento per le PL deriva dalle motivazioni di sviluppo riscontrabili nei retailer, a ragione dei vantaggi ottenibili sia in termini economici sia strategici; tant’è che, ogniqualvolta ci si riferisca ad esse, se ne distingue la gestione tattica da quella strategica, evidenziandone anche uno sviluppo temporale in base alla value proposition rivolta al consumatore (da PL generica a copycat, che competono tipicamente sul prezzo e versus i produttori, a Premium Brand Store, che agiscono sulla qualità dell’offerta fino a giungere alle cosiddette “Value Innivators Owns Label” che implicano diversi modelli di business da parte delle imprese-retail fortemente focalizzate sul valore al cliente. Lo sviluppo delle PL risulta attrattivo quando le condizioni di mercato consentono di massimizzare margini e profitti ma, al contempo, di costruire differenziazione con produttori e concorrenti (altri retailer, con altrettante marche commerciali), agendo sulle associazioni di marca per migliorare l'immagine sia delle PL in portafoglio sia del retailer o dello specifico format distributivo.

 

È evidente, come una struttura commerciale moderna richieda extension:

 

  • in termini di format, ad esempio con supermercati, ipermercati, store di prossimità, etc., a cui, partendo medesimo brand (Brand extension) si inseriscono descriptor o modifier (Gerarchia di marca) o sub-brand comunque legati al brand originario e collocati all’interno dell’ Architettura di marca;
  • in termini di Paesi (Country extension, internazionalizzazione, go-to-market, etc..), che accrescono lo scope in termini di retail branding ma anche di sviluppo e crescita della “scala” delle attività dei distributori, non solo di profitto e margini ma anche di costi e investimenti necessari;
  • di PL - intese quali marche per certe categorie, tipologie di prodotti e/o varianti presenti all’interno di ciascuna linea o brand line (brand e line extension) – fondamentali per costruire un potere di mercato sufficiente per realizzare alti volumi, vantaggi di scala e di scope, nonché profitto.

 

Utile sottolineare come il passaggio da considerazioni di prodotto e di vendita ad altre, attinenti a profitto, economie di scala, natura e tipologia delle estensioni evidenziano precipuamente come dal retail branding ci sia indirizzati maggiormente verso approcci alla retail brand strategy, in cui strategie di estensione e architettura di marca richiedono portafogli di format distributivi, marche, categorie e prodotti per agire nel lungo periodo all’interno di mercati sempre più competitivi.

 

Retail Brand

La visione emergente in termini di PL, strategia e management ad esse sottostanti, ha delle radici ben più profonde – e non poco complicate - che conducono verso l’ampio concetto del retail brand.

 

Raramente diciamo "vado al supermercato", "al minimarket", "al negozio sotto-casa o di prossimità" (i format); di fatto, nel recarci presso tali punti di vendita abbiamo già deciso quali siano i rivenditori da visitare o presso cui andare a “far la spesa”. I retailer, ciascuno in “un” modo che ne accresca unicità e distintività delle proprie “proposte di valore customer-based”, impiegano leve strutturali e funzionali (non necessariamente di marketing) che da format e tipologia del punto di vendita con o senza parcheggio, possano agire ed esplicitare: livelli dei prezzi applicati (o scontati, si pensi a "everyday lowprice"), prodotti (tra cui PL) o servizi (di necessaria tangibilizzazione) come presenza e posizione delle casse-assistite e/o (completamente intangibili) musica e profumazione degli ambienti, prolungamento degli orari di apertura, assistenza all’acquisto del personale oppure, ancora, il delivery o servizio di pick-up, giusto per citarne alcuni, quali “tipiche” leve del retailing marketing affiché prodotti, servizi, assortimento, atmosfera ed esperienza nel punto di vendita creino associazioni forti, positive ed uniche dell’insegna (così come viene denominato il proprio retail-brand). Ad esse possiamo aggiungere alcuni elementi in grado di accrescerne identità, immagine e reputazione, quali marketing communications, social media marketing, l’impiego di strumenti di visual identity, etc. etc. agendo su format, prodotti, atmosfera ed esperienza offerte alla clientela per ottenere un posizionamento di marca nella mente di quest’ultima. Insomma… agendo come un brand!

 

Niente di meglio per confermare quanto detto sinora che una frase (che cito spesso) di Ferruccio Ferragamo, Past-President della Salvatore Ferragamo: “... fare il produttore è diverso dal fare il distributore”, sottolineando il concetto sotteso da tale affermazione ci aiuta a descrivere (e comprendere) il salto “quantico” effettuato da molti produttori nel divenire distributori, costruendo e gestendo ex-novo l’ambito retailing sino ad allora sconosciuto.

 

Altrettanto può dirsi se viceversa dal retailing ci si sposta verso la produzione o la gestione delle PL nonché nel gestire il punto di vendita in ottica di valore per il consumatore.

Il finto dilemma è risolto.

Retail Brand, Retail Branding e Retail Brand Strategy: tutti per uno!

 

Alla prossima.

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